Cosmologi in festa: trovate le prime tracce del Big Bang
Finora erano soltanto ipotesi. Il segnale registrato dal telescopio antartico BICEP2 conferma l’esistenza delle onde gravitazionali e dell’inflazione nei primi attimi dopo il Big Bang
17 marzo 2014 ore 15:45. Una data da ricordare negli annali della cosmologia. E della scienza. Mai prima d’ora ci si era spinti così indietro nella storia dell’universo. Se la mappa della radiazione di fondo cosmico (CMB) era stata battezzata “la foto dell’universo neonato”, quella presentata al mondo da John Kovac, cosmologo della Harvard University, e dal resto del team dell’esperimento BICEP2, la si può paragonare al primo test di gravidanza. Il segnale che qualcosa è accaduto 13,8 miliardi di anni fa. Quel qualcosa è il Big Bang. E le impronte che il telescopio antartico ha rilevato sono le tracce del primissimo evento nella storia del nostro universo, avvenuto 10-35 secondi dopo il Big Bang: l’inflazione.
Si tratta di un risultato inatteso che sta lasciando tutti a bocca aperta. Per cercare di comprenderne la portata, si devono ripercorrere alcune tappe di quest’avventura.
Tutto cominciò esattamente mezzo secolo fa, nel 1964, sulla cima della collina di Crawford nel New Jersey. È lì che due ricercatori del Bell Laboratories, Arno Penzias e Robert Wilson, cercavano di capire l’origine di uno strano rumore che disturbava le ricezioni della loro nuova antenna a microonde. Ma un giorno ascoltarono i colleghi di Princeton presentare le loro ipotesi sulla radiazione di fondo cosmico ed ebbero l’intuizione che li avrebbe portati a vincere nel 1978 il Nobel per la fisica: il fruscio che sporcava le loro ricezioni non era un rumore ma era il primo segnale elettromagnetico, ovvero quello generato 380000 anni dopo il Big Bang.
Rimaneva da spiegare un particolare: dall’analisi del segnale non si capiva come mai regioni molto distanti tra loro nello spazio avessero le stesse caratteristiche fisiche. Questo problema è stato risolto da una teoria proposta nel 1980 contemporaneamente da Alexei Starobinski in Unione Sovietica e Alan Guth negli Stati Uniti. Secondo i due scienziati le diverse regioni erano fisicamente connesse subito dopo il Big Bang ma, a causa di un’espansione estremamente rapida, detta inflazione, si sono separate mantenendo memoria delle condizioni iniziali. In pratica, in un infinitesimo di secondo, l’universo è passato dalle dimensioni di un atomo a quelle di una palla da basket.
Durante l’inflazione si sono generate le onde gravitazionali. Secondo la teoria della relatività generale di Einstein, qualsiasi corpo dotato di massa, se in moto accelerato (o decelerato), genera piccole increspature o onde nello spazio-tempo. Queste perturbazioni viaggiano alla velocità della luce, muovendo gli altri corpi e variandone la posizione, esattamente come le onde del mare. Dunque, se è vera la teoria dell’inflazione, subito dopo il Big Bang devono essere state prodotte molte onde gravitazionali.
Ebbene, i ricercatori dell’esperimento BICEP2 sono riusciti a misurare delle piccolissime deviazioni nella “foto” della radiazione di fondo cosmico, generate proprio dalle onde gravitazionali. Così hanno raggiunto due obiettivi: la conferma della presenza delle onde gravitazionali come predette da Einstein e la prova dell’esistenza del processo di inflazione che fino a oggi era stato solo teorizzato.
Bisogna considerare che le variazioni misurate sono veramente piccolissime, un miliardo di volte più piccole del diametro dell’atomo. Per questo è così difficile rilevarle. Einstein stesso, nell’ipotizzare l’esistenza delle onde gravitazionali nel 1916, disse che sarebbero state troppo deboli per essere misurate. Ma Einstein non aveva gli strumenti di oggi. BICEP2 è un piccolo telescopio di appena 26 cm di diametro installato nella base Amundsen-Scott al Polo Sud ma, grazie a rivelatori molto sensibili e a condizioni ambientali favorevoli, è riuscito nell’impresa. I risultati di questo esperimento dimostrano che l’inflazione dev’essere stata un fenomeno davvero impetuoso, in grado di generare onde “alte” il doppio di quanto previsto con i dati raccolti su pallone (come BOOMERANG) e da telescopi spaziali (come WMAP e PLANCK).
Ma per i cosmologi c’è qualcosa di ancora più importante. Noi conosciamo appena il 4% della materia dell’universo perché emette, riflette o assorbe radiazione elettromagnetica e si può quindi “vedere” con gli strumenti. Del rimanente 96% sappiamo solo che è dotato di massa. Ma questo significa che può produrre onde gravitazionali. Ecco perché tanta euforia: ora possiamo cominciare a studiare quel 96% di materia oscura e scoprire così un “nuovo mondo”.
Alan Guth, che per primo aveva teorizzato il fenomeno dell’inflazione, ha dichiarato: «Questa scoperta è assolutamente degna del premio Nobel».
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