Da dove vengono le malattie? Robert Koch e il batterio della tubercolosi
Robert Koch identificò il bacillo responsabile della tubercolosi nel 1882. E intuì che le malattie avevano una causa precisa e che individuare il responsabile di una patologia significava anche capire come combatterlo
Nato nel 1843, vicino a Hannover, Robert Koch iniziò gli studi in medicina in un periodo in cui ancora non ci si lavava le mani prima di un intervento chirurgico. Ciò non stupisce visto che non era chiaro cosa provocasse le malattie. Allora, infatti, era ancora valida la teoria di generazione spontanea secondo cui un materiale organico putrescente al caldo può dare origine, dal nulla, a germi e malattie. In questo contesto fu determinante per Koch la conoscenza di Friedrich Henle, uno dei primi ad aver abbozzato una teoria sull’esistenza dei germi patogeni. Gli insegnamenti di Henle e il diffondersi di gravi malattie endemiche spinsero Koch a viaggiare nelle zone colpite da colera, peste, malaria e tubercolosi. In questi viaggi lo seguirà anche la moglie Hedwig Freiberg, sposata nel 1893.
La prima grande scoperta riguardò l’antrace (o “carbonchio”), malattia acuta causata da un batterio che produce spore: una volta infettato l’ospite, provoca difficoltà respiratorie e morte. Il batterio responsabile era stato scoperto circa quindici anni prima dal biologo francese Casimir Davaine, ma fu Koch che per la prima volta riuscì a isolarlo e coltivarlo fuori dall’organismo ospite: questo consentiva anche di studiare meglio il suo ciclo vitale, piuttosto misterioso e complesso.
Era il 1876 e di lì a poco Koch diventò consigliere imperiale all’istituto di sanità a Berlino, dove, grazie a laboratori all’avanguardia, si concentrò sempre di più sulla tubercolosi, malattia chiamata nei secoli nei modi più diversi, da “mal sottile” a tisi.
In quel periodo conobbe il medico Joseph Lister, importante per i suoi metodi di sterilizzazione, e il biologo Louis Pasteur, uno dei padri delle vaccinazioni. Poco dopo, nel 1882, Koch rese noti i risultati dello studio che gli varrà il Nobel: partendo da animali infettati da tubercolosi, era riuscito a visionare l’agente infettivo al microscopio e farlo crescere al di fuori dell’animale.
Questa scoperta non solo consolidò la fama di Koch, ma determinò l’inizio della batteriologia. Un anno dopo le sue scoperte, Koch pubblicò una serie di postulati che sancivano la relazione causa-effetto tra microrganismi e malattia.
Il germe, spiegava Koch, dev’essere presente in tutti i malati e lo si deve poter isolare e coltivare. Ma è anche essenziale che se inoculato in un ospite sano riproduca la malattia e sia nuovamente isolabile dall’organismo appena infettato. Questi criteri, oggi, hanno più che altro un valore storico, visto che la maggioranza dei batteri non è tuttora coltivabile. In ogni caso, hanno segnato l’inizio di un nuovo criterio per studiare e combattere le malattie.
Nonostante queste grandi scoperte, Koch passò anche momenti di declino, a causa dei suoi atteggiamenti maniacali. Nel 1882, per esempio, entrò in conflitto con Pasteur in occasione del Congresso Internazionale di Igiene a Ginevra, dove lo screditò pubblicamente per i risultati di un vaccino contro l’antrace che lo studioso francese stava presentando. La rivalità divenne ben presto una profonda frattura e questione di orgoglio nazionale: fa quasi sorridere oggi pensare che i seguaci di Koch e Pasteur si definissero, rispettivamente, batteriologi e microbiologi, nonostante si trattasse della stessa materia (oggi le differenze sono davvero minime).
La crescente fama di Pasteur infiammò ulteriormente la rivalità ossessiva di Koch che riversò ogni sua fiducia sulla tubercolina, derivato proteico estratto dai bacilli tubercolari, secondo lui in grado di curare la tubercolosi. La terapia fu un totale fallimento (la tubercolina è stata poi utilizzata solo per diagnostica) e sancì l’inizio di un periodo buio per lo studioso. Nonostante questo, fu proprio il clamore iniziale di questa scoperta che favorì la fondazione del Robert Koch Institute, a Berlino.
Gli anni seguenti Koch continuò a viaggiare, specialmente in Africa, per lo studio di malattie come peste e malaria. La figura di Koch fu definitivamente rivalutata solo con l’inizio del nuovo secolo, anche grazie ai cambiamenti che stavano avvenendo in medicina. Si era capito finalmente da cosa avevano origine le malattie e com’era possibile affrontarle e i Nobel per la medicina assegnati in quegli anni sono la prova di questo successo: nel 1901 il fisiologo Emil von Behring per il vaccino contro la difterite, nel 1902 il medico Ronald Ross per le sue scoperte sulla malaria e nel 1905 fu la volta di Koch. La sua scoperta della relazione bacillo-tubercolosi era stata di fondamentale importanza per capirne la natura infettiva e aveva permesso di contenere la sua diffusione. La tubercolosi è una malattia estremamente complessa poiché diventa infettiva solo quando è manifesta e cioè quando le difese immunitarie si indeboliscono. Nel secolo scorso il trattamento migliore erano gli antibiotici, che però al tempo di Koch erano pressoché sconosciuti. Oggi però il batterio ha sviluppato resistenza a questi antibiotici e sono quindi necessarie nuove strategie per combatterlo. La tubercolosi, infatti, non è stata ancora debellata e si calcola che circa un terzo della popolazione mondiale conviva con il bacillo.
Koch, dunque, fu portavoce di un nuovo modo di concepire e studiare malattie e agenti infettivi, che sarebbe diventato prassi solo nel XX secolo con la nascita della medicina moderna e lo sviluppo di cure e vaccini delle quali ancora oggi disponiamo.
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