Due Nobel a Trieste
In occasione del decennale del convegno PRION, l’evento di aggiornamento scientifico sulle malattie prioniche, i neuroscienziati premi Nobel Eric Kandel e Stanley Prusiner sono intervenuti alla SISSA di Trieste
Due Nobel per una proteina. Ma che proteina. Sono Stanley B. Prusiner ed Eric E. Kandel, intervenuti a Trieste alla conferenza mondiale PRION (da “PRoteinaceus Infective ONly particle”, ossia “particella infettiva esclusivamente proteica”), il principale momento di confronto per i principali esperti mondiali delle malattie neurodegenerative legate ai prioni che quest’anno si è svolto alla SISSA di Trieste dal 27 al 30 di maggio.
Quelle che oggi chiamiamo malattie prioniche appartengono a una classe di encefalopatie trasmissibili dai sintomi gravi che hanno ricevuto molta attenzione pubblica qualche anno fa, durante il dilagare della cosiddetta “emergenza della mucca pazza“, causata da una malattia prionica nota come BSE o encefalopatia spongiforme bovina.
Stanley B. Prusiner, biochimico e neurologo statunitense, è stato il primo a identificare l’agente eziologico di questa forma e della forma umana, la malattia di Creutzfeldt-Jakob e per questo è stato premiato con il Nobel per la medicina nel 1997
Eric E. Kandel, celebre neuroscienziato viennese di nascita naturalizzato americano, invece ha ricevuto il Nobel nel 2000 per i suoi studi sulle basi fisiologiche della memoria condotti utilizzando come modello animale l’Aplysia californica, meglio nota come lumaca di mare.
Prusiner oggi dirige l’Istituto per le malattie neurodegenerative dell’Università della California a San Francisco, e durante il suo intervento a Trieste ha ribadito l’importanza dei prioni come possibile causa di alcune diffuse malattie neurodegenerative, incluse Parkinson e Alzheimer, alcune forme di sclerosi laterale amiotrofica, e probabilmente anche il morbo di Huntington.
Kandel, dal palco dell’aula magna della SISSA, ha invece parlato di alcuni studi prospettici sul ruolo dei prioni nel nostro organismo, non come agenti patogeni, ma come elementi funzionali di alcuni processi fisiologici, come quello della conservazione della memoria e dei ricordi. Il ricercatore austriaco, che all’età di 85 anni conserva ancora l’entusiasmo di un giovane studente, sta ora lavorando con un giornalista americano a un’intera trasmissione televisiva sul cervello che in seguito verrà trasformata in un libro.
Foto per gentile concessione di Fabio Pagan
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