Salvatore Luria: un Nobel tra la medicina e la fisica
La storia di Salvatore Edoardo Luria, premio Nobel per la medicina nel 1969 per le scoperte sui batteriofagi: uno dei sei Nobel assegnati all’Italia da quando questa onorificenza è stata istituita nel 1901
Nel corso dell’ultimo secolo, tanti studiosi e scienziati italiani sono andati via dal nostro paese per studio o perché costretti dalle circostanze. Uno di questi è stato Salvatore Edoardo Luria, torinese di nascita ma americano per adozione e necessità, a causa delle leggi razziali del 1938. Rampollo di una famiglia ebrea benestante, si laurea a pieni voti in medicina nel 1935 all’Università di Torino con una tesi in radiologia, disciplina che unisce in sé i suoi grandi amori, la medicina e la fisica.
Prima di terminare la specializzazione, presta servizio militare come medico nell’esercito; in questa occasione capisce che la sua vocazione non è la professione clinica e decide di dedicarsi alla ricerca. Finito il militare, si trasferisce a Roma per completare la specializzazione in radiologia presso il dipartimento di fisica, diretto da Enrico Fermi. In quegli anni, siamo nel 1937, incontra il collega tedesco Max Delbrück e un anno dopo inizia, con il virologo romano Geo Rita, un programma di esperimenti sui batteriofagi, virus che infettano i batteri, sviluppando le intuizioni dello stesso Delbrück.
Il 14 luglio del 1938 viene pubblicato il Manifesto della Razza, e Salvatore Luria deve lasciare frettolosamente l’Italia. La sua prima meta è Parigi, dove, grazie a una borsa di studio dell’Institut du Radium, studia gli effetti delle radiazioni sui batteriofagi. Ma nel 1940 deve fuggire anche da qui a causa dell’occupazione nazista e raggiunge New York.
Con l’aiuto dello scienziato italiano Enrico Fermi, anche lui indirettamente vittima delle leggi razziali (la moglie era ebrea), ottiene un incarico alla Columbia University di New York.
Qui incontra nuovamente Delbrück e i due iniziano a lavorare insieme cercando di dimostrare che i batteriofagi seguono la selezione naturale darwiniana, cioè che anche tra questi microorganismi appaiono spontaneamente nuovi individui mutanti resistenti ai virus. Grazie a questa scoperta sarà possibile comprendere come in alcuni casi i batteri riescono a resistere agli antibiotici.
Assieme a Delbrück, Luria fonda il Phage Group (gruppo del fago), al quale nel 1950 si unisce il genetista Alfred Hershey. In quello stesso anno lo studioso italiano, per il suo impegno sulla ricerca genetica, viene nominato professore di batteriologia presso la University of Illinois a Champaign-Urbana.
Nel decennio successivo, Luria si dedica agli studi sulle colicine, proteine che sono in grado di uccidere i batteri, fornendo importanti dati sulla struttura delle membrane batteriche e, grazie a questo lavoro, nel 1964 diventa professore di biologia al Massachusetts Institute of Technology.
Luria dimostra che nei batteri sono presenti alcuni enzimi capaci di distruggere il Dna dei batteriofagi e quindi di difendere la cellula dal loro attacco. Sono i cosiddetti enzimi di restrizione, che poi apriranno le porte a nuove possibilità di ricerca in genetica, per la cui scoperta Luria viene premiato con il Nobel nel 1969 insieme a Delbrück e Hershey.
Benché la maggior parte delle sue ricerche siano state condotte negli Stati Uniti, senza gli stretti contatti con Giuseppe Levi, di cui era stato allievo a Torino, e la collaborazione con Enrico Fermi durante i suoi studi romani, non sarebbe scattata in lui l’intuizione di affrontare i problemi della biologia con le tecniche tipiche della fisica. Salvador Edward Luria, ormai cittadino americano, muore nel 1991 a Lexington.
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