Una mostra in rosa sui Nobel negati
Si è tenuta a Napoli la mostra “Nobel negati alle donne di scienza”. Un percorso fotografico che ripercorre la vita di alcune protagoniste della ricerca scientifica del ‘900
Dal 17 dicembre al 16 gennaio, presso la Stazione Zoologica Anton Dohrn di Napoli, si è tenuta una mostra in ricordo delle donne che non hanno ricevuto il premio Nobel, ma che hanno collaborato in modo significativo a importanti ricerche scientifiche. Donne che sono state messe in ombra e scippate delle loro scoperte.
Dal 1901, anno dell’istituzione del premio Nobel, gli uomini premiati sono stati 550, tra cui 11 italiani, mentre le donne vincitrici nei campi della fisica, chimica e medicina sono state solo 16. L’unica italiana è Rita Levi Montalcini, Nobel per la medicina nel 1986. La grande disparità ha portato alla creazione e realizzazione di un evento dedicato alle donne che lavorano e che hanno lavorato nella ricerca scientifica.
La mostra «Nobel negati alle donne di scienza» nasce nel 2007 in occasione dell’anno delle pari opportunità promosso dall’Unione Europea e viene ripetuta in diverse città ogni anno. Lo scopo è far riflettere sulla scarsa presenza delle donne in ambito accademico, sottolineando i pochi Nobel vinti e i premi negati attraverso i volti delle ricercatrici che non hanno ricevuto la meritata onorificenza.
Lo spazio espositivo è stato suddiviso in 2 aree dedicate a 12 opere ideate e create da Valentina Gamba e Marta Graziato, due giovani artiste diplomate all’Accademia Albertina delle Belle Arti. Con stili artistici diversi hanno presentato le biologhe Rosalind Franklin e Nettie Maria Stevens, le astronome Jocelyn Bell-Burnell e Annie Jump Cannon e le fisiche Lise Meitner e Chien-Shiung Wu.
L’evento è stato accompagnato da un filmato creato dall’Associazione Baretti per il Festival delle Colline Torinesi, Photograph 51. Ambientato in un’aula universitaria, narra la storia della fotografia numero 51 sviluppata ai raggi X da Rosalind Franklin al King’s College di Londra. La foto mostrava per la prima volta la struttura a doppia elica del DNA e fu sottratta dal laboratorio di Franklin dai suoi colleghi Francis Crick, James Watson e Maurice Wilkins. I tre scienziati furono premiati con il Nobel nel 1962 per le loro scoperte sulla composizione e struttura del DNA, mentre fu totalmente ignorato il lavoro della Franklin. La dark lady del Dna, oggi considerata un’icona femminista, rimase nell’ombra e non ottenne mai un riconoscimento ufficiale per il suo contributo nel decifrare la famosa doppia elica.
La mostra è stata cornice di numerosi dibattiti, come “Donne nella scienza: un percorso tortuoso, tutto in salita?”, in cui la fisica Giuliana Fiorillo, dell’università “Federico II”, ha riassunto la situazione italiana, spiegando che «il numero di studentesse nelle facoltà scientifiche è pari a quello degli studenti. L’interesse femminile intorno alla scienza è aumentato. In questo si sono dimostrate efficaci le politiche europee che hanno stimolato l’interesse delle ragazze. E neanche la famiglia è più considerata un problema: anche qui c’è stato un miglioramento. Ma quello che non cambia è il numero di donne ai vertici: nella carriera la percentuale di affermazione femminile è solo del dieci-venti per cento».
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