Immortalità? Questione di telomeri
Intervista a Isabella Saggio in occasione dell’Unistem Day
di Francesca Buoninconti, Anita di Giulio e Giulia Alice Fornaro
«Non c’è vita che almeno per un attimo non sia stata immortale» scriveva Wislawa Szymborska, Nobel per la letteratura nel 1996. Ma quanto questo può essere vero in biologia? In altre parole un organismo potrà mai diventare immortale? Lo abbiamo chiesto a Isabella Saggio, direttrice del Master SGP e docente di genetica e terapia genica alla Sapienza – Università di Roma.
L’occasione per parlarne è stata l’Unistem Day 2015, la giornata nazionale della scienza sulle staminali dedicata agli studenti delle scuole superiori. Durante l’evento, che a Roma è stato organizzato da Adamas Scienza, Isabella Saggio ha parlato di cellule staminali provando a catturare in modo originale l’attenzione dei ragazzi. Partendo dall’immortalità solo immaginaria della saga Twilight, ha mostrato l’immortalità ottenuta dalle cellule iPS e dalle cellule tumorali di Herietta Lacks. Le prime sono cellule “tornate indietro nel tempo”, ovvero cellule adulte riprogrammate per tornare a essere indifferenziate come all’inizio della vita. Invece le seconde sono cellule ancora in vita, che continuano a replicarsi a distanza di oltre sessant’anni dalla morte dell’organismo da cui provengono.
Ma è davvero possibile sfuggire all’invecchiamento e infine alla morte? Forse sì, agendo sui telomeri, la parte terminale dei cromosomi. Sarebbero proprio questi, infatti, a determinare l’invecchiamento, accorciandosi ad ogni replicazione cellulare. Lo hanno scoperto i ricercatori Elizabeth Blackburn, Carol W. Greider e Jack W. Szostak, ricevendo così il Nobel per la medicina nel 2009.
Credits immagine in evidenza: Creative Commons tramite Flickr con licenza CC BY-NC-SA 2.0
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