In accensione l’acchiappa-neutrini subacqueo
In Sicilia è entrato in attività il telescopio subacqueo KM3Net per la rivelazione di neutrini cosmici
Negli ultimi mesi, al largo delle coste meridionali della Sicilia, si osserva uno strano fermento. È partita l’ultima fase della costruzione di un telescopio subacqueo per la rivelazione di neutrini: il KM3Net. L’accensione è avvenuta con successo e nella stazione di terra di Capo Passero si stanno già ricevendo i primi dati. Ma a usare le sue antenne non sono solo i fisici: il rivelatore, infatti, è utilizzato anche per monitorare il transito dei capodogli nel Mar Ionio.
Lo scopo principale del’esperimento è rivelare e mappare neutrini cosmici, elusive particelle di massa piccolissima e prive di carica prodotte nei più violenti processi astrofisici dell’Universo, come ad esempio le spettacolari esplosioni di supernova. Lo studio di questi neutrini, giunti sulla Terra dopo un lungo viaggio, consentirà dunque di trarre informazioni importanti proprio su questi processi estremi.
Dopo una lunga fase preparatoria, iniziata nel 2012 e dedicata alla costruzione della struttura di base del rivelatore, la realizzazione del telescopio è giunta all’ultimo step con il posizionamento (a 3500 metri di profondità) delle stringhe operative di rivelazione: il lavoro è ancora in corso e sarà completato nei prossimi mesi. Una volta ultimato, il telescopio KM3Net occuperà un volume di più di un chilometro cubo e diventerà il più grande rivelatore di neutrini dell’emisfero nord.
I neutrini interagiscono pochissimo con la materia. Per questo motivo gli esperimenti che puntano a rivelare neutrini devono essere svolti in condizioni tali da limitare al massimo il «rumore di fondo», cioè l’interazione tra particelle più pesanti e i rivelatori. Il telescopio KM3Net è realizzato sott’acqua proprio per questo motivo: schermare il rivelatore dai raggi cosmici, particelle provenienti dall’atmosfera che (a differenza dei neutrini) vengono frenate dalle molecole d’acqua e non riescono a raggiungere la zona del rivelatore. D’altra parte però costruire un rivelatore sott’acqua, a questa profondità, presenta anche svantaggi. «La sfida tecnologica è enorme – sottolinea Marco Circella, coordinatore tecnico del progetto internazionale – perché la collocazione subacquea rende molto complesse sia la fase di costruzione che la manutenzione. L’intero sistema deve quindi essere strutturato per resistere a condizioni ambientali estreme».
Con l’accensione del rivelatore KM3NeT, la ricerca sui neutrini resta in primo piano dopo l’assegnazione del premio Nobel per la Fisica 2015 a Takaaki Kajita e Arthur McDonald, premiati per la scoperta dell’oscillazione dei neutrini. La scoperta nasce dallo studio di una particolare caratteristica di queste sfuggenti particelle. Esse possono infatti esistere in tre modalità differenti, dette sapori: elettronici, muonici o tau. Kajita e McDonald, a capo di due esperimenti distinti, hanno dimostrato che i neutrini possono cambiare sapore, cioè trasformarsi da un tipo all’altro (quindi oscillare). Il fenomeno, ipotizzato per la prima volta dal fisico italiano Bruno Pontecorvo nel 1957, ha una conseguenza molto importante: infatti l’oscillazione dei neutrini può avvenire solo a patto che gli stessi possiedano una massa, fatto tutt’altro che scontato e che per decenni è stato oggetto di animati dibattiti all’interno della comunità scientifica.
Ma il rivelatore KM3Net ha un altro scopo: studiare la voce dei capodogli nell’area del golfo di Catania. I suoi sensori acustici, infatti, consentono già ai biologi marini di studiare gli spostamenti dei mammiferi marini in una zona ancora poco studiata. E quindi a proteggerli dall’attività marittima dell’uomo, ad esempio segnalando la loro presenza alle navi che ne incrocino la rotta.
Credits immagine in evidenza: INFN via Creative Commons cc
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