Gps

Nuovi neuroni per il “Gps” del nostro cervello

Grazie a un recente studio collegato al Nobel per la medicina del 2014, ora sappiamo che una sottopopolazione di neuroni dell’ippocampo si attiva esclusivamente quando ci muoviamo verso una destinazione prescelta

Muoversi e orientarsi nello spazio è un compito che richiede un sofisticato sistema di localizzazione interna del cervello, la cui scoperta si è meritata il premio Nobel per la medicina del 2014. Nachum Ulanovsky, alla guida di un recente studio condotto presso il Weizmann Institute of Science in Israele e pubblicato su Science, afferma che la sua ricerca “riempie il vuoto sulla conoscenza della base neurale della navigazione verso una precisa destinazione”.

Da sinistra, John O’Keefe, May-Britt ed Edvard Moser

Il vuoto di cui parla Ulanovsky ha a che fare con il premio Nobel per la medicina vinto nel 2014  da John O’Keefe, della University College of London, e i suoi allievi, i coniugi norvegesi May-Britt ed Edvard Moser, del Kavli Institute for Systems Neuroscience di Trondheim. I vincitori scoprirono, rispettivamente nel 1971 e nel 2005, due tipi di cellule neurali: le cellule di posizione situate nell’ippocampo, una struttura essenziale per la memoria, e le cellule a griglia situate nella corteccia entorinale, area confinante con l’ippocampo.

Le prime si attivano quando si occupa un determinato punto di uno spazio precedentemente esplorato, mentre le seconde quando si attraversano punti di uno spazio già noti. La denominazione a griglia fa riferimento alla capacità di tali neuroni di rappresentare relazioni tra più punti dello spazio, come in una mappa, consentendo così di spostarsi da un punto all’altro con sicurezza. Gli esperimenti sono stati effettuati su ratti, ma successivi studi di imaging hanno dimostrato che la scoperta vale anche per l’uomo.

Ma cosa accade nel nostro cervello quando ci guida verso una precisa destinazione? La scoperta dei ricercatori del Weizmann Institute of Science, Ayelet Sarel, Arseny Finkelstein e Liora Las, parte proprio da questa domanda. Gli esperimenti sono stati condotti su alcuni pipistrelli egiziani (Rousettus aegyptiacus) addestrati a volare all’interno di una stanza, secondo specifiche traiettorie mirate alla ricerca del loro cibo preferito: la frutta. Monitorando l’attività neuronale dei pipistrelli nell’area CA1 dell’ippocampo, si è constatato che circa il 19% dei neuroni scaricava solo quando i mammiferi erano diretti verso l’appetitosa meta, in base all’angolazione della traiettoria di volo rispetto al luogo d’arrivo.

Nachum Ulanovsky
(Credits: Weizmann Institute of Science)

Per avere una maggiore conferma del dato, Ulanovsky e Sarel hanno pensato di nascondere la frutta dietro una tenda così da renderla inaccessibile alla vista, all’olfatto e all’eco-localizzazione, ma nonostante l’occultamento i pipistrelli continuavano a puntare in direzione dell’obiettivo, anche se nascosto. Secondo gli autori della scoperta questo dimostra che la capacità di dirigersi verso un preciso luogo non è in funzione degli stimoli sensoriali che ci indicano tale meta ma coinvolge in primis la memoria, grazie alla quale rappresentiamo e fissiamo un dato percorso che ci conduce verso la destinazione desiderata.

C’è di più, la scoperta riguarda anche l’individuazione di neuroni coinvolti nel calcolo della distanza in relazione alla meta prescelta. L’attivazione dei neuroni che codificano la destinazione e la distanza costituisce una rappresentazione vettoriale degli obiettivi spaziali nel cervello, rivelando così un meccanismo neuronale prima sconosciuto.

“Un po’ come i nostri navigatori satellitari” racconta Ulanovsky in un comunicato “una volta stabilito il punto d’arrivo, ci affidiamo al tragitto indicato dal nostro database e facciamo una stima implicita della distanza e del tempo necessari a raggiungerlo. Il nostro cervello, quindi, codifica le direzioni come fossero frecce che indicano la strada da seguire”.