Paul Dirac

Paul Dirac: il taciturno esteta della fisica teorica

Nonostante il suo carattere schivo e introverso, Paul Dirac fu un rivoluzionario innovatore della fisica del Novecento, i cui numerosi contributi alla disciplina sono paragonabili solo a quelli di figure come Einstein e Bohr

«Sembra che una delle caratteristiche fondamentali della Natura sia il fatto che le leggi fisiche fondamentali sono descritte da una teoria matematica di grande bellezza e potenza, che richiede un alto standard di competenza matematica per essere compresa». Fu questo il credo rivoluzionario di Paul Adrien Maurice Dirac, straordinario innovatore e uomo assai singolare.

La più importante innovazione metodologica nella storia della fisica moderna fu lo sviluppo, attorno all’inizio del XX secolo, di una fisica teorica basata interamente sulla matematica. Questa divenne così più di un mero strumento, una tecnologia del pensiero ausiliare alla sperimentazione e senza connessione al mondo materiale, ma bensì un linguaggio capace di offrire accesso diretto ai meccanismi dell’universo. Paul Dirac (1902–1984) fu non soltanto uno dei più prolifici fisici teorici della sua generazione — i cui contributi rivaleggiano quelli di Albert Einstein e Werner Heisenberg — ma il più grande apostolo del ruolo della bellezza matematica nello sviluppo di teorie fisiche.

Nato e cresciuto a Bristol, in Inghilterra, Dirac fu un uomo taciturno, introverso e poco avvezzo alla vita sociale. Aneddoti, più o meno attendibili, sulle scarse doti interpersonali di Dirac abbondano nella comunità dei fisici, e questa peculiare combinazione di genio teoretico e personalità inaccessibile portò Neils Bohr, suo amico e collega, a definirlo (come riportato dal biografo Graham Farmelo) come «probabilmente la più notevole mente scientifica che sia apparsa da molto tempo a questa parte» ma anche «il più strano degli uomini».

La singolare personalità di Dirac (spiegata da Farmelo come una forma più o meno marcata di autismo) venne imputata a un’infanzia particolarmente infelice, spesa sotto il giogo di un padre-padrone estremamente autoritario e anaffettivo, solito a forzare il giovane Paul a comunicare con lui esclusivamente in francese e punendo severamente qualsiasi errore sintattico. Dirac era solito commentare amaramente che proprio da qui veniva la sua tendenza a parlare il meno possibile.

Nonostante questi tratti caratteriali, Dirac ebbe una spettacolare carriera accademica: solo un decennio divise l’inizio del suo corso di studi dottorali a Cambridge nel 1923 dal conseguimento, a soli 31 anni, del premio Nobel. Questo gli venne assegnato, congiuntamente a Erwin Schrödinger e Werner Heisenberg, nel 1933 «per la scoperta di nuove e produttive forme della teoria atomica».

Tra la metà degli anni ‘20 e la meta degli anni ‘30, infatti, Dirac fu forse il fisico più creativo e rivoluzionario al mondo, le cui profonde intuizioni gli fecero meritare un posto di rilevo nel pantheon della fisica del ‘900 e ancora oggi rappresentano i pilastri della fisica teorica.

 

I partecipanti alla conferenza di Solvay del 1927. Dirac (al tempo appena venticinquenne) è al centro, in seconda fila, tra Albert Einstein e Hendrik Lorentz. (Credits: Wikipedia)

 

Tra queste, le più notevoli furono senza dubbio la sua formulazione della celebre equazione che descrive l’elettrone, assegnandogli con precisione le caratteristiche di spin e di carica magnetica; l’intuizione dell’esistenza di elettroni di carica opposta (positrioni, dunque di quella che venne successivamente chiamata antimateria); la controversa ma intrigante “ipotesi dei grandi numeri” in ambito cosmologico; e la congettura riguardo all’esistenza di monopoli magnetici, particelle con un solo polo magnetico.

Ma il tratto intellettuale che più distinse Dirac da altri celebri fisici del ventesimo secolo fu sicuramente l’idea che la bellezza matematica di una teoria fisica, ancor prima che la sua conferma sperimentale, sia la miglior garanzia della sua verità: l’eleganza strutturale di una teoria sarebbe un indizio certo del suo descrivere correttamente la realtà fisica. La convinzione fondamentale che guidò il lavoro del giovane e geniale dottorando come quello dello stimato decano della fisica, fu quella che la bellezza matematica fosse «una qualità che non può essere definita, non più che la bellezza artistica si possa definire, ma una qualità che coloro che studiano matematica generalmente non hanno problemi a cogliere».

Congiungendo questo suo credo estetico al suo più celebre risultato scientifico, la placca commemorativa esposta a Westminster Abbey affianca al suo nome l’equazione dell’elettrone: l’epigrafe migliore per il profeta del verbo matematico che riassunse la sua visione del mondo con l’affermazione: «Dio è un matematico del più alto calibro, e ha usato matematica estremamente avanzata per costruire l’universo».

 

Placca commemorativa in onore di Dirac (Order of Merit), che include la sua equazione dell’elettrone, esposta a Westminster Abbey. (Credits: Wikipedia)