Storia di una scoperta da Nobel (che non lo era)
E di cosa ci insegna. Le riflessioni di Brian Keating, cosmologo di Harvard, fra ambizioni, pericoli e insidie del premio scientifico più famoso al mondo.
Siamo sicuri che il premio Nobel per la fisica, per come è concepito oggi, faccia bene alla scienza? Ne ha scritto il giornalista scientifico Ron Cowen su Nature, dopo aver letto il libro del cosmologo Brian Keating “Losing the Nobel Prize: A Story of Cosmology, Ambition, and the Perils of Science’s Highest Honor”.
La storia è che Brian Keating ha quasi-non-vinto il premio Nobel, ma andiamo con ordine. Nel 2008 Keating ha lavorato a un esperimento nell’ambito della cosmologia, ideando Bicep1, un grande radio telescopio, costruito in Antartide, per studiare la cosiddetta radiazione cosmica di fondo (Cmb). La Cmb è una specie di calore residuo, dovuto alle altissime temperature immediatamente successive al Big Bang, che permea tutto l’universo in maniera uniforme. Negli anni successivi, il gruppo di ricerca, una collaborazione guidata dall’astronomo John Kovach dello Harvard-Smithsonian Center for Astrophysics di Cambridge (Massachusetts) e dell’Università della California (San Diego), ha costruito Bicep2, un radio telescopio ancora più sensibile, per studiare le variazioni di polarizzazione nella Cmb. Il radio telescopio ha raccolto dati dal 2010 al 2012, nella speranza di osservare delle zone di polarizzazione a vortice nella Cmb. La scoperta sarebbe stata la prima conferma sperimentale della teoria dell’inflazione. Secondo questa teoria, nei suoi primissimi istanti – bilionesimi di bilionesimi di bilionesimi di secondo – l’universo si sarebbe gonfiato come un pallone, generando onde gravitazionali che, attraversando la densissima e caldissima nube di plasma, avrebbero lasciato una traccia a vortice – i cosiddetti nodi B – nella polarizzazione della radiazione. La nube si sarebbe poi espansa e raffreddata insieme all’universo stesso, andando a formare quella che oggi viene chiamata radiazione cosmica di fondo.
Questa teoria, proposta da Alan Guth nel 1980, non sarebbe solo un mattone fondamentale della cosmologia moderna, ma anche il legame fra meccanica quantistica e gravità – l’inflazione sarebbe un fenomeno puramente quantistico, ma avrebbe anche prodotto onde gravitazionali – un legame che i fisici di tutto il mondo cercano ancora. Infatti, il 17 marzo 2015, fece grande scalpore nel mondo scientifico, l’annuncio di Kovach e soci di aver osservato le anomalie nella polarizzazione della Cmb. La scoperta venne accolta e celebrata da scienziati e giornalisti di tutto il mondo (Cowen stesso seguì l’evento per Nature).
Da subito si parlò di Nobel. Keating nel libro racconta l’euforia e la frustrazione seguiti all’annuncio: il suo lavoro era stato citato, ma il suo nome non compariva nel comunicato stampa. Sapeva bene che lui, e molti altri, sarebbero stati esclusi dall’eventuale premio, che di solito viene consegnato solo agli autori principali, anche nel caso di ricerche che durano anni e godono del contributo di decine di persone (ne aveva anche parlato Richard Edward Taylor, recentemente scomparso, nel suo discorso a Stoccolma).
Il premio Nobel per la fisica è uno dei premi scientifici più prestigiosi al mondo. Forse il più importante, se si scorre la lista dei nomi che, nel corso degli anni, lo hanno ricevuto. Da Albert Einstein a Enrico Fermi, da Marie Curie a Paul Dirac, la lista di scienziati e – purtroppo, solo due – scienziate che hanno ricevuto il premio, riempie i libri di fisica, ma anche di storia. È quindi comprensibile e legittimo il desiderio dei ricercatori di tutto il mondo di ricevere la medaglia d’oro con l’effige di Alfred Nobel, una somma di poco meno di novecento mila euro – da spendere come si vuole – ma, soprattutto, l’orgoglio di vedere il proprio nome accostato a quello dei celebri predecessori.
Piccolo riassunto di come nasce il premio: nelle sue ultime volontà, la cui versione finale risale al 1895, Alfred Nobel, fino a quel momento noto per l’invenzione della dinamite, lasciò il 94 percento del proprio patrimonio – circa 31 milioni di corone svedesi, oggi 174 milioni di euro – per la creazione di un fondo. I soldi, da investire in modo sicuro, avrebbero generato, ogni anno, degli interessi. Questi interessi sono distribuiti, in forma di premio, “a coloro che, l’anno precedente, più abbiano contribuito al benessere dell’umanità”. I campi di interesse sono: fisica, chimica, medicina, letteratura e pace. Nel 1968, la Banca di Svezia istituì, “a ricordo di Alfred Nobel”, il premio Nobel per le Scienze Economiche. Il premio Nobel per la fisica deve sottostare ad alcune regole rigide. Viene assegnato ogni anno dall’Accademia Reale Svedese delle Scienze e non può essere, in nessun caso, diviso fra più di tre persone. Inoltre, dal 1974, non può essere assegnato postumo.
Torniamo alla storia di Brian Keating. La preoccupazione per non veder riconosciuti i propri meriti con il premio più ambito non è durata poi tanto. La scoperta sulla polarizzazione della Cmb si è tramuta letteralmente in polvere. Polvere cosmica, per la precisione. La smentita è arrivata dopo quasi un anno, nel 2015, in cui l’Agenzia Spaziale Europea ha incrociato i dati del satellite Planck con quelli dell’esperimento antartico di Bicep2, concludendo che il disturbo sui dati causato dalla polvere aveva la stessa grandezza dei dati stessi: insomma, non era possibile distinguere tra i dati reali e quelli dovuti alla polvere cosmica.
Secondo Keating, l’annuncio è stato fatto, inizialmente, senza i dovuti riscontri. Non c’è stata un’adeguata sicurezza sui dati raccolti. Questo a causa di una febbre da Nobel. L’ansia di arrivare per primi, di annunciare per primi, è forse oggi il maggior ostacolo ad una ricerca più aperta e di maggiore qualità.
Fosse stato per Keating, due della maggiori scoperte recenti, il bosone di Higgs e le onde gravitazionali, non avrebbero mai ricevuto il premio Nobel. E questo non perché i ricercatori non lo meritassero, bensì perché la competizione a cui sono sottoposti dalle attuali regole del premio causano una corsa per le, già scarse, risorse economiche. Il risultato è un generale abbassamento della qualità delle ricerche a favore della rapidità di pubblicazione. Inoltre, Keating afferma che il premio è fortemente condizionato contro il lavoro delle scienziate e dei giovani ricercatori. Come fare a invertire questa tendenza? Keating lancia una provocazione affermando che i gruppi che lavorano alla ricerca di un ben preciso risultato non dovrebbero essere premiati. A ricevere il premio dovrebbero essere solo i risultati casuali, come la scoperta dell’espansione accelerata dell’universo, del 1998: i ricercatori cercavano di dimostrare che l’espansione dell’universo stava rallentando, invece scoprirono che accelerava. Dovrebbe poi, essere permesso di premiare un’intera squadra di ricerca e non solo i primi autori. La scienza, oggi più che mai, è un lavoro di gruppo. Secondo Keating dovrebbe anche essere abolito il divieto di assegnare il premio postumo, e dovrebbe invece essere permesso di assegnare più di un premio alla stessa persona, se quella è stata inizialmente sottovalutata o ignorata. È, ad esempio, il caso di Susan Jocelyn Bell, la quale aveva scoperto, durante il dottorato, i particolari segnali radio che si sarebbero poi rivelati essere una nuova classe di stelle: le pulsar. Il premio Nobel tuttavia venne assegnato solo ad Antony Hewish, suo supervisore.
Questi cambiamenti, relativi solo alle regole del premio Nobel, sarebbero più simbolici che concreti. I sistemi di finanziamento alla ricerca, sia in Europa che negli Usa incoraggiano una competizione spietata, causano una gara contro il tempo che sfocia nel publish or perish: o pubblichi continuamente, o sei destinato all’irrilevanza scientifica. I veri cambiamenti dovrebbero avvenire a livello di come viene finanziata ed intesa oggi la ricerca. Ed avrebbero un grande impatto.
Da parte sua, Keating ha cominciato un percorso scientifico volto alla cooperazione. Il suo team di ricerca di San Diego sta collaborando con l’università di Princeton (New Jersey), ed è stato finanziato nel 2016 dalla fondazione filantropica Simmons (New York). L’obiettivo è quello di trovare, finalmente, traccia delle onde gravitazionali primordiali. E se dovesse avere successo, non sarà per il premio Nobel, ma per il bene della scienza. Forse è questo il punto.
Commenti recenti