Le “killer” del sistema immunitario, nuovo bersaglio contro la Sla
Un importante passo in avanti nello studio della Sla vede protagonisti tre dipartimenti di Sapienza
Il coinvolgimento del sistema immunitario nello sviluppo della Sclerosi laterale amiotrofica (Sla) non è da trascurare. Anzi, sono proprio le natural killer (o Nk), alcune sue cellule molto potenti, a svolgere un ruolo di primo piano nella degenerazione dei motoneuroni alla base della malattia. A dimostrarlo per la prima volta è una ricerca internazionale che ha visto la partecipazione dei dipartimenti di Fisiologia e farmacologia, di Medicina molecolare e di Neuroscienze di Sapienza Università di Roma. I risultati, pubblicati sulla rivista Nature Communications, suggeriscono le cellule Nk come un possibile bersaglio terapeutico su cui agire per aumentare la sopravvivenza dei malati. Questa ricerca inoltre è parte di un progetto, finanziato dalla fondazione AriSLA, con il bando 2019.
Facciamo un passo indietro però: la Sla è una malattia neurodegenerativa che colpisce ogni anno una persona ogni 300.000 individui ed è caratterizzata dalla perdita progressiva dei motoneuroni, le cellule celebrali che controllano i movimenti. Questa degenerazione porta all’immobilità, a difficoltà nel parlare, deglutire e, nelle fasi più avanzate, persino nel respirare. Il corpo diventa una vera e proprio prigione. La mente invece resta lucida, così come i sensi. Alcuni dispositivi elettronici per la comunicazione, in aggiunta a quelli medici per le funzioni vitali, possono migliore la qualità di vita dei pazienti. Tuttavia, a oggi non esistono cure adeguate in grado di prolungarla o migliorarla significativamente. La causa scatenante di questa malattia è sconosciuta, ma sappiamo che nel suo sviluppo sono implicati molteplici fattori: oltre a quelli ambientali e genetici anche quelli autoimmunitari, sul cui coinvolgimento negli ultimi anni stanno confluendo sempre più evidenze.
Tornando allo studio condotto dai ricercatori Sapienza, è emerso che le cellule natural killer, da risorsa preziosa contro agenti patogeni e tumori, possono diventare nemiche e provocare la morte dei motoneuroni. Queste cellule s’infiltrano nel sistema nervoso centrale già in una fase pre-sintomatica e “quando vedono un motoneurone in sofferenza, attraverso proteine infiammatorie espresse sulla loro membrana, lo uccidono con un meccanismo citotossico”, spiega Stefano Garofalo, giovane ricercatore del dipartimento di Fisiologia e Farmacologia, tra i coordinatori del team. Ma non finisce qui. “Queste cellule oltre a una diretta azione neurotossica”, continua Garofalo, “modulano il microambiente del sistema nervoso centrale attraverso il rilascio dell’interferone gamma, che modifica il fenotipo delle cellule della microglia, da neuroprotettivo a neuroinfiammatorio. La microglia va dunque ad aggravare l’infiammazione e di conseguenza il danno”.
A oggi non c’è un farmaco che possa dare un vero sollievo ai pazienti, ma grazie a questo studio s’intravedono nuove possibilità. “I nostri risultati suggeriscono che oltre a usare i tipici farmaci usati per la Sla (ad esempio, il riluzolo)”, conclude il ricercatore, “si dovrebbero utilizzare degli immunoterapici, che mirino non solo alla sopravvivenza del motoneurone, ma all’abbassare l’attivazione delle natural killer. Eliminando le cellule Nk aumentano le t-regolatorie e migliorano i sintomi della malattia”.
Credits immagine in evidenza: Pixabay
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