Lettera a Justin Trudeau: premi Nobel in campo per il clima
Quarantadue premi Nobel scrivono al premier canadese Justin Trudeau chiedendogli di tradurre in azioni gli accordi presi per contrastare il riscaldamento globale: “Bloccare il progetto Teck Frontier” per essere responsabile del cambiamento di rotta e non di quello climatico
C’erano una volta l’Accordo di Parigi e il progetto emissioni zero entro il 2050, e poi c’è il progetto Teck Frontier, un piano di estrazione di petrolio da sabbie bitumose a poco più di 25 km dal Wood Buffalo National Park, il più grande parco canadese nello stato di Alberta, su cui il premier Justin Trudeau deve prendere una decisione. E poi ci sono John Coetzee, Alice Munro, Mario Capecchi, Muhammad Yunus, Shirin Ebadi, Barry Barish e Jack Szostak, tutti vincitori di premi Nobel e firmatari di una lettera inviata a febbraio a Trudeau. Per scendere formalmente in campo contro i suoi provvedimenti e prendere posizione contro il riscaldamento globale.
Persone importanti per un messaggio importante: nella lettera gli scienziati chiedono al premier di interrompere il progetto Teck Frontier, dal momento che nei combustibili fossili “c’è abbastanza CO2 da andare oltre i 2°C di riscaldamento e dunque oltre il tetto di 1.5°C fissato negli accordi di Parigi”. Inoltre, continuano nella lettera, questo progetto è “incompatibile con l’impegno del governo canadese nel programma emissioni zero entro il 2050”. Gli illustri mittenti proseguono sostenendo che “i governi stanno scandalosamente tralasciando le richieste della scienza” e delle numerose mobilizzazioni di “persone informate” che comprendono quanto sia necessario intervenire. Nell’attuale quadro di emergenza climatica, continuano, “nuovi progetti di estrazione fossile sono un affronto”. E concludono sottolineando che la risposta alla crisi climatica influirà sull’eredità delle future generazioni e ci identificherà come coloro che hanno fatto la cosa giusta: “interrompere il finanziamento e l’espansione dei combustibili fossili per favorire una transizione dal petrolio e dall’emissione di gas alle zero emissioni per la metà del secolo”.
È ormai unanime il consenso degli scienziati sulle responsabilità delle attività dell’uomo nel riscaldamento globale (Anthropogenic Global Warming), come riportato nel Bulletin of Science, Technology & Society dal geologo statunitense James Powell, che ha esaminato oltre 11.000 studi peer-reviewed dei primi sette mesi del 2019 dove si confermava il ruolo delle attività antropiche nel riscaldamento globale. Il riscaldamento globale è principalmente dovuto all’aumento delle concentrazioni di gas serra nell’atmosfera: alle quantità naturalmente presenti (vapore acqueo) si aggiungono le emissioni antropogeniche legate alla combustione di carburanti fossili (carbone, petrolio e gas) che producono CO2 e ossido di azoto; all’agricoltura, con formazione di ossido di azoto dai fertilizzanti, e all’allevamento di bestiame, i cui processi digestivi generano metano, CH4; alla deforestazione, con aumento della CO2 non più trattenuta dagli alberi; e all’uso di gas fluorurati di origine industriale (che determinano un effetto serra di molto superiore a quello provocato dalla CO2, ma che fortunatamente le norme dell’Unione Europea stanno gradualmente eliminando).
L’Agenzia europea dell’ambiente riporta che le temperature sono in aumento, i ghiacciai si stanno sciogliendo causando un innalzamento del livello medio del mare, e fenomeni metereologici estremi (alluvioni, ondate di calore, siccità prolungate) sono sempre più diffusi. Un’analisi della Carbon Brief su 230 studi peer-reviewed che analizzavano 260 eventi climatici estremi suggerisce che il 68% di questi fenomeni sia reso più probabile o più intenso/severo dall’influenza umana sul clima (human influence found).
La CO2 assorbe il calore emesso dalla superficie del pianeta impedendogli di “fuggire” nello spazio; la sua attuale concentrazione atmosferica supera del 40% il valore che aveva agli inizi dell’era industriale ed è responsabile dell’innalzamento termico del pianeta per il 63%. Il non rispetto degli accordi presi significherà un incremento di 3°C della temperatura del pianeta nel 2050 con il conseguente cambiamento dello scenario climatico mondiale, e un inevitabile impatto sociale ed economico. Per questo donne e uomini di cultura e di scienza sono scesi in campo contro il riscaldamento globale, chiedendo a un leader politico di agire con la “chiarezza morale richiesta da questa crisi”, perché, come ricordato da Powell, “l’umanità ha quasi esaurito il tempo”.
Credits immagine in evidenza: Google immagini
Commenti recenti