Il Mandela d’oriente
di Valente Francesco e Chittano Thomas, IV H, ISS “E. Majorana”, Latina
Questo saggio partecipa al concorso Hansel e Greta. Il vincitore verrà designato sulla base del numero di voti ricevuti e della valutazione da parte di una giuria di qualità. Le votazioni partiranno il 15 giugno 2020. Per votare cliccare su questo link, selezionare il tema desiderato e cliccare sul pulsante “vota” in fondo alla pagina.
Aung San Suu Kyi (Yangon, 19 giugno 1945) è una politica birmana (ufficialmente Myanmar, stato dell’asia sudorientale) che per circa 30 anni ha lottato per una democratizzazione del paese natio, obiettivo raggiunto con la vittoria delle elezioni parlamentari del 2011. La donna è figlia del generale Aung San, capo della fazione del partito comunista negli anni 40, che negoziò per l’indipendenza del paese con il Regno Unito nel ’47, anno del suo assassinio da parte di sicari mandati da avversari politici. Anche la madre Khin Kyi si distinse come ambasciatrice in India negli anni ’60. Dopo aver conseguito diverse lauree ad Oxford e aver lavorato alle nazioni unite, torna in patria nel 1988 per assistere la madre malata, mentre nel paese si instaura un regime militare. Decisa a cambiare il paese, entra in politica fondando la lega nazionale per la democrazia, ispirata dai valori di Gandhi e dal credo buddista. Il governo la nota e cerca subito di liberarsene, gli viene concesso di andarsene dal paese, ma lei rifiuta. Nel ’90 il regime convoca le elezioni generali, che vedono una schiacciante vittoria da parte di Aung San Suu Kyi, destinata a diventare primo ministro. I militari però rigettano il voto e prendono il potere con la forza; l’anno successivo la donna vincerà il Nobel per la pace “per la sua lotta non violenta per la democrazia e i diritti umani”, premio ritirato anni dopo. Nel 1995 ottenne una maggiore libertà a seguito della revoca degli arresti domiciliari, ma non fu mai del tutto libera: uscire dal paese avrebbe causato il suo esilio perenne, inoltre non ebbe mai la possibilità di incontrare parenti e amici. Nel 2003, dopo essere sopravvissuta ad un attentato, venne messa di nuovo agli arresti domiciliari, fino al 2010, dove venne definitivamente liberata. Nello stesso anno, grazie alle pressioni internazionali, vennero convocate dopo esattamente 20 anni le elezioni generali: finalmente la democrazia trionfò nel paese, nonostante le accuse di boicottaggio da parte dell’USDP (il partito sostenuto dai militari); vennero attuate diverse riforme per rendere il paese democratico. Le elezioni del 2015 furono nuovamente vinte dal partito democratico, consolidando il processo di stampo liberalistico che coinvolgeva la cultura della Birmania. Nonostante i progressi che il paese sta vivendo, è ancora uno dei più poveri e arretrati al mondo, ma Aung San Suu Kyi continua a lottare per il paese. Questa donna è riuscita a lottare per il proprio paese, quando il suo stesso governo la opprimeva, tenendola agli arresti domiciliari per anni, eppure ha continuato a farsi sentire per i diritti del suo popolo, e ancora oggi, dopo aver vinto il regime che la ostacolava, lavora per il bene del Myanmar. È riuscita a fare tutto ciò in modo pacifico, e ciò gli è valso il Nobel, per un’eroina della libertà, nazionale e mondiale.
Credits immagine: Sean Gallup/ Getty Images News
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