La memoria, il laccio tenace della vita
di Miriam Pia Taverniti, III AS, IIS “Einaudi-Alvaro” Palmi- RC, Liceo Scienze Umane
Questo saggio partecipa al concorso Hansel e Greta. Il vincitore verrà designato sulla base del numero di voti ricevuti e della valutazione da parte di una giuria di qualità. Le votazioni partiranno il 15 giugno 2020. Per votare cliccare su questo link, selezionare il tema desiderato e cliccare sul pulsante “vota” in fondo alla pagina.
“Ci sono mille sentieri che non sono ancora stati percorsi, mille porti sicuri e mille isole della vita sconosciute. Essere umano e terra umana non sono ancora esauriti e completamente esplorati”. Così parlò Zarathustra, o per meglio dire il filosofo Nietzsche: l’uomo non è ancora del tutto conosciuto, a dispetto di quanto un certo scientismo deterministico voglia farci credere. Ed è proprio qui che mi soffermo, sul bisogno di analizzare pienamente la natura umana e i processi fondanti che la caratterizzano. L’individuo, infatti, si distingue per il raziocinio che possiede, ma cosa gli consente di riconoscersi pienamente e di costruire un microcosmo e un’identità personale, pilastri fondamentali dell’esistenza? La risposta è chiaramente data dalla capacità di ricordare, di farsi storia. L’uomo è capace di archiviare delle esperienze, le quali, a seconda della loro utilità e rilevanza, saranno selezionate per essere conservate o obliate. Questo processo, però, non è necessariamente consapevole o voluto dall’individuo, poiché vi possono essere dei traumi o comunque dei vissuti negativi, che si presentano come motivo di sofferenze e tormenti ineluttabili. Delle memorie e degli oblii non cercati e non desiderati.
Un particolare rilievo ai processi fisiologici implicati nelle funzioni mnestiche venne dato dagli studi del noto psichiatra statunitense Erik Kandel, distintosi per aver conseguito il premio Nobel per la medicina nel 2000, insieme ai colleghi Arvid Carlsson e Paul Greengard. Egli effettuò un’osservazione sistematica su una particolare specie di invertebrato, ovvero l’Aplysia californica, che possiede oltre 20.000 neuroni. Si è notato che, sfiorando sperimentalmente il sifone (l’organo di respirazione dell’animale), esso viene immediatamente ritratto dal mollusco; tuttavia, continuando con lo sfioramento, si verifica un’assuefazione allo stimolo, per cui l’animale, abituandosi, effettua sempre meno la ritrazione dell’organo. Assistiamo, quindi, ad un decremento dell’attività neuronale, in seguito a un minore rilascio di neurotrasmettitori a livello intersinaptico tra neurone sensoriale e motoneurone; si è verificata, a tutti gli effetti, nell’animale, una prima, rudimentale, forma di apprendimento.
Successivamente, però, il mollusco venne più volte sottoposto da Kandel e colleghi a delle leggere scosse elettriche sulla coda; si è notato che, se in un secondo momento l’animale fosse stato sfiorato nella stessa zona, si sarebbe verificata un’improvvisa retrazione sia del sifone sia della branchia. Il mollusco aveva dunque sviluppato una sensibilizzazione rispetto allo stimolo; quest’ultimo rappresenta un evento particolarmente traumatico, che determina un incremento delle risposte motorie, derivante appunto dall’aumento di nuovi neurotrasmettitori rilasciati.
Come sostenuto da Kandel, infatti, l’uomo forma il proprio io secondo le conoscenze e le esperienze sedimentate e queste, insieme ai sogni, sono “l’unico laccio tenace che ci tiene stretti al futuro e al passato, i mattoni portanti della nostra vita”. I viventi così possono apprendere quali siano gli input più rilevanti e modificare le strutture nervose secondo processi specializzati diversi. Imparare cosa davvero valga la pena ricordare nel flusso infinito di esperienza di una vita, significa plasmare il proprio cervello fino a farne sempre di più qualcosa di unico e irripetibile. È questa plasticità neuronale dei meccanismi mnemonici un’intuizione di estremo ausilio anche per quanto riguarda le terapie, come l’approccio psicoanalitico. La psicoanalisi, infatti, come qualsiasi esperienza, ma in modo meditato, va a incidere sull’attività del sistema nervoso, spesso anche in maniera complementare ai farmaci. L’esplorazione dei contenuti inconsci è un’incursione negli abissi dei contenuti mnestici, che per la maggior parte risiedono nelle parti più recondite della mente. La cura della memoria è conoscenza profonda della propria interiorità, e gli studi di Kandel sono una pietra miliare soprattutto per le situazioni traumatiche odierne, da cui la comunità ha bisogno di uscire, approfondendo l’estrema importanza dei ricordi, perduti e ritrovati, per l’animo umano.
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