Aloysius Lilius
di Giovanna Strumbo, Miriam Trapasso, Nicodemo Sabatino
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In una radiosa mattina di giugno, nella cucina di una casa di un piccolo paese della soleggiata Calabria, il futuro inventore del calendario moderno, Aloysius Lilius osservava, interrogandosi, sul lento e inesorabile fluire del tempo. Aloysius, nacque a Cirò nel 1510, un ricco feudo della Calabria Latina, fondata da Filottète eroe della mitologìa greca che, dopo la guerra di Troia, giunse nella florida terra di Enotria e fondò le colonie Petelia, Macalla, Krimisa (Cirò Marina) e Chone (Cirò).
I dati biografici di Aloysius Lilius sono incerti, perché i registri anagrafici dell’archivio comunale di Cirò, risalgono al 1809, mentre quelli parrocchiali, i più antichi, risalgono al ‘600; fu allora che i parroci iniziarono a registrare gli atti di nascita, battesimo, cresima e morte, come stabilito dal Concilio di Trento. Con il fratello Antonio condivise l’interesse per gli studi scientifici.
Poche sono le notizie sulla sua esistenza, tanto che venne messa in dubbio la sua origine calabrese.
Dopo aver conseguito la laurea in medicina a Napoli si trasferì a Roma e qui, anche per l’esperienza scientifica maturata nella città partenopea, concepì e maturò la riforma del calendario.
Le uniche fonti che riportano notizie certe sulla vita dello scienziato cirotano, sono le lettere firmate da Giano Teseo Casopero e Marcello Cervini; senza queste lettere si potrebbe affermare che Aloysius non sia mai esistito. Il mistero aleggia sugli anni della sua vita, sappiamo soltanto che morì in data imprecisata prima dell’attuazione della Riforma, lasciando a suo fratello Antonio il non facile compito di divulgare il suo lavoro.
Si ipotizza che la morte sia avvenuta a Roma intorno al 1576. Già nel 1500 gli astronomi non avevano nessuna idea di come la lunghezza dell’anno e del giorno solare potesse variare.
La teoria eliocentrica era alla base dello studio e del trascorrere del tempo. Teoria successivamente contestata da Galileo Galilei e immediatamente ripristinata a favore della tesi e del pensiero cattolico.
E’ in questo quadro che nacque e si consolidò il pensiero e il progetto del calendario Liliano. Il quale si basava sugli anni bisestili e che avrebbe portato all’equinozio di primavera al 21 di marzo contraddicendo le regole imposte dal Concilio di Nicea. Dopo la chiusura del Concilio di Trento, dal quale uscì una cristianità non più unita in una sola fede, i padri conciliari decisero di delegare la soluzione del problema della misurazione del tempo alla Santa Sede; la svolta decisiva per la riforma del calendario si ebbe il 14 maggio 1572, quando venne eletto Papa Ugo Boncompagni di Bologna, con il nome di Gregorio XIII. Appena eletto ebbe premura di riformare il vecchio calendario Giuliano nominando un’équipe di studiosi col preciso mandato di redigere un progetto di riforma complessiva del calendario.
Da secoli si avvertiva l’esigenza della riforma del calendario civile perché non era più in accordo con il calendario astronomico, tanto che ai giorni di Aloysius l’equinozio di primavera, fissato dal calendario civile al 21 marzo, astronomicamente cadeva il giorno 11 dello stesso mese. Il calendario civile giuliano era troppo lungo, nel senso che ogni anno aveva circa 12 minuti in più rispetto alla durata dell’anno astronomico, già peraltro difficile da calcolare perché il moto di rotazione della Terra intorno al Sole, o quello apparente del Sole intorno alla Terra come si credeva prima di Copernico e Galileo, non è costante ma varia nel tempo. L’esigenza di far coincidere i due calendari era ormai improcrastinabile per ragioni pratiche e anche ideologiche, anzi teologiche. Per ragioni pratiche perché dal calendario civile dipendevano molte attività dell’uomo, in quel periodo soprattutto i lavori agricoli, come la semina, il raccolto, la potatura, la vendemmia, che non potevano essere troppo sfalsati rispetto al clima delle stagioni. Per ragioni ideologiche e teologiche, perché la Chiesa, fin dal Concilio di Nicea del 325 d.C., aveva legato
all’equinozio di Primavera la sua festa più importante, cioè la Sacra Pasqua di Resurrezione del Signore Gesù Cristo che, secondo la liturgia adottata nel Concilio, era stata fissata alla prima domenica successiva alla quattordicesima luna dopo l’equinozio di Primavera. Quindi, si metteva a rischio l’esatta datazione della Pasqua, come prevista dalla liturgia cristiana adottata dal Concilio e fissata saldamente al calendario astronomico.
Quindi, era ormai avvertita, soprattutto negli ambienti della curia papale, l’esigenza imprescindibile di mettere fine alla discrepanza di date tra il calendario civile e quello astronomico. Su quest’ultimo si basavano i calcoli del calendario religioso della Chiesa cattolica di Roma e dei paesi rimasti cattolici dopo la Riforma. E qui, del gruppo designato dal Papa faceva parte Aloysius unico rappresentante laico tra i componenti tutti ecclesiastici. Ai lavori del gruppo partecipò però Antonio il fratello perché Aloysius forse era morto poco prima dell’insediamento della Commissione avvenuto nel 1574.
Antonio portò in Commissione la proposta che Aloysius aveva elaborato grazie ai suoi studi astronomici. La soluzione era di eliminare innanzitutto dieci giorni dal calendario civile per sincronizzarlo a quello astronomico e poi, per aggiustare nel tempo le ulteriori discrepanze causate dalla variabilità della rotazione della Terra intorno al Sole, eliminarne altri tre ogni quattrocento anni. Il meccanismo per eliminare questi ulteriori tre giorni era interessante agli occhi della Commissione e consisteva nel non considerare bisestili gli anni secolari 1700, 1800 e 1900 mentre si consideravano bisestili solo gli anni secolari 1600, 2000 e 2400.
Così l’anno 2000, trascorso da non molto, ha avuto una doppia, speciale caratteristica; quella di essere l’orma del passaggio da un millennio all’altro e l’unico anno secolare considerato bisestile dal 1600 al 2400. La riforma fu deliberata e promulgata con la bolla papale “Inter gravissimas” il 24 febbraio 1582, direttamente dalla sede di Villa Mondragone, nei pressi di Frascati. In questa bolla pontificia si decise di eliminare dieci giorni di ottobre di quello stesso anno, dal 5 al 14.
La ragione per la quale furono scelti proprio quei dieci giorni e non altri, ha due teorie. Secondo alcuni il giorno 4 si è evitato di toglierlo per la coincidenza con la festa di San Francesco d’Assisi, per altri, più maliziosi, perché era il giorno di San Petronio, patrono della città di Bologna di cui era originario Gregorio XIII. Il nuovo calendario passò alla storia come gregoriano, dal nome del Papa che lo aveva promulgato, anche se tutto il lavoro era stato fatto dall’astronomo calabrese, sconosciuto e misterioso.
Il nuovo calendario fu oggetto di forti critiche nei paesi protestanti mentre venne accolto favorevolmente nei paesi cattolici. Sarebbe auspicabile che in un’altrettanta radiosa mattina di ottobre, non più nella cucina di una casa di un piccolo paese della soleggiata Calabria, la nostra Cirò, sia giunta al nostro Aloysius la convocazione presso la “Sala dei Concerti” di Stoccolma, grande città della florida e civilissima Svezia, dove avrebbe ricevuto il Nobel che a lui spetta per una riforma sul tempo tanto rivoluzionaria o, quantomeno, speriamo che oggi il termine ‘Liliano’ possa essere associato al calendario Gregoriano.
Con questa speranza la Calabria aspetta.
Aloysius Lilius, o Luigi Lilio, una delle più grandi menti che l’Umanità possa ricordare. È lui il genio del calendario, il signore del tempo passato e presente. È grazie a questo cirotano se ogni giorno il mondo intero sfoglia il calendario dei giorni e l’inesorabile incedere del tempo. Leggere per credere in una storia davvero fantastica e che ha dell’incredibile.