Tutti i segreti del carbonio-14: la storia di Willard Frank Libby
Willard Frank Libby ha dedicato la vita allo studio degli isotopi radioattivi e del fenomeno del decadimento. Dal Progetto Manhattan fino al rivoluzionario metodo del carbonio-14, che gli valse il premio Nobel per la chimica nel 1960
Willard Frank Libby, vincitore del premio Nobel per la chimica nel 1960 per la scoperta del metodo del radiocarbonio, ha realizzato una vera rivoluzione in campi come l’archeologia e la paleontologia. Testò il suo metodo su sequoie di età nota grazie al conteggio degli anelli di accrescimento dei tronchi, dimostrando che le datazioni ottenute erano affidabili. Datò correttamente anche una serie di reperti archeologici la cui età era conosciuta attraverso fonti scritte, tra cui un’antica imbarcazione egiziana.
Già nel 1939, il fisico Serge Korff aveva scoperto che l’isotopo radioattivo C¹⁴ viene continuamente generato nella parte alta dell’atmosfera per azione dei raggi cosmici. Libby ipotizzò che tracce di carbonio-14 fossero presenti nell’anidride carbonica atmosferica. Poiché la CO₂ viene costantemente incorporata dalle piante durante la fotosintesi, anche i tessuti vegetali dovessero contenere C¹⁴. Gli animali avrebbero poi assorbito l’isotopo radioattivo tramite la catena alimentare. Dopo la morte dell’organismo, tuttavia l’assorbimento di nuovo C¹⁴ sarebbe cessato e quello già presente nei tessuti avrebbe iniziato a decadere, portando la quantità dell’isotopo a diminuire progressivamente. Misurando la concentrazione dell’elemento all’interno di un reperto, sarebbe quindi stato possibile risalire alla sua età.
Libby calcolò che il tempo di dimezzamento del carbonio-14 era pari a 5730 anni e il grande successo del metodo gli valse il premio Nobel. Nel suo discorso durante il banchetto dei Nobel a Stoccolma, il 10 dicembre del 1960, Libby dirà: “Il futuro del mondo, che dipende dall’energia atomica, richiede una maggiore comprensione e conoscenza dell’atomo. Spero che i nostri sforzi abbiano aiutato la gente a capire che gli isotopi sono reali e che […] in loro risiede una fondamentale speranza per il miglioramento della vita dell’uomo sulla Terra.”
In effetti, poche persone possono dire di avere conosciuto e sperimentato tutti gli aspetti e gli utilizzi, pacifici o meno, del fenomeno della radioattività come Willard Frank Libby. Nato a Grand Valley, Colorado, il 17 dicembre del 1908, frequenterà l’università di Berkley, California. Otterrà il dottorato nel 1933 e negli anni successivi si dedicherà alla costruzione di contatori Geiger ad alta precisione. Il suo lavoro si interromperà l’8 dicembre 1941, il giorno dopo l’attacco giapponese a Pearl Harbor, quando Libby offrirà la sua assistenza ad Harold Urey (a sua volta vincitore del premio Nobel per la chimica nel 1934), che lo introdurrà a lavorare al Progetto Manhattan per lo sviluppo della bomba atomica. Dopo il bombardamento di Hiroshima, il 6 agosto del 1945, Libby tornerà a casa con una pila di giornali, dicendo alla moglie: “Questo è quello che ho fatto”.
Nel 1954, il presidente Eisenhower nominò Libby commissario della Commissione per l’Energia Atomica. Libby, di idee politiche fermamente conservatrici, fu uno dei pochi scienziati, insieme al fisico Edward Teller, a schierarsi a favore della realizzazione della bomba all’idrogeno. Difese inoltre la scelta dell’amministrazione Eisenhower di proseguire i test nucleari in atmosfera, esprimendo spesso affermazioni controverse sui rischi che essi comportavano. Famoso è l’aneddoto per cui, per dimostrare la possibilità di sopravvivere a una guerra nucleare, costruì un rifugio antiatomico nella propria abitazione. Quando il rifugio di Libby bruciò a causa di un incendio, il fisico Leo Szilard, molto critico verso i test in atmosfera, commentò: “Questo non solo dimostra che Dio esiste, ma anche che ha il senso dell’umorismo”.
Nel 1959 Libby accettò l’incarico di professore al dipartimento di chimica dell’università di Chicago. Rimase attivo professionalmente fino alla sua morte, l’8 settembre del 1980.
Immagine in evidenza: www.pixabay.com
Commenti recenti