La nuova storia della lince pardina
Uno studio del Dipartimento di Scienze della Terra di Sapienza e di altri istituti di ricerca ha mostrato che la lince pardina (Linx pardinus) era il felino più diffuso nell’Europa mediterranea pleistocenica. Oggi ne sono rimasti pochissimi esemplari
La lince pardina (Lynx pardinus), con una distribuzione geografica limitata a poche ristrette aree della penisola iberica, è considerata uno dei felini viventi più a rischio di estinzione. Negli ultimi anni numerosi esperti hanno studiato il profilo biologico ed ecologico di questo raro felino, principalmente con lo scopo di accrescere la densità della popolazione ed espandere la sua distribuzione. In Europa è anche presente – e più diffusa – un’altra specie di lince, la lince eurasiatica (Lynx lynx).
Raffaele Sardella e Beniamino Mecozzi del Dipartimento di Scienze della Terra di Sapienza, insieme ad un team internazionale di paleontologi, hanno dimostrato, in un recente studio pubblicato sulla rivista Quaternary Science Reviews, che le linci pardine hanno avuto una storia evolutiva distinta rispetto a quelle eurasiatiche, che si sono diffuse in Italia solo in tempi più recenti.
Nello studio sono stati analizzati i fossili del sito archeologico del Tardo Pleistocene (circa 40.000 anni fa) di Ingarano, vicino a Foggia. I fossili di Ingarano (415 reperti), scoperti nel 1990 e conservati al il Dipartimento di Scienze della Terra di Sapienza, rappresentano il più ricco campione europeo di crani, mandibole e denti attribuibili alle linci pleistoceniche. In passato tutti questi resti furono attribuiti alla lince eurasiatica.
Le analisi tomografiche (Tac) eseguite da Dawid A. Iurino dell’Università di Perugia hanno avuto un ruolo fondamentale nella ricerca: grazie alle immagini tridimensionali ottenute dalle Tac, è stato possibile studiare in dettaglio l’anatomia dei resti cranici, senza maneggiarli e comprometterne lo stato. Inoltre, gli elementi mancanti dei crani sono stati ricreati con la modellazione grafica. Lo scopo principale è stato quello di creare un dataset comparativo dei dati morfologici, utilizzando anche altri campioni europeo di fossili e i dati morfologici di linci esistenti.
I risultati hanno dimostrato che la maggior parte dei fossili del sito di Ingarano, precedentemente attribuiti alla lince eurasiatica, appartengono senza dubbio alla lince pardina. E hanno permesso di affermare che nel Pleistocene la lince pardina era diffusa in tutta l’Europa mediterranea molto di più di quanto si pensasse. Probabilmente era molto più grande di quella odierna: è questo, forse, il dato che in principio aveva tratto in inganno i paleontologi che, date le grosse dimensioni, avevano attribuito i resti alla lince eurasiatica.
La forte plasticità fenotipica della lince eurasiatica le ha permesso di espandersi a discapito della pardina, confinandola nella penisola iberica. Tuttavia, la contrazione del range geografico della lince pardina è probabilmente dovuta alla pressione umana. In Italia, ad esempio, un declino simile lo ha avuto in tempi recenti la lince eurasiatica, che a causa dell’impatto dell’essere umano è scomparsa nel 1850 dagli Appennini e nel 1920 dalle Alpi.
Le attuali popolazioni iberiche di lince pardina rappresentano quindi gli ultimi eredi di una linea evolutiva molto antica.
Foto in evidenza: Immagine originale di David A. Iurino
Commenti recenti