Premi Nobel chiedono a Joe Biden la sospensione dei brevetti sui vaccini
Premi Nobel ed ex leader mondiali hanno firmato una lettera aperta indirizzata a Joe Biden in cui viene richiesta la rinuncia dei brevetti sui vaccini anti Covid. Questa iniziativa potrebbe essere la chiave per aumentarne la produzione globale
“Gentile Presidente Biden,
Noi sottoscritti ex capi di Stato e di governo e premi Nobel siamo seriamente preoccupati per i progressi molto lenti nell’incremento dell’accesso globale al vaccino Covid-19 e dell’inoculazione nei Paesi a basso e medio reddito”.
Inizia così la lettera aperta firmata da più di 170 personalità tra premi Nobel ed ex capi di governo, indirizzata a Joe Biden, il Presidente degli Stati Uniti d’America. L’intento di questa iniziativa, partita dalla People’s Vaccine Alliance, di cui fanno parte anche Oxfam ed Emergency, sarebbe quello di voler sospendere i diritti di proprietà intellettuale sui vaccini anti Covid-19, detenuti dalle case farmaceutiche che li hanno sviluppati. Cosa comporterebbe questa rinuncia? Facilitare l’accesso globale al vaccino, senza lasciare alcun Paese indietro. Gli Stati Uniti potrebbero fare la netta differenza, dato anche il loro contributo nella scoperta e nella produzione dei vaccini Pzifer, in collaborazione con la BioNTech, e Moderna.
Prima, però, facciamo un passo indietro: cos’è un brevetto? Quali sono i limiti che impone?
Il brevetto è un titolo che permette all’autore di un’invenzione di poterla produrre, oltre che commercializzare, nello Stato in cui è stata fatta richiesta per ottenerlo. Il punto chiave, quindi, riguarda proprio l’esclusività che impedisce ad altri di poter replicare il prodotto. È possibile brevettare macchinari, dispositivi elettronici, ma anche procedimenti chimici e preparati biologici, come appunto i vaccini.
“C’è un’esplosione di attività di ricerca e studi clinici per trovare cure e vaccini”, si legge nella lettera. “L’unico modo per sradicare definitivamente la pandemia è di avere un vaccino che può essere somministrato a tutti gli abitanti del pianeta (…) che vivono in paesi ricchi o poveri (…). Governi, fondazioni, organizzazioni finanziarie internazionali come la Banca Mondiale e le banche di sviluppo regionali dovrebbero elaborare dettagli su come rendere i vaccini disponibili gratuitamente”.
Durante la sua campagna elettorale, Biden ha fatto della lotta alla pandemia un obiettivo centrale della sua presidenza, affermando anche che gli Stati Uniti condivideranno qualsiasi surplus di vaccini con altri Paesi, una volta che tutti i cittadini statunitensi saranno vaccinati. Lo scorso luglio, lo stesso Biden ha promesso ad Ady Barkan, attivista per l’assistenza sanitaria universale, che non avrebbe permesso che le leggi sulla proprietà intellettuale ostacolassero l’accesso mondiale ai vaccini contro il coronavirus: stando a quanto riporta il New York Times, Biden avrebbe detto a Barkan che “questa è l’unica cosa umana al mondo da fare”. Nonostante le ottime premesse, al momento, ha tuttavia fornito pochi dettagli su come l’America intende procedere.
Nel 1955, però, sempre negli Stati Uniti d’America, successe qualcosa fuori dall’ordinario che ebbe come protagonista Jonas Salk, il medico statunitense che scoprì il vaccino contro la poliomelite. La popolarità dello scienziato, che riuscì a contrastare la malattia infettiva che colpiva migliaia di bambini, cresceva sempre di più grazie a numerosi articoli dei giornali dell’epoca che, oltre a descriverlo come un vero e proprio eroe scientifico, sottolineavano un altro aspetto fondamentale: il suo spirito umanitario. Qualche giorno dopo l’annuncio riguardante l’efficacia al 90% del vaccino, Salk decise di non brevettarlo, lasciando libera la sua importante scoperta. In un’intervista televisiva, un giornalista gli chiese il perché di quella decisione. Salk, con un sorriso, rispose: “La gente, suppongo. Non c’è brevetto. Si può brevettare il sole?”. Secondo alcune stime, il medico avrebbe guadagnato circa sette miliardi di dollari.
Immagine in evidenza: Wikimedia commons
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