Una mostra che racconta l’invisibile: il Dna e la sua storia in esposizione a Roma
“Dna. Il grande libro della vita da Mendel alla genomica” raccontato attraverso un percorso narrativo ed emozionale al Palazzo delle Esposizioni di Roma
A 150 anni dalla pubblicazione delle leggi di Mendel, la storia dell’evoluzione del Dna viene esposta a Roma fino al 18 giugno in una mostra che ripercorre tutte le tappe della “molecola della vita”, ormai considerata un’icona della scienza moderna. L’allestimento propone un percorso espositivo che vuole far comprendere la struttura e la funzione del Dna, suddividendo in sette diverse sezioni argomenti storici e narrativi fino alle nuove frontiere della genomica.
Di Dna “ne sentiamo parlare ogni giorno come qualcosa di potente, ma non lo possiamo né vedere né toccare” scrive Telmo Pievani curatore della mostra. “Per raccontare e condividere questo sguardo molecolare che sta cambiando le nostre vite dobbiamo ingaggiare una pluralità di linguaggi espositivi”. E così tramite immagini, video, cartoon, exhibit interattivi e una vasta serie di reperti originali, si cammina lungo il percorso del Dna fino ad arrivare alle applicazioni pratiche di quelle discipline che influenzano la nostra vita e il nostro ambiente: terapie geniche su misura, clonazione, scene del crimine, ricostruzione del passato e genome editing.
Si racconta che il 28 febbraio 1953 il fisico britannico Francis Crick abbia esclamato: “Abbiamo trovato il segreto della vita!”. Crick e il suo collega biologo statunitense James Watson scoprirono la struttura a doppia elica del Dna e questo valse loro l’assegnazione del premio Nobel per la medicina nel 1962.
Nel visitare la mostra, di premi Nobel se ne incontrano diversi, nominati nei cartoon o immortalati nelle fotografie. Parliamo di Nobel per la medicina ovviamente, da Thomas Hunt Morgan a Barbara McClintock. Ma anche Erwin Schrödinger, premio Nobel per la fisica, e Frederick Sanger, due volte Nobel per la chimica per la determinazione della sequenza dell’insulina e per aver sviluppato le tecniche di sequenziamento del Dna. Non mancano anche i Nobel italiani: il microbiologo Salvatore Luria e il biologo e medico Renato Dulbecco, entrambi Nobel per la medicina rispettivamente nel 1969 e 1975.
Inoltre, all’interno della serie di conferenze che affiancano la mostra ogni giovedì alle ore 18.30 (qui il programma completo), si è svolto un incontro con Werner Arber, Nobel per la medicina nel 1978 per aver scoperto gli enzimi di restrizione.
Nel suo intervento “La genetica dei microrganismi ha rivelato le leggi naturali dell’evoluzione biologica”, Arber ha spiegato come l’evoluzione non sia esclusivamente di tipo verticale, ossia non si basa esclusivamente su geni trasmessi di generazione in generazione. Esiste anche un trasferimento genico orizzontale tra organismi che condividono lo stesso ambiente. Grazie al trasferimento orizzontale di Dna alcune funzioni che si sono evolute in un organismo possono passare direttamente a un altro in assenza di stadi evolutivi intermedi, spiegando ad esempio come fanno i batteri a evolvere rapidamente una resistenza agli antibiotici.
“È necessario comprendere l’importanza delle trasformazioni genetiche anche in campo alimentare”, ci spiega Arber a fine conferenza. “Se abbiamo la possibilità di utilizzare un riso con migliori proprietà nutrive perché non sfruttarlo?”. Anche il ruolo di chi comunica un certo tipo di notizie risulta di fondamentale importanza, perché non bisogna demonizzare il progresso: “Gli scienziati hanno il dovere di comunicare le loro scoperte anche per il ruolo sociale che esse rivestono e per l’impatto che la scienza e la tecnologia hanno su tutti noi. E tutti gli esseri umani intelligenti dovrebbero interessarsi alle scoperte scientifiche, perché migliorano la loro visione del mondo e perché hanno un risvolto immediato sull’istruzione e sulla formazione dei giovani”.
Immagine in evidenza: il bosco dei cromosomi, Palazzo delle Esposizioni
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