Il tatto torna con le staminali indotte
Nuovi passi avanti nel campo di ricerca sulle cellule staminali: crescono le speranze di riacquistare il “senso del tatto” per gli individui colpiti da paralisi
La possibilità per gli individui colpiti da paralisi di recuperare la sensazione tattile. È questa la sfida lanciata dal team del centro di ricerca di medicina rigenerativa della California University di Los Angeles. Il nuovo studio — guidato da Samantha Butler, professoressa associata di neurobiologia alla Ucla — è stato pubblicato sulla rivista Stem Cell Reports. Grandi protagoniste della ricerca, le cellule staminali indotte. Per la prima volta gli scienziati sono riusciti a indurre le staminali a diventare interneuroni sensoriali, cioè le cellule nervose responsabili del senso del tatto.
Facciamo un passo indietro. L’esistenza di cellule primitive non specializzate capaci di auto-rinnovarsi, differenziarsi e svilupparsi in qualsiasi tipo di cellula, tessuto e organo ha affascinato la letteratura scientifica. Già nel 1868 il biologo tedesco Ernst Haeckel fa riferimento alle cellule staminali per indicare la cellula uovo fecondata che dà vita a tutte le cellule dell’organismo. Successivamente, lo scienziato August Weismann denota le staminali come le progenitrici di una discendenza cellulare. Ma è negli ultimi anni che l’interesse per gli studi sulle cellule staminali è cresciuto enormemente.
Di grande rilevanza è stata la scoperta delle cellule staminali pluripotenti indotte (iPS) di Shinya Yamanaka. Scoperta che, tra l’altro, ha portato lo scienziato a vincere il premio Nobel per la medicina nel 2012. Il ricercatore, attivando i geni Oct-3/4, Sox2, c-Myc, Klf4, è riuscito a far regredire le cellule adulte allo stadio di pluripotenza: sostanzialmente, con la sua ricerca, Yamanaka ha mostrato che è possibile riprogrammare le cellule adulte già specializzate, farle diventare pluripotenti (cioè in grado di differenziarsi) e dare vita a cellule diverse. La possibilità di isolare cellule staminali adulte in vitro ha portato dei progressi nel campo della medicina rigenerativa: le cellule pluripotenti indotte sono utilizzate, per esempio, per sostituire e riparare tessuti o organi danneggiati con lo scopo di trovare efficaci applicazioni terapeutiche. Il grande potenziale di queste cellule eclettiche e versatili apre possibili prospettive future per la cura di malattie neurodegenerative come, tra le altre, il morbo di Alzheimer o il Parkinson. Proprio in questo quadro di grande ottimismo si aggiungono le ricerche relative al ripristino del senso del tatto.
Le sensazioni tattili sono indispensabili per connetterci al mondo circostante: grazie al tatto, infatti, il nostro corpo entra in relazione con persone e oggetti. Tutto dipende da un complesso sistema di segnali tra cellule nervose della pelle e cervello. Gli stimoli esterni vengono elaborati nella corteccia cerebrale somatosensoriale. È l’interpretazione dei segnali sensoriali da parte del cervello trasmesse dalle cellule nervose che permette la percezione della pressione, della temperatura e del dolore. Ma che succede senza il senso del tatto? Sicuramente, tale assenza limita la comunicazione con l’ambiente esterno. Questo accade, per esempio, in quei soggetti colpiti da paralisi, i quali non avendo il controllo del proprio corpo nello spazio non percepiscono il dolore e possono andare incontro a scottature e ferite. Inoltre, il tatto, la percezione del corpo, del movimento sono strettamente legati allo sviluppo motorio. Infatti, per svolgere le attività motorie (camminare, saltare, afferrare) è indispensabile la sensazione tattile per avere consapevolezza del proprio corpo e dello spazio che lo circonda. Finora le ricerche hanno dato rilevanza a trovare delle soluzioni mirate principalmente al riacquisto delle capacità motorie nei soggetti paralizzati, lo studio del team della California University sottolinea, invece, l’importanza del tatto e come questo sia collegato alle attività motorie. “Per camminare c’è bisogno di sentire”, spiega l’autrice del lavoro, “e percepire il proprio corpo nello spazio, le due cose vanno a braccetto”.
Nello specifico, la ricerca si focalizza sugli interneuroni sensoriali, le cellule nervose presenti nel midollo spinale, deputate al rilascio di informazioni dalla periferia del corpo al sistema nervoso centrale. È il sistema nervoso centrale che dà la possibilità di percepire il senso del tatto attraverso l’intermediazione degli interneuroni sensitivi. In questo processo fondamentale è stata la scoperta nell’embrione della gallina la proteina chiamata “bone morphogenic protein”, o Bmp. La ricerca fa un passo avanti e trasferisce tale scoperta in ambito umano. Come? Partendo proprio dalle cellule staminali pluripotenti indotte, ottenute riprogrammando le cellule adulte del paziente, vengono ricreate in laboratorio le cellule nervose del midollo spinale. Inserendo la proteina Bpm4, insieme ad altre molecole, i ricercatori sono riusciti a indurre le staminali a differenziarsi in due tipi diversi di interneuroni sensoriali: i cosiddetti DI1, utili per percepire il corpo nello spazio, e i DI3, in grado di riconoscere la pressione sul corpo. La ricerca, in sostanza, è riuscita a riconnettere gli interneuroni sensitivi al sistema nervoso centrale e di conseguenza riattivare le zone del cervello che comunicano con il mondo esterno. Auspicabilmente, lavori di questo tipo permetteranno, in futuro, di riattivare il senso del tatto attraverso le iPS ricavate da cellule dello stesso paziente, evitando così problemi di immunizzazione e rigetto.
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