atomi

Una generazione da Nobel

di Anna Cassanelli, 3K, Liceo Scientifico S. Cannizzaro

Questo saggio partecipa al concorso Hansel e Greta. Il vincitore verrà designato sulla base del numero di voti ricevuti e della valutazione da parte di una giuria di qualità. Le votazioni partiranno il 15 giugno 2020. Per votare cliccare su questo link, selezionare il tema desiderato e cliccare sul pulsante “vota” in fondo alla pagina.

È divertente come noi umani cerchiamo sempre un evento che possa servirci da spartiacque per dividere quel che era da quel che è. In storia abbiamo deciso che l’anno zero potesse essere una data più che adatta ad assolvere a tale compito, ma la nostra mania catalogatrice non si è certo fermata all’ambito di una sola disciplina, invadendo anzi tutte le materie, anche la fisica. Purtroppo quest’ultima mal si presta ad una divisione così netta, ogni nuova teoria trascina sulle sue spalle secoli di scoperte antecedenti, rendendo il compito arduo, a dir poco. Ma poi ci siamo riusciti, ricorrendo, però, a due eventi: la relatività generale e la meccanica quantistica. E, se mi permetterete questa piccola blasfemia, trovo la seconda più incredibile della prima, non tanto per la portata della scoperta, ma per la quantità di menti brillanti che ha coinvolto. A questo punto necessitiamo di una data esatta, ci vorrebbe una frase ad effetto del tipo: “a questo punto la questione è semplice“, ma di semplice qui c’è ben poco. Tuttavia mi piace pensare che tutto abbia avuto inizio nel 1913 a Manchester. 

La bozza di un articolo del giovane fisico olandese Niels Bohr, bozza che lo avrebbe portato sul palco del Nobel nel 1922, attendeva solo di essere letta dal maestro Rutherford, che mai si sarebbe immaginato che tra mille altri fogli polverosi (è così che immagino la scrivania del fisico inglese) potesse nascondersi un tale tesoro. Bohr, “semplicemente” (anche se, come detto prima, qui di semplice c’è ben poco) osservando dei risultati sperimentali, aveva notato che discordavano con la teoria preesistente.  Formulata una tesi, realizzò dei nuovi esperimenti e successivamente redasse uno di quei suoi articoli, frutto di un’impeccabile revisione linguistica.  Bohr proponeva un atomo nuovo che in tutta la sua contro intuitività sembrava essere corretto. E così si rivelò, dopo che fu leggermente rivisto da Albert Einstein (sì quello della relatività generale che poco prima mi sono permessa così irrispettosamente di ignorare, anche lui premio Nobel, ma nel 1921). I due nel 1920 cominciarono a parlare delle implicazioni di quell’articolo così innocentemente apocalittico, non tanto perché andasse contro ciò che era stato da tutti accettato come vero, ma perché tante faccende irrisolte trovavano una soluzione solo nell’incerto mondo del probabile, così lontano dalla solida terra che è la fisica. La loro discussione non rimase certo dominio di quelle due menti, ma si estese a macchia d’olio in Europa e in America, come un virus: silenzioso, invisibile e letale. La vittima? La fisica classica. 

Così come Bohr, numerosissimi fisici, avendo sperimentato e constatato che nulla tornava, modificarono, dimostrarono e in molti si pentirono. De Broglie, Heisenberg, Schrödinger, Dirac, Pauli, Born e tanti altri erano come bambini che vedevano il mondo per la prima volta e scoprivano cose che mai avrebbero voluto scoprire. Scoperchiarono il vaso di Pandora e liberarono non malattie o dolori, ma incertezza, probabilità, indeterminazione, casualità nell’ordinato mondo della fisica, regno del rigore, dell’ordine, della causalità e non tutti furono in grado di accettarlo (ci terrei a precisare che, come risarcimento per il trauma subito dopo scoperte di tale portata, furono tutti ricompensati con un Nobel tra il 1929 e il 1954). La grandezza delle loro teorie affiora nei dettagliati ricordi di Bohr scritti nel 1948 nei quali riporta, non senza una nota di autocompiacimento, la discussione che si tenne sulla natura della realtà, discussione dalla quale uscì vincitore. Ma a che prezzo? La fine di ciò che è per come lo intendiamo, nonché l’inizio di un meraviglioso effetto domino di scoperte e di Nobel che ancora si protrae e non sembra essere intenzionato a fermarsi.