Una partita a scacchi con il cancro
di Francesca Roviaro, 5A1, Liceo Scientifico Leonardo Da Vinci, Arzignano
Questo saggio partecipa al concorso Hansel e Greta. Il vincitore verrà designato sulla base del numero di voti ricevuti e della valutazione da parte di una giuria di qualità. Le votazioni partiranno il 15 giugno 2020. Per votare cliccare su questo link, selezionare il tema desiderato e cliccare sul pulsante “vota” in fondo alla pagina.
Negli ultimi decenni del secolo la comunità scientifica ha investito numerosi fondi e risorse nella ricerca contro il cancro che ha portato i suoi frutti e ha coronato diverse personalità con il Premio Nobel per la medicina.
Fra questi vi è sicuramente James Patrick Allison, uno dei primi che ha indagato sul funzionamento dei linfociti T, cellule che concorrono nella risposta immunitaria e proteggono il nostro organismo dall’attacco di enti patogeni. Allison scoprì che l’inibizione delle proteine CTLA-4, che si occupano dello spegnimento delle cellule T, potrebbe essere efficace per il trattamento del cancro, in quanto ciò riattiverebbe il funzionamento del sistema immunitario, permettendogli di sconfiggere le cellule malate o impazzite. Le CTLA-4 sono diventate i nuovi checkpoint della medicina, i pedoni che fanno spazio alla regina, l’immunoterapia, l’arma per combattere questo potente nemico sulla scacchiera della vita. Ciò ha permesso al ricercatore di vincere nel 2018 il Premio Nobel per la medicina.
Come Allison stesso spiega, “il tumore è una malattia del DNA causata da miriadi di mutazioni genetiche; le terapie a target in genere riescono a colpire un gene mutato ma il tumore trova subito una via di fuga, riesce a diventare resistente a quel farmaco e ad averla vinta.”1 Il Dna delle nostre cellule, infatti, deve prima di tutto essere danneggiato in modo tale da permettere alle cellule malate di riprodursi senza controllo. Inoltre, per assicurarsi che le mutazioni vengano trasmesse alle cellule figlie, devono essere compromessi i sistemi di riparazione del Dna, così come l’apoptosi, ovvero l’autodistruzione della cellula qualora questa presenti comportamenti anomali. Per progredire il tumore continua a trasformarsi, così da non dare il tempo alle cellule T di memorizzare l’intruso: ”Questa varietà aumenta le probabilità che nella massa che si sta sviluppando esistano elementi adatti a colonizzare l’ambiente”2, afferma il direttore dell’Unità di ricerca sui meccanismi di migrazione delle cellule tumorale all’IFOM di Milano, Giorgio Scita. “Il sistema immunitario è molto più smart di qualunque terapia a target; riconosce tutte le mutazioni attraverso i loro prodotti aberranti e le memorizza, pronto ad intervenire se dovessero ripresentarsi per un secondo round; il sistema immunitario è inoltre estremamente adattabile, ci sono milioni e milioni di cellule T circolanti, che si possono adattare spontaneamente ai cambiamenti del tumore”1. Proprio per questo motivo la metastasi impara a giocare a nascondino, ovvero si mimetizza per sfuggire al sistema immunitario e, se ci riesce, si stabilizza iniziando la sua avanzata: proprio come un plotone, si organizza in schieramenti per attaccare meglio il corpo umano.
Qual è dunque il contrattacco di Allison in questa guerra? Lo scacco matto al tumore, ovvero l’immunoterapia. Ad opporsi al cancro saranno i linfociti T stessi, in quanto la terapia consiste nel somministrare al malato oncologico cellule T geneticamente modificate, precedentemente prelevate dal paziente stesso, iniettandole nell’organismo. I nuovi linfociti, chiamati cellule CAR-T4, ottenuti con l’applicazione della biotecnologia, sono in grado di riconoscere le cellule anomale e distruggerle. A giudicare dai risultati ottenuti, i giudizi di medici e oncologi sembrano essere positivi. “Non è irrealistico pensare che in un futuro più lontano una grossa fetta dei tumori, anche fino al 50% potrà essere combattuta così”3 afferma Chiara Bonini, ematologa al San Raffaele di Milano, e ancora: “Onestamente, è la prima volta nella storia della medicina in cui si ottengono risposte di questo tipo in pazienti in cui il cancro è a uno stadio così avanzato”3, esordisce l’immunoterapista Stanley Riddell. In parallelo al progetto CAR-T, nel mirino dei medici vi sono gli organoidi4, ovvero dei minitumori in vitro, uguali a quelli dei pazienti, di cui si può osservare l’evoluzione.
Tali terapie, collegate alle scoperte di Allison, sebbene ancora in fase di sperimentazione, non sono certo da sottovalutare, così come non lo sono gli studi dei ricercatori, possibili candidati al Nobel. La medicina allarga le sue frontiere, facendo scendere in campo nuovi alleati: il cancro si è dimostrato un osso duro, dunque, come in una partita a scacchi bisogna osservarne e prevederne le mosse per sconfiggerlo.
[1] www.quotidianosanità.it Scienza e Farmaci, Nobel Lecture
[2] Focus 300, “Come ragiona un tumore”
[3] https://www.stoccolmaaroma.it/2016/immunoterapia-un-passo-avanti-nella-lotta-al-cancro/
[4] Focus 300, “Organoidi: una nuova arma” e “Nome in codice CAR-T”
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