Molestie sul lavoro: i precari sono i più a rischio
Rilevata la relazione tra precariato lavorativo e molestie sessuali grazie a uno studio coordinato dal Dipartimento di Psicologia di Sapienza
Gesti, ammiccamenti volgari, richieste esplicite o implicite di favori sessuali, palpeggiamenti. Sono solo alcuni esempi di molestie o attenzioni sessuali indesiderate che possono rendere l’ambiente di lavoro un vero incubo. Una piaga che sembra affliggere soprattutto coloro che vivono in una condizione lavorativa d’incertezza, con minori tutele contrattuali e maggiori rischi di ritorsioni: i lavoratori precari. A far emergere questo dato è una ricerca condotta da un team di studiosi internazionali, tra cui Antonio Chirumbolo e Claudio Barbaranelli del Dipartimento di Psicologia di Sapienza, pubblicata recentemente su Plos One.
Più precisamente, rispetto a coloro che hanno un lavoro stabile e sicuro, gli uomini con un impiego precario hanno il 39% in più di probabilità di ricevere attenzioni sessuali e il 58% in più di probabilità di subire molestie. Invece, tra le donne, le precarie rilevano il 28% in più di probabilità di ricevere attenzioni sessuali indesiderate e il 17% di probabilità in più di subire molestie. Lo studio è giunto a queste conclusioni dopo aver analizzato un campione dell’European working conditions survey di ben 63.966 lavoratori dipendenti, rappresentativo della popolazione europea di 33 paesi.
“Attraverso alcune domande del questionario abbiamo rilevato sia le molestie sessuali subite sul lavoro negli ultimi 12 mesi che le attenzioni sessuali indesiderate, più implicite e ambigue, subite durante l’ultimo mese”, precisa Antonio Chirumbolo del Dipartimento di Psicologia. “Si tratta di domande abbastanza soggettive in quanto uno stesso atto viene interpretato diversamente, come molestia o meno, in base alla persona e persino in base alla cultura. Per esempio, alcune forme di complimento o corteggiamento che nelle società latine tendono ad essere lette come espressione di galanteria, in quelle più anglosassone vengono immediatamente percepite come attenzioni indesiderate”.
Ma qual è l’identità dei lavoratori più esposti a questi rischi? Dai risultati si evince che sono i dipendenti che vivono in condizioni di maggiore insicurezza, con contratti di durata inferiore ad un anno, in part-time (ma non per scelta) e che percepiscono paghe minori. “Le molestie sessuali sono una forma di bullismo. Più si ha un lavoro insicuro, imprevedibile e con meno protezioni, più se ne subiscono”, commenta Chirumbolo. Inoltre, la maggioranza delle vittime sono giovani adulti, single, che lavorano perlopiù nel settore sanitario, nel commercio e nell’ambito turistico-alberghiero. Ma ci sono anche altri fattori che espongono maggiormente a questo tipo di prevaricazioni, per esempio, l’avere alle spalle un background migratorio. E in riferimento alle differenze di genere: “le donne subiscono più molestie in termini assoluti, ma in un contesto di lavoro precario l’uomo ha la stessa probabilità di subire molestie della donna”, precisa sempre il professore.
I possibili meccanismi alla base di questa relazione sono tre, secondo lo studio: il rischio di perdere il posto di lavoro, la difficoltà nell’accesso ai sistemi di denuncia formale delle aziende e l’anonimato. “Il lavoratore precario è sottoposto ad un ricatto costante: non sa se il suo contratto verrà rinnovato, quindi ha molte più esitazioni a denunciare le molestie subite”, conclude Chirumbolo. “Inoltre, essendo meno protetto da diritti e tutele, egli non solo ha paura di denunciare, ma probabilmente, non sa neanche come e se può farlo. Infine, basta guardare a rider, segretarie o operatori sociosanitari per rendersi conto di un altro aspetto che spesso accompagna il lavoro precario: l’anonimato. Questo porta a percepire come meno rischiosa l’attuazione di molestie sessuali da parte del profittatore”.
Credits immagine di copertina: Pixabay
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