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Lavinia Amorosi, ricercatrice Sapienza, vince YoungWomen4OR, per un mondo Stem sempre più femminile

Alle spalle ha una formazione in matematica e statistica, e sta proseguendo la sua carriera scientifica nell’ambito della ricerca operativa. Chi è Lavinia Amorosi, una delle vincitrici di YoungWomen4OR, e come non ha mai lasciato che qualcuno spegnesse la sua passione per la matematica

L’11 febbraio, la giornata internazionale delle donne e delle ragazze nella scienza, proclamata dalle Nazioni Unite e patrocinata dall’Unesco, si avvicina. Eppure, specie nelle scienze più “dure”, le cosiddette discipline Stem (come la matematica, la fisica e l’ingegneria), la presenza delle donne è ancora oggi limitata, fino a quasi scomparire quando si guarda ai vertici della carriera accademica. Per cercare di sanare questo divario di genere sono sorte numerose iniziative, il cui scopo è incentivare le donne a iniziare o perseguire la loro carriera nell’ambito delle discipline Stem: una di queste è YoungWomen4OR, dell’Associazione Europea delle Società di Ricerca Operativa. YoungWomen4OR ha lo scopo di introdurre nella comunità dell’associazione giovani donne emergenti che lavorano nell’ambito della ricerca operativa. Una delle vincitrici di quest’anno è Lavinia Amorosi, ricercatrice del dipartimento di Scienze Statistiche di Sapienza, che si è raccontata a Stoccolma a Roma.

Lavinia Amorosi, dal sito del Dipartimento di Scienze Statistiche di Sapienza

Dottoressa Amorosi, innanzitutto congratulazioni per la vittoria. Può spiegarci cosa è la ricerca operativa?

Si tratta di una branca della matematica per le applicazioni che utilizza metodi, modelli matematici e algoritmi per risolvere problemi decisionali complessi. Questo ambito di ricerca, sostanzialmente, si occupa della risoluzione di problemi, caratterizzati da una serie di vincoli, in cui si cerca di ottenere, in base a uno o più criteri, il meglio che si può, tenendo conto dei vincoli stessi e delle risorse limitate a disposizione. Sono tecniche e metodi che possono essere opportunamente utilizzati in ambiti diversi, e la materia stessa è interdisciplinare, perché attinge da varie discipline: statistica, programmazione matematica, scienza decisionale.

Di cosa si occupa nella sua attività di ricerca?

I problemi della ricerca operativa fanno parte degli ambiti più disparati: per esempio, io mi sono occupata sia di modelli per la pianificazione di attività manutentive dei treni ad alta velocità, che di modelli di ottimizzazione per la gestione di reti di telecomunicazione. Oppure, nel settore energetico, mi sono occupata di un modello di ottimizzazione per stabilire il modo in cui le batterie dovessero essere utilizzate per accumulare energia fotovoltaica all’interno di abitazioni residenziali, per rendere il più possibile il sistema efficiente e autonomo. Apprezzo questa disciplina e ne sono appassionata proprio per l’ampia possibilità di applicazione, mi piace scoprire quali possono essere i contesti più interessanti in cui questi strumenti si possono rivelare utili e si può dare un contributo.

Il suo ambito di ricerca affonda le basi nella matematica e nella statistica, discipline che fanno parte delle “scienze dure”, in cui la presenza femminile è piuttosto bassa. Che cosa ne pensa?

La presenza delle donne nelle discipline Stem è un tema molto interessante, su cui ho avuto la possibilità, insieme ad altre colleghe, di riflettere. Abbiamo pubblicato, infatti un articolo al riguardo: lo scopo, intervistando sei tra ricercatrici e professoresse nell’ambito della ricerca operativa di varie generazioni, era quello di indagare gli ostacoli ancora attuali nella progressione di una carriera accademica per una donna nella ricerca operativa. Nonostante l’eterogeneità di risposte, alla fine c’era una convergenza: la presenza di ostacoli effettivi nella progressione della carriera accademica, oltre che una percezione diffusa che la presenza femminile non fosse mai riconosciuta a pieno. Una ricercatrice affermava che le sarebbe piaciuto non essere più considerata “la ragazza carina che si occupa anche di…”. In più, abbiamo constatato che la perdita maggiore avviene proprio nei livelli alti della carriera accademica: se tra gli studenti di dottorato c’è equilibrio di genere, man mano che si va avanti nella carriera accademica si verifica una dispersione da parte delle donne, che non proseguono quanto gli uomini.

Oltre a questa tendenza, c’è qualcos’altro che avete rilevato in questo lavoro?

Una cosa molto interessante che è emersa è la maggior facilità con cui si creano collaborazioni tra donne, anche quando non sono collegate al ritorno della singola persona. Per esempio, con le colleghe abbiamo creato AIROYoung nel 2016, una sezione dedicata ai giovani ricercatori all’interno di AIRO, l’associazione italiana di ricerca operativa. Abbiamo dato vita a una serie di iniziative per promuovere la disciplina e per cercare di avvicinare chi è all’inizio della carriera. Si trattava di volontariato, anche perché la caratteristica principale di questa iniziativa risiedeva nella totale gratuità degli eventi, il che ha comportato un gran lavoro per reperire i fondi. Insomma, negli anni, il board che coordina questa iniziativa è sempre stato completamente al femminile. C’è questa tendenza più individualista da parte dei colleghi uomini, rispetto alle donne.

Nella sua esperienza ha potuto toccare con mano la presenza di ostacoli che impedissero il proseguimento della carriera accademica?

Personalmente, mi ritengo fortunata. Mi spiego meglio: mi è capitata qualche battuta oppure qualche espressione riconducibile a stereotipi di genere, ma riguardo le opportunità non ho trovato ostacoli di questo tipo. In più, il dipartimento in cui sono collocata, il Dipartimento di Scienze Statistiche, si colloca molto bene da questo punto di vista, c’è una presenza sostanziosa di donne. Questa tendenza è emersa anche dai numeri riportati dal dossier sulla parità di genere del Consiglio Universitario Nazionale: nel settore statistico, infatti, le discrepanze di genere sono molte di meno rispetto ad altri. Avendo il termine di paragone con matematica, ho notato delle differenze: la presenza femminile nella facoltà di matematica è molto minore, e in generale ho trovato, nella mia esperienza di studentessa, l’ambiente meno aperto.

Numerosi studi concordano sul fatto che il coinvolgimento delle donne nelle discipline STEM inizi fin da quando si è bambine. Qual è stata la sua esperienza?

La passione per la matematica mi ha accompagnato da sempre, e anche io confermo la tendenza di questi studi. Alle elementari, infatti, ho avuto una maestra di matematica che ricordo ancora, la maestra Maria, che è stata molto stimolante, e non ha mai espresso il pensiero che una bambina potesse essere meno portata per la matematica rispetto a un bambino. E infatti la mia passione per queste materie è iniziata proprio con lei e poi è proseguita, crescendo. Credo sia fondamentale partire dalle basi, dalla scuola primaria, nell’insegnamento delle discipline scientifiche con un approccio diverso: non esiste infatti alcuna differenza nello sviluppo delle competenze tra bambini e bambine, si tratta di influenze psicologiche. Se le attitudini delle bambine e dei bambini sono coltivate in un modo oppure in un altro, questo porterà a dei risultati differenti, anni dopo, quando la persona dovrà scegliere di cosa occuparsi nella vita.

Oltre alla ricerca, si occupa anche di didattica. Cosa consiglierebbe a una ragazza che ha la passione per questo tipo di materie e che vuole iniziare un percorso di studi simile al suo?

Sì, sono titolare anche di alcuni corsi nel settore della ricerca operativa ed è una parte che mi piace tantissimo del lavoro che faccio. Dal mio punto di vista, didattica e ricerca hanno pari importanza. Se una ragazza ha la passione per queste materie, deve seguirla senza influenze di qualsiasi tipo, che possono sussistere prima di scegliere il percorso di studi, ma anche dopo. Il consiglio è quello di non cedere: non farsi influenzare da quelli che sono tuttora i pregiudizi di cui spesso siamo circondati, di essere curiosi e di alimentare sempre questa curiosità, anche se – ed è successo veramente – dovesse venir detto “vieni solo se hai domande intelligenti”. Fortunatamente quel tipo di approccio non mi ha impedito di andare avanti e di seguire la mia passione.

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