Thomas R. Cech, il Nobel che ha rivoluzionato la genetica molecolare
Studi in biologia molecolare, docente di chimica, fino al progetto pionieristico sulla trascrizione genica: la storia di Thomas Cech, vincitore del Nobel per la chimica nel 1989. Come in un buon romanzo poliziesco, la scoperta dell’autosplicing: alcuni Rna in grado di catalizzare autonomamente, senza l’aiuto di enzimi
È il 1989: Thomas R. Cech, biochimico statunitense, riceve il premio Nobel per la chimica. Dopo anni e anni di ipotesi e ricerche arriva la sua scoperta pionieristica, che risponde a tutto ciò che gli studiosi dei primissimi stadi dell’evoluzione forse si chiedono da sempre: “Come hanno avuto origine i primi organismi viventi? Come hanno effettuato il processo di replicazione?”.
Thomas Cech nasce a Chicago nel 1947, ma cresce a Iowa City insieme ai suoi fratelli Richard e Barbara, alla madre, casalinga di origine ceca, e al padre, un medico appassionato di fisica. Quest’ultimo fattore è sicuramente determinante nella vita di Thomas che, fin da bambino, viene così introdotto nel mondo medico-scientifico. La sua curiosità si focalizza inizialmente su fossili e meteoriti, sulla loro origine, sul modo in cui si sono formati; e i primi ricordi da bambino riguardano proprio la loro raccolta e collezione, osservazione e studio: “Quando ero alla scuola media, bussavo alle porte dei professori di geologia all’Università dell’Iowa”, racconterà poi nella sua biografia, “chiedendo di vedere modelli di strutture cristalline, e di discutere di meteoriti e fossili”.
Nel 1966 si iscrive a un college privato di arti liberali, il “Grinnel College”, ove si dedicherà allo studio di Dante, Omero, Storia costituzionale; quattro anni dopo otterrà il Bachelor of Arts (titolo universitario rilasciato dai Paesi Anglosassoni). È proprio da studente del college che incontrò la sua futura moglie, Carol Lynn Martinson, una compagna proprio del laboratorio di chimica organica. Continua poi il suo percorso all’Università della California, a Berkeley, attratto dalla vita mondana della città, così diversa dalla sua Iowa City, ma soprattutto dall’eccellente dipartimento di chimica. Sarà qui che completerà il suo Ph.D., con l’aiuto del relatore di tesi John Hearst che, secondo lo stesso Thomas, aveva un incredibile “entusiasmo per la struttura e la funzione cromosomica, che si sono rivelate contagiose”. Nel 1975 intraprende la ricerca post-dottorato nel Massachusetts Institute of Technology, ebbe così l’opportunità di conoscere e lavorare con la rinomata genetista americana Mary Lou Pardue grazie alla quale è riuscito a rafforzare la conoscenza della biologia in laboratorio. All’Università del Colorado, nel 1978, ottiene il suo primo impiego proprio come docente di biochimica.
È qui che, insieme al suo gruppo, inizia a dedicarsi alla ricerca sul metodo di trascrizione, in particolare sullo splicing, ossia al processo tramite cui l’Rna appena trascritto subisce il taglio delle aree non codificanti di un gene (introni) e l’unione delle aree codificanti (esoni). Questo passaggio, fondamentale per la sintesi proteica necessita, a sua volta, dell’ausilio di numerosi fattori proteici per funzionare correttamente. Ma allora come si spiegherebbero l’origine della vita, l’evoluzione e la riproduzione degli esseri viventi?
Nel 1982, dopo anni di studi, ipotesi e prove, quasi come in un buon romanzo giallo-poliziesco, Thomas Cech, con il suo gruppo di investigatori, decide di pubblicare finalmente la sua scoperta: alcuni Rna possono avere attività catalitica, senza bisogno dell’ausilio di enzimi o proteine. Questo fenomeno viene ad oggi chiamato autosplicing. Le ricerche di Cech si sono rivelate di grande importanza per la genetica molecolare aprendo la via a nuove ipotesi sull’origine della vita: alcune molecole di Rna, dette riboenzimi, svolgono attività enzimatica, catalizzando o facilitando le reazioni chimiche intracellulari essenziali per la vita, probabilmente quelle da cui ebbero origine i primissimi organismi viventi.
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