Claudio Babiloni: navigando tra le onde del pensiero
L’evento divulgativo Science Experience ospita Claudio Babiloni, professore associato di fisiologia della Sapienza Università di Roma. La sua è una storia di incontri straordinari in luoghi ordinari che gli hanno permesso di studiare le onde cerebrali
Occhi chiusi, in silenzio. Siamo in riva al mare ed onde lente si infrangono sulla riva. Ma non è acqua, è il nostro cervello, un mare magnum di segreti che le neuroscienze cercano di navigare per comprendere chi siamo. Come ogni mare che si rispetti, il cervello genera delle onde, elettriche, misurabili, che rappresentano l’attività sincronizzata di aggregati di neuroni della corteccia cerebrale. Studiare queste onde è un modo per immergersi nei meccanismi fisiologici che sottostanno a numerose funzioni cognitive umane, come la coscienza, la vigilanza, la memoria o la pianificazione. Claudio Babiloni, professore associato di fisiologia di Sapienza Università di Roma, è tra i marinai che studiano le mente ascoltando le sue onde.
Babiloni è il responsabile scientifico di un gruppo di ricerca del dipartimento di fisiologia e farmacologia “V. Erspamer” che studia i sistemi cerebrali ascendenti attivanti e inattivanti, ovvero quei circuiti nervosi che, a seconda delle necessità, silenziano o danno voce alle diverse parti del cervello. L’azione di questi sistemi si riflette nella generazione di onde di potenziali elettrici (onde cerebrali) che, a seconda di alcune caratteristiche (topografia cerebrale, ampiezza, frequenza), vengono associate a differenti stati di attività nervosa.
Tra queste, il gruppo di Babiloni si è focalizzato sulla comprensione del ruolo del ritmo alfa, in soggetti sani e affetti da patologie neurodegenerative. Le onde alfa (di frequenza 8-12 Hz circa) hanno proprietà inibitorie; sono il ritmo cerebrale della veglia quieta: quando stiamo a occhi chiusi, in silenzio, dominano.
La generazione del ritmo alfa però non serve solo a “silenziare” i sistemi corticali che esplorano il mondo esterno durante uno stato di riposo. Ospite all’evento Science Experience, promosso dall’associazione FormaScienza in collaborazione con il comune di Roma, Babiloni ha raccontato delle sue prime scoperte: questo meccanismo di inibizione corticale è fondamentale per garantire un lavoro di squadra ottimale del cervello. Agli esordi della sua carriera, il gruppo di Babiloni ha dimostrato infatti che un segreto per le eccellenti prestazioni degli atleti professionisti è proprio la modulazione delle onde alfa. I soggetti, appartenenti all’élite di varie discipline sportive, mostravano una straordinaria “efficienza neurale”, ovvero erano in grado di silenziare in modo profondo e mirato le varie aree del cervello irrilevanti per eseguire la prestazione sperimentale richiesta. I risultati di questo lavoro furono un’opportunità unica per Babiloni e segnarono il suo percorso accademico, consentendogli l’accesso alla cattedra di fisiologia, prima all’università di Foggia (2007) e poi alla Sapienza (dal 2012), come professore associato.
Come questa opportunità sia arrivata però è dove la storia si fa interessante.
Il viaggio di Claudio Babiloni nel mondo della neurofisiologia inizia accanto a una stampante. Nato e cresciuto a Roma, si laurea in psicologia clinica nel 1987. La mente era già al centro dei suoi studi, tuttavia l’approccio sarebbe cambiato di lì a poco. Claudio, alla ricerca di un luogo dove poter stampare la tesi, viene invitato dal fratello Fabio ad approfittare della stampante, oggetto raro a quei tempi, dell’Istituto di Fisiologia Umana della Sapienza, dove lui era frequentatore scientifico. Lì, mentre aspetta che la tesi sia pronta, lo coglie di sorpresa Antonio Urbano, all’epoca direttore dell’Istituto. Urbano mostra interesse per questo “forestiero” e dà un’occhiata alla tesi. Quell’occhiata poi diventa una lettura che si trasforma a sua volta nella proposta di una collaborazione. Claudio lascia così la psicologia e inizia il suo percorso nella neurofisiologia delle funzioni superiori dell’uomo.
La collaborazione si interrompe quando Urbano va in pensione e Babiloni si ritrova senza mentore. “Eravamo giovani, non avevamo una posizione accademica significativa, eravamo in balia degli eventi e in questi casi i gruppi di ricerca possono essere disgregati e può diventare difficile continuare il proprio lavoro scientifico” ci spiega Babiloni.
Ma la storia si ripete e questa volta è un ascensore a essere teatro di un nuovo incontro straordinario. Lì, Fabrizio Eusebi, professore di fisiologia dell’Istituto, a capo di un brillante gruppo di ricerca, offre a Claudio un fondo economico per continuare i suoi studi, nonostante i loro percorsi scientifici non si fossero mai incrociati prima. “Quell’atto di generosità, del tutto inaspettato visto che non avevamo alcuna collaborazione in corso, mi ha permesso di ripartire” e, poco tempo dopo, grazie ad ulteriori finanziamenti da parte di Eusebi, Babiloni avvia il laboratorio di elettroencefalografia per lo studio dell’efficienza neurale degli atleti d’élite: il suo biglietto d’ingresso in accademia.
Qui gli studi sulle onde alfa continueranno fino a toccare l’altro capo della questione: che succede quando la modulazione del ritmo cerebrale è tutt’altro che efficiente? In studi più recenti il gruppo si è focalizzato sul ruolo delle onde alfa in stati patologici, dimostrando che il ritmo risulta alterato in alcune malattie neurodegenerative, come l’Alzheimer e il Parkinson. Questa alterazione riflette una marcata disfunzione nella regolazione del livello di vigilanza, disturbo di cui spesso i pazienti con Alzheimer o Parkison soffrono, ancor prima dei deficit di memoria.
Oggi il professor Babiloni presiede l’area di interesse in elettrofisiologia dell’Alzheimer’s Association, “Noi cerchiamo di spiegare alla comunità di scienziati e clinici che si occupano di questa malattia come le alterazioni elettroencefalografiche del ritmo alfa e i disturbi della vigilanza e della coscienza siano strettamente collegati e che queste disfunzioni hanno effetti molto negativi sulla qualità della vita dei pazienti, a prescindere dai deficit di memoria” conclude Babiloni, “Il nostro scopo è di promuovere l’utilizzo di marcatori elettroencefalografici come strumento di diagnosi precoce dei disturbi della vigilanza, da inserire nella valutazione clinica di queste patologie neurodegenerative, per le quali al momento invece questi aspetti non sono ancora considerati”.
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