Il premio Nobel Satoshi Ōmura sostiene l’efficacia dell’ivermectina nel ridurre la letalità del COVID-19
Lo studioso giapponese, Nobel per la medicina nel 2015 per la scoperta dell’ivermectina, sostiene che l’antiparassitario sia in grado di contrastare la letalità del coronavirus
Satoshi Ōmura, medico e biochimico giapponese, ha ricevuto il Nobel per la Medicina nel 2015 per aver scoperto che alcuni microrganismi sono in grado di produrre molecole utilizzabili per la produzione di alcuni farmaci, tra cui l’ivermectina.Satoshi individuò la molecola alla base di questo farmaco all’interno del batterio Streptomyces avermitilis, molto diffuso nel suolo. L’ivermectina è utilizzata generalmente, in particolare in ambito veterinario, come farmaco antiparassitario ad ampio spettro, sia sottoforma di compresse che di preparazioni cutanee.
I primi studi sulla possibile efficacia dell’antiparassitario in chiave antivirale contro il Covid risalgono all’inizio della pandemia. Alla fine del 2020, un gruppo di ricerca in India ha riassunto i risultati di quattro piccoli studi. Questa revisione ha mostrato un miglioramento statisticamente significativo della sopravvivenza tra i pazienti che hanno ricevuto ivermectina in aggiunta ad altri trattamenti. In particolare, il farmaco sembrerebbe in grado di agire nella regolazione delle reazioni infiammatorie dell’ospite, anche se gli studi in esame sono troppo piccoli per consentire di trarre conclusioni definitive.
Qualche mese dopo è stato lo stesso Omura a intervenire sulla questione, evidenziando, in uno studio pubblicato a marzo 2021, dei presunti benefici ottenuti con l’antiparassitario nel trattamento di Covid-19, sia in vivo che in vitro. Tuttavia, ad oggi non sono stati ancora ottenuti risultati di base in vitro che possano spiegarne ragionevolmente l’efficacia e il meccanismo d’azione. “Quando l’efficacia dell’ivermectina per la pandemia di COVID-19 sarà confermata con la cooperazione dei ricercatori di tutto il mondo e il suo uso clinico sarà realizzato su scala globale”, si legge nelle conclusioni dello studio di Omura,“esso potrebbe rivelarsi di grande beneficio per l’umanità”.
La storia non finisce qui: un altro articolo, pubblicato a giugno di quest’anno, presenta una nuova meta-analisi sull’efficacia dell’ivermectina contro il COVID-19, rilevando anche in questo caso che l’antiparassitario sembra ridurre il rischio di decesso rispetto al placebo e che, in particolare, il suo utilizzo all’inizio del decorso clinico sembra ridurre il numero dei casi di malattia grave. Anche in questo caso, si rileva che l’antiparassitario riduce il rischio di morte rispetto all’assenza dello stesso. In particolare, un utilizzo all’inizio del decorso clinico sembra ridurre il numero di casi di malattia grave. In ogni caso, sia il National Institutes of Health che l’European Medicines Agency ritengono che le prove raccolte finora dell’efficacia dell’ivermectina nel trattamento di Covid-19 siano ancora insufficienti per poterne giustificare l’utilizzo clinico.
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