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Comprendere le origini dell’agricoltura studiando il tartaro dei nostri antenati

L’analisi del tartaro di individui provenienti da siti archeologici italiani e balcanici ha permesso di confrontare le abitudini alimentari dei cacciatori-raccoglitori del Paleolitico e Mesolitico con quelle dei primi agricoltori del Neolitico e di delineare le tappe che hanno segnato la transizione verso l’agricoltura

Gli organismi che formano la flora batterica del cavo orale e residui di cibo possono rimanere intrappolati nel tartaro dentale, costituito per la maggior parte da concrezioni calcaree e da microrganismi, ed essere così conservati a lungo, addirittura per millenni. Proprio per questo, pur rimanendo un problema per la nostra salute orale, si è dimostrato un grande alleato nello studio della bioarcheologia, rappresentando uno strumento fondamentale per la ricerca sulle abitudini alimentari e lo stile di vita degli esseri umani dell’epoca preistorica. Grazie all’analisi del Dna antico conservato nel tartaro di individui provenienti da siti archeologici presenti in Italia e nei Balcani, un gruppo di scienziati impegnati in un progetto di ricerca coordinato da Sapienza è riuscito a ricostruire l’evoluzione del flora batterica orale di antichi cacciatori e raccoglitori del Paleolitico e del Mesolitico e dei primi gruppi di agricoltori che arrivarono dal Vicino Oriente durante il Neolitico, delineando così le tappe che hanno caratterizzato la transizione verso l’agricoltura in Europa meridionale. I risultati del loro lavoro sono stati pubblicati di recente sulla rivista Pnas.

Il Dna antico recuperato dal tartaro può essere utilizzato per studiare il microbioma orale degli antichi esseri umani, permettendo di fare ipotesi sulla dieta, sulla salute e sugli stili di vita del passato. Gli scienziati, coordinati da Emanuela Cristiani, ricercatrice del Dipartimento di Scienze odontostomatologiche e maxillo-facciali di Sapienza e responsabile scientifico del progetto Hidden Foods, sono stati così in grado di confrontare le abitudini alimentari degli esseri umani del Paleolitico e del Mesolitico con quelle dei primi agricoltori del Neolitico e di individuare una specie batterica del cavo orale la cui variabilità genetica permette di ripercorrere le migrazioni dei primi agricoltori. “Le analisi sui denti preistorici hanno evidenziato come l’arrivo dei primi agricoltori abbia modificato solo parzialmente la composizione della flora orale degli antichi cacciatori. Nonostante ciò, tale evento è stato registrato nel genoma umano e in quello di molte specie di animali che sono state portate dagli antichi agricoltori”, spiega Claudio Ottoni, paleogenetista e primo autore dell’articolo. “Attraverso lo studio della variabilità genetica e l’analisi filogeografica di una specie batterica che popola la cavità orale siamo riusciti a ricostruire il flusso migratorio dei primi agricoltori che, circa 8.500 anni fa, spostandosi dal Vicino Oriente, sono giunti nei Balcani e in Italia.

Il tartaro può aiutare a far luce anche su abitudini diverse da quelle alimentari: “Il nostro lavoro”, sottolinea Cristiani, “ha permesso di individuare, in due campioni di tartaro di antichi cacciatori rinvenuti nel sito di Vlasac, in Serbia, alcune tracce di Dna di piante tra cui betulla, nocciola e sambuco. Resti di queste specie vegetali sono stati rinvenuti anche nei contesti mesolitici nello stesso territorio e confermano il consumo di tali specie a scopo alimentare e/o tecnologico”. Già in passato i ricercatori erano riusciti a dimostrare l’abitudine di masticare resina di betulla per renderla adatta all’utilizzo come collante nella la fabbricazione di utensili, un’attività che potrebbe aver lasciato una traccia molecolare nel tartaro degli antichi cacciatori-raccoglitori.

I ricercatori hanno poi confrontato il microbioma orale dei campioni preistorici con le specie di microrganismi che vivono nel cavo orale degli esseri umani moderni trovando differenze significative che potrebbero essere dovute, almeno in parte, all’accumulo di forme di resistenza agli antibiotici nelle specie presenti nel cavo orale delle popolazioni odierne. Infatti, secondo Ottoni, “un cambiamento più profondo nella composizione della flora batterica del nostro cavo orale è avvenuto successivamente al Neolitico, come ha dimostrato il confronto con alcuni dataset di tartaro umano riferibili al diciottesimo e al diciannovesimo secolo fino a oggi. Nello specifico, i nostri risultati hanno evidenziato come l’attività funzionale della flora orale umana moderna sia mutata a seguito dell’uso massiccio di antibiotici a partire dagli anni ’40 del secolo scorso, un utilizzo che ha portato all’insorgenza di meccanismi di resistenza agli antibiotici precedentemente assenti nei campioni preistorici”.