Allearci ai virus

Allearci ai virus

I virus e la terapia genica come cura per l’atrofia muscolare spinale SMA. Il vettore virale adeno-associato (AAV9), reso innocuo – “attenuato” – utilizzato per raggiungere i motoneuroni e correggere il difetto genetico causa della malattia rara

di Marika Pane

L’atrofia muscolare spinale (SMA) è una malattia genetica neuromuscolare caratterizzata dalla degenerazione degli alfa-motoneuroni delle corna anteriori del midollo spinale con conseguente progressiva paralisi muscolare flaccida, a estensione prossimo-distale. Si tratta di una condizione geneticamente determinata, a trasmissione autosomica recessiva, di cui cioè, entrambi i genitori sono portatori sani. Storicamente definita come la prima causa genetica di mortalità infantile, la storia naturale della SMA è stata profondamente rivoluzionata dalla registrazione dei primi tre trattamenti efficaci. Questi ultimi non solo hanno aumentato le prospettive quoad vitam delle forme più gravi e quoad valetudinem dei pazienti in generale, ma consentono l’acquisizione di tappe di sviluppo motorio sovrapponibili a quelle dei soggetti non affetti, se il trattamento viene instaurato in fase pre-sintomatica. Gli enormi progressi delle terapie genetiche per la SMA hanno consentito, negli ultimi cinque anni, di assistere a una vera e propria rivoluzione copernicana che ha cambiato radicalmente la prospettiva dei pazienti affetti e delle loro famiglie. Onasemnogene Abeparvovec è una terapia genica in senso stretto, basata su un vettore virale, un virus adeno-associato con neurotropismo specifico, il sierotipo 9 (AAV-9) che contiene il cDNA di SMN1. Il vettore è a somministrazione sistemica (endovenosa) sebbene abbia un profilo di distribuzione ristretto ad alcuni organi, prevalentemente snc (sistema nervoso centrale), fegato e reni. Agisce fornendo una copia funzionante del gene SMN1 che codifica per la produzione della proteina SMN mancante. Questo gene “sano” viene trasportato nelle cellule neuronali attraverso un adenovirus modificato per renderlo innocuo, in gergo lo chiamiamo “attenuato”, che è incapace di replicarsi cioè di causare danni al ricevente, ma è in grado di far integrare il gene corretto nei cromosomi delle cellule. La terapia genica presenta allo stesso tempo il vantaggio e lo svantaggio della somministrazione unica e irripetibile: non è nota a oggi la durata dell’efficacia del trattamento però, in caso di necessità, non è possibile effettuare ri-somministrazione a causa dell’immunizzazione del paziente, indotta dalla prima somministrazione. La somministrazione avviene per via endovenosa, attraverso un’infusione di circa un’ora. Nelle 24 ore precedenti all’infusione, ai bambini viene somministrato prednisolone per via orale. Ciò continua anche per i due mesi successivi. Questa terapia genica determina una risposta immunitaria da parte dell’organismo del bambino e ciò può determinare aumento delle transaminasi, della troponina 1 e la riduzione della conta piastrinica, che richiede un monitoraggio settimanale di questi parametri attraverso analisi del sangue, così da identificare immediatamente eventuali eventi avversi che si manifestano come una forma di epatite. Nella nostra esperienza, aumentando i dosaggi di cortisone siamo riusciti a bloccare questa situazione. L’uso della terapia genica è a oggi prevalentemente limitato dal rapporto carica virale/peso corporeo del paziente, per cui l’indicazione prevalente è per le SMA I o per pazienti fino a 13,5 kg (secondo le indicazioni di AIFA, 21 kg secondo EMA). Inoltre, il 50% degli adulti presenta anticorpi neutralizzanti spontanei diretti contro l’AAV-9, per cui l’accessibilità alla terapia genica è legata all’assenza di immunità contro il vettore virale. I risultati di efficacia dei trattamenti hanno reso obsoleta la classificazione usuale della SMA – ndr vedi box SMA –, che potremmo definire SMA v1.0, essenzialmente perché i pazienti sottoposti a terapia presentano dei fenotipi con disabilità residua, che difficilmente possono essere inclusi nelle forme classiche I, II o III, ma piuttosto in nuovi fenotipi emergenti, ancora in corso di caratterizzazione. La SMA al tempo dei trattamenti potrebbe essere definita come v2.0, in cui alle famiglie, soprattutto nelle diagnosi di SMA I, non viene più prospettata una prognosi infausta, ma piuttosto alcune terapie efficaci che consentiranno nuove acquisizioni motorie per il bambino affetto. Vi sarà comunque un grado variabile di disabilità residua, legato all’assetto genetico dell’individuo, alle condizioni cliniche di partenza, alla tempestività del trattamento e ad altre variabili a oggi sconosciute. Quella che ci si sta prospettando addirittura è la SMA v3.0, quella dell’epoca dello screening neonatale universale, in cui avremo una diagnosi non più basata sulla gravità clinica, ma sulla presenza di un difetto genetico (l’assenza del gene SMN1), che verrà effettuata nei primi giorni di vita del neonato e che consentirà di stabilire modi e tempi più opportuni del trattamento. A oggi è noto che i bambini trattati in fase pre-sintomatica con un follow-up di 5 anni compiono le tappe dello sviluppo come i loro coetanei sani. La strada è stata appena tracciata è piena di aspettative, di speranze, ma anche di certezze per guardare alla SMA con una luce diversa.

Marika Pane, Neuropsichiatra Infantile presso il Dipartimento di Scienze della vita e sanità pubblica dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma

Per saperne di più:

le forme di atrofia muscolare

In base all’età in cui compare la malattia e a seconda della gravità dei sintomi, sono state descritte quattro varianti della atrofia muscolare spinale.

SMA di tipo 1 (SMA1): la forma più grave di SMA, viene prodotta pochissima proteina SMN. La patologia appare prima dei 6 mesi d’età, compromette l’acquisizione delle capacità motorie, la respirazione e la deglutizione. I bambini affetti, senza supporto respiratorio, non vivono oltre i 2 anni. 

SMA di tipo 2 (SMA2) e di tipo 3 (SMA3): il numero di copie del gene SMN2 è maggiore, viene prodotta una più alta quantità di SMN. Per questo motivo presentano varianti meno rigide della condizione. La SMA2 compare, indicativamente, tra i 6 e i 18 mesi, mentre la SMA3 emerge dopo i 12 mesi di vita (generalmente tra l’infanzia e l’adolescenza). 

SMA di tipo 4 (SMA4): appare in età adulta e rappresenta la forma meno grave di atrofia muscolare spinale.