Paul Berg: morto il premio Nobel pioniere dell’ingegneria genetica
Il 15 febbraio è morto Paul Berg, premio Nobel per la chimica nel 1980 per i suoi studi sul DNA ricombinante. Pioniere della moderna biotecnologia è stato anche attivo sostenitore della necessità di regolamentare la ricerca scientifica per garantire l’eticità delle sperimentazioni di manipolazione genetica e salvaguardare la salute pubblica e l’ambiente.
Lo scorso 17 febbraio la Stanford School of Medicine ha annunciato la scomparsa di Paul Berg, avvenuta due giorni prima. Lo scienziato statunitense nato nel 1926 ottenne il Nobel per la chimica nel 1980 per la sua ricerca sulla biochimica degli acidi nucleici e in particolare per i suoi studi sul Dna ricombinante. Berg fu tra i primi a riuscire a inserire un gene appartenente a un organismo estraneo all’interno di un Dna differente andando di fatto a modificare le informazioni genetiche in esso contenute.
Le potenzialità della tecnica del Dna ricombinante
La tecnica del Dna ricombinante è alla base di numerose ricerche in campo medico e biotecnologico. Ha permesso lo sviluppo di metodi per la diagnosi dell’infezione da Hiv, la produzione dell’insulina umana e dell’ormone della crescita ottenuti per via sintetica. Si possono trovare applicazioni anche nell’industria, nella produzione alimentare e in agricoltura. Ne sono esempi la realizzazione di coltivazioni resistenti agli erbicidi e agli insetti e la produzione del riso dorato, una varietà di questo cereale ricca in beta-carotene usata per introdurre vitamina A nella dieta di popolazioni povere che si nutrono quasi esclusivamente di riso e che non hanno accesso ad alimenti contenenti questo nutriente.
L’esperimento di Berg e i primi timori
Nel 1972 Berg pubblicò l’articolo che gli valse il Nobel. Nell’esperimento che gli permise di combinare Dna differenti, lo scienziato unì il Dna di SV40, un virus che può infettare scimmie e umani e indurre lo sviluppo di tumori nei soggetti colpiti, con tre geni del batterio Escherichia coli comunemente presente nell’intestino umano e con un piccolo filamento circolare di Dna composto da Escherichia virus Lambda, un virus in grado di infettare solamente il batterio dell’Escherichia coli.
Fin da subito ci si rese conto delle innumerevoli potenzialità di questa tecnica, ma allo stesso tempo la nuova scoperta portò con sé le prime incertezze. Iniziarono a diffondersi timori tra il pubblico, i rappresentanti politici e all’interno della comunità scientifica stessa. In molti cominciarono ad allarmarsi ritenendo che le nuove sperimentazioni potessero causare epidemie, dare origine a ceppi batterici antibiotico-resistenti, alterare l’evoluzione umana o arrivare addirittura a modificare irreparabilmente l’ambiente. Si raggiunse il culmine nel luglio del 1974 quando Berg e altri dieci scienziati firmarono una lettera nella quale invitavano i ricercatori a fermare gli esperimenti così da valutare i potenziali rischi legati all’applicazione delle tecniche di ingegneria genetica.
Scienziati in azione
Furono queste le premesse che nel febbraio del 1975 portarono gli scienziati a interrogarsi sui metodi e sulle finalità delle loro ricerche ad Asilomar, in California. Nella lettera, Berg e gli altri studiosi avevano infatti proposto l’organizzazione di una conferenza atta a valutare lo stato della nuova tecnologia e gli eventuali rischi associati. Presero parte alla discussione scienziati provenienti da tutto il mondo, avvocati, membri della stampa e funzionari governativi.
A pochi decenni dalla fine della seconda guerra mondiale, in una nazione ancora scossa dalle conseguenze catastrofiche provocate da un uso non regolamentato della ricerca scientifica, l’obiettivo di questo incontro senza precedenti era quello di elaborare delle linee guida che tracciassero le condizioni entro le quali la ricerca potesse procedere in sicurezza secondo determinati standard operativi ed etici.
I risultati che ne derivarono segnarono un evento eccezionale per la scienza e per il dibattito pubblico sulla ricerca. Gli studiosi stessi resero note le loro preoccupazioni e si assunsero la responsabilità della valutazione e della gestione dei possibili rischi, anche a costo di sacrificare i propri interessi di ricerca. Ciò contribuì a rafforzare la credibilità della scienza spegnendo sul nascere i timori che avrebbero potuto alimentare critiche e scetticismo nel pubblico. La combinazione perfetta di questi fattori creò un’occasione unica in cui si riuscì a trovare un compromesso tra opinione pubblica e scienza, facendo della conferenza di Asilomar qualcosa per cui Paul Berg debba essere ricordato e stimato al pari del riconoscimento ottenuto con il premio Nobel.
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