Fondazione Roma Sapienza
Valori della conoscenza, del sapere critico, del rispetto degli altri, della comunità, della solidarietà e promozione della ricerca. Questi alcuni degli obiettivi della Fondazione Roma Sapienza. Ma anche supporto ai giovani studenti della Sapienza attraverso borse di studio, di residenza e di tesi all’estero e supporto alla ricerca e a progetti che si svolgono nell’ateneo. Ne parliamo con Eugenio Gaudio, Presidente della Fondazione che ci racconta anche della sua esperienza da Rettore della Sapienza e di come riuscire a tenere unite tutte le anime culturali dell’ateneo.
Qual è la storia della Fondazione Roma Sapienza?
La Fondazione Roma Sapienza nasce nel 2007 dalla fusione di una serie di piccole fondazioni e lasciti che erano stati affidati alla Sapienza. Per motivi di economicità di gestione il Rettore Guarini decise di dar vita a una Fondazione Roma Sapienza senza fini di lucro e che destinava le sue risorse al raggiungimento degli scopi dei donatori.La Fondazione collabora con Sapienza con l’obiettivo di diffondere la conoscenza, promuovere e sviluppare la ricerca nei più importanti settori scientifici e infine favorire gli studenti meritevoli e disagiati nel loro percorso mediante l’istituzione di borse di studio. Inoltre, la Fondazione Roma Sapienza gestisce due importanti associazioni. La prima è Alumni che raccoglie laureati Sapienza e che oggi conta più di 14.000 iscritti. La seconda associazione è In unam sapientiam che conta oltre 400 iscritti e che raccoglie i professori in pensione, tra cui gli emeriti, che hanno voluto mantenere un legame con Sapienza. Siamo convinti che il vero patrimonio di un’università sia fatto dalle persone che hanno condiviso un percorso e che credono nello sviluppo della conoscenza. Ma soprattutto che Sapienza, la più grande università d’Europa, ha un patrimonio immateriale di laureati e docenti che meritano di essere messi a sistema.
Fra i laureati della Sapienza, infatti, c’è buona parte della classe dirigente del paese, dal Presidente della Repubblica a Presidenti del Consiglio e Ministri ma anche capi di grandi aziende come il governatore della Banca d’Italia e altri imprenditori di successo. Queste figure possono essere anche un punto di riferimento per i più giovani e testimoniano con il loro impegno lavorativo , sociale, civile ed etico quelli che sono i valori della Sapienza. Valori della conoscenza, del sapere critico, del rispetto degli altri, della comunità e della solidarietà che sono gli obiettivi della Sapienza che anche noi come Fondazione Roma Sapienza perseguiamo.
Un giovane come può applicare a queste fonti di finanziamento?
Per i giovani sono istituite una serie di borse di studio. Negli ultimi anni abbiamo arricchito i finanziamenti anche con borse di soggiorno. La Fondazione infatti offre la possibilità a studenti delle lauree triennali e magistrali di Sapienza selezionati per merito e per reddito di essere ospitati gratuitamente all’interno di residenze convenzionate con l’ateneo. Questa è una delle borse più significative perché cerchiamo di mettere in pratica quello che la nostra Costituzione prevede e cioè aiutare gli studenti a raggiungere i più alti gradi di istruzione, formazione e carriera. I nostri bandi sono differenziati. Per esempio, abbiamo bandi destinati alle migliori tesi di dottorato di ricerca, bandi residenziali e bandi per borse di tesi all’estero. Inoltre, la Fondazione assegna diversi premi, tra cui il premio Minerva dedicato alle migliori tesi di dottorato e il premio LOscrittoIO dedicato a saggi, opere di pittura o di fotografia su un tema che cambia ogni anno. A quest’ultimo possono partecipare, studenti, docenti e personale tecnico e amministrativo di Sapienza e devo dire che in questi anni abbiamo avuto opere veramente di qualità sia da un punto di vista letterario che da un punto di vista artistico. Le nostre attività di finanziamento e i bandi sono pubblicati tramite il sito di ateneo e tramite il sito della Fondazione. L’informazione viene data sempre a tutte le facoltà e a tutti i rappresentanti degli studenti in modo da avere il massimo di partecipazione possibile.
Quando uno non è più giovane c’è ancora possibilità con la Fondazione Roma Sapienza di essere aiutato nella sua ricerca?
Dipende dai finanziamenti che abbiamo. Perché oltre ai finanziamenti istituzionali, cioè i lasciti, riceviamo anche finanziamenti da enti esterni che sono invece più specifici. Ad esempio, lo scorso anno la Fondazione ha ricevuto un finanziamento da un’importante casa farmaceutica rivolto a ricerche sulla creazione di nuovi farmaci e sulla chimica farmaceutica. Quest’anno invece la Fondazione Roma Sapienza ha ricevuto un finanziamento dedicato all’ambito della meccatronica con il quale abbiamo attivato un bando per due borse di studio destinate agli studenti di ingegneria che si occupano appunto di meccatronica. Quindi i finanziamenti della Fondazione sono molto vari. Una parte è stabile e deriva dai fondi che sono gestiti dalla Fondazione e una parte è dinamica e deriva dai rapporti che ci sono con le realtà produttive del paese e che di volta in volta possono finanziare ricerche specifiche. La Fondazione utilizza i fondi che riceve in maniera rigorosamente finalizzata a quelli che sono gli scopi che prima ho ricordato e ovviamente senza fini di lucro.
Non si può dimenticare che lei è stato rettore della Sapienza. Come si riesce a tenere unite tutte le anime culturali della Sapienza?
Non è facile perché la vastità ha i suoi pregi e i suoi limiti. Quello che dicevo anche quando ho avuto il compito di guidare l’ateneo è che la sfida della Sapienza è di coniugare quantità e qualità. E devo dire che in Sapienza ci riusciamo. Infatti, da un lato abbiamo un
numero enorme di studenti, intorno ai 120 mila e siamo l’università più grande d’Europa, dall’altro questa ricchezza di persone e di talenti in diverse specializzazioni ci consente di fare cose che sono impossibili in altre università più piccole. Ad esempio, negli ultimi anni abbiamo fatto partire il corso di medicina High Technology. A milano, per lo stesso corso, si sono dovute mettere insieme due università una con medicina e l’altra con ingegneria. Alla Sapienza, invece, si è potuto fare all’interno dello stesso ateneo. Anche la formazione post laurea tra cui i master e i corsi di alta formazione che oggi sono sempre più interdisciplinari e che devono affrontare problemi aggrediti da numerose sfaccettature di punti di vista e di metodologie beneficiano di questa ricchezza. Inoltre, voglio ricordare che Sapienza ha anche le sue aree di eccellenza. Per esempio, gli studi classici. Sapienza negli ultimi sei anni è stata per cinque volte la prima al mondo per gli studi classici nei ranking internazionali. Ma Sapienza ha anche una scuola di fisica che proprio l’anno scorso ha avuto un altro premio Nobel con Giorgio Parisi oltre a quelli già avuti in passato con Marconi, Segre e Fermi. Quindi da un lato la tradizione classica e dall’altra la ricerca più avanzata. Questo vuol dire che in una grande università se si riescono a valorizzare i talenti dei giovani e anche dei meno giovani si riesce a coniugare la qualità con la quantità. Questo è anche l’obiettivo della Fondazione attraverso le sue due associazioni. Infatti, i laureati e i docenti che per motivi anagrafici e burocratici devono andare in pensione partecipando alle nostre associazioni mantengono un legame con il loro ateneo. Uno studioso non va mai in pensione fino a quando i neuroni continuano a funzionare e fin quando continua a pensare, a produrre idee e a dare consigli ai più giovani.
Cosa consiglierebbe ai rettori del futuro?
Chi arriva a fare il rettore non ha bisogno di consigli. Quindi io posso dare i portanti della mia esperienza. Il sistema italiano sotto-finanzia la cultura, la ricerca e l’innovazione. Spende molto in cose che interessano a una parte limitata della popolazione e poco per l’università. L’università italiana oggi, dopo lotte durate anni per incrementare lo stanziamento, costa al paese solo 8 miliardi di euro. Io penso che un paese che voglia crescere debba puntare seriamente sui giovani. Ora si parla della fuga dei cervelli. Il problema è che in Italia le posizioni sono poche. A seconda dei paesi con cui ci confrontiamo abbiamo la metà o addirittura 1/3 dei ricercatori per milioni di abitanti e stipendi che sono del 40-60% più bassi. Mi riferisco a Germania, Francia, Spagna e Inghilterra che sono i paesi in Europa più omologhi al nostro. Quindi se vogliamo investire al futuro dobbiamo puntare sul finanziamento della ricerca e sul mantenere i giovani validi e promettenti all’interno del paese. Il nostro paese può crescere perché ha un capitale umano di grande qualità sia nei più anziani che nei più giovani. Un valore aggiunto è che i ragazzi di oggi appartengono alla generazione Erasmus. Sono diventati europei perché hanno studiato nelle università fuori dal proprio paese e questo è qualcosa di bellissimo. È la rappresentazione dell’Europa fatta con la cultura e non fatta con le armi. Fatta con lo scambio culturale e non fatta con l’imposizione. Questo è proprio l’essenza dell’università. Ricordo che l’università nasce con i clerici vagantes (ndr. studenti girovaghi che avevano ordini ecclesiastici minori) che giravano l’Europa da una città all’altra a sentire quello che era il miglior docente dell’epoca e a confrontare le proprie tesi. Quindi se dovessi dare un dato esperienziale è di puntare molto sui giovani, sulla ricerca avanzata e sulla internazionalizzazione. Quando ci confrontiamo con gli altri siamo sempre portati a esprimere la parte migliore di noi e a cercare di migliorarci.
Siamo state al ciclo di seminari “Religioni, dialogo e sostenibilità” patrocinato dalla Fondazione Roma Sapienza. Alla luce del fatto che nel nostro paese c’è una interculturalità estrema e Sapienza ne è un esempio, secondo lei il dialogo interreligioso quanto è importante o è fonte di ispirazione in una società come quella della Sapienza?
Credo che sia fondamentale. Innanzitutto, ci spinge a occuparci di temi che nella quotidianità tendono a sfuggire. L’homo oeconomicus della nostra epoca mette spesso fra parentesi la spiritualità. Studiare e conoscere le varie religioni, al di là del credo, aiuta a porsi dei problemi e mostra che questi si possono inquadrare in tante maniere diverse. Il sapere critico è proprio il sale dell’università e della conoscenza. Quando ci si conosce, l’altro diventa un compagno di strada non più un nemico. La conoscenza ci rende forti e sicuri nei confronti degli altri. Se siamo sicuri e non abbiamo paura pratichiamo la solidarietà fra le persone nella bellezza
della differenza di ciascuno. Differenza di opinione, di credo e di valori. Questa consapevolezza ci dà quella sicurezza di poterci confrontare seriamente e con gli altri. Alla fine, il rispetto dell’altro, la non violenza e la conoscenza sono la base di tutte le religioni.
Come ha fatto medicina ad avere tre rettori Sapienza qual è il segreto di questo successo?
In realtà questa cosa è successa anche in altre università italiane. Negli anni, infatti, la percentuale di rettori che provengono dalle facoltà mediche è aumentata. C’è stato addirittura un periodo in cui il 40% dei rettori erano medici. Credo che questo sia dovuto al tipo di formazione che riceve un medico. Da un lato c’è una base scientifica solida. Dall’altro un medico deve sviluppare una capacità empatica tale da stabilire un rapporto di alleanza con una persona che non ha mai conosciuto e con cui parlare dei suoi problemi, talvolta più intimi e delicati. Un’altra caratteristica è che il medico deve analizzare i problemi in maniera scientifica e deve prendere delle decisioni operative molto rapide. Quindi credo che queste tre cose messe insieme, la capacità analitica scientifica, la capacità empatica e la necessità di prendere decisioni importanti in tempi stretti secondo me si attagliano bene a quello che è la necessità di un ateneo.
Eugenio Gaudio, medico, Professore Ordinario presso la Facoltà di Farmacia e Medicina della Sapienza Università di Roma, Presidente della Fondazione Roma Sapienza e Rettore di Sapienza Università di Roma dal 2014 al 2020
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