lei così amata
Melania Gaia Mazzucco, autrice, fra gli altri, dei romanzi Un giorno perfetto, La lunga attesa dell’angelo, Io sono con te e Vita, con cui ha vinto il Premio Strega nel 2003, ci racconta del suo percorso di scrittrice, ma anche di migrazione e del valore della libertà
le storie che racconto nei miei romanzi nascono sempre da qualcosa di vero, perché c’è qualche detrito della vita degli altri che mi accende l’immaginazione
Come è arrivata alla scrittura? E che ruolo ha avuto Sapienza nel suo percorso?
Scrivere è sempre stata la mia passione insieme alla lettura, e credo di aver cominciato a scrivere perché ho cominciato a leggere. Le due attività sono state simultanee nella mia vita fin da molto piccola quando intrattenevo i miei compagni raccontando loro storie. Per questo motivo nel mio percorso la parte relativa alla scrittura è stata piuttosto naturale. Invece, diventare una scrittrice professionista è stata un’avventura completamente diversa. Per quanto riguarda la mia formazione ho frequentato Sapienza in contemporanea con il Centro Sperimentale di Cinematografia. La mia strada di ricerca l’ho trovata più tardi perché sono una persona molto anarchica e anche se mi piace moltissimo fare ricerca non sono capace di regimentarmi in una struttura accademica, preferisco seguire le mie passioni e i miei interessi. Infatti, teoricamente io sarei una italianista e una contemporaneista, perché quando studiavo mi occupavo di letteratura dal dopoguerra al nuovo secolo, però il mio campo di ricerca è poi diventato quello della storia e della storia dell’arte. Ho scoperto che mi piaceva di più fare ricerca d’archivio, in qualche caso su scrittrici del Novecento, ma soprattutto sulle tracce lasciate da artiste vissute nel Cinquecento e nel Seicento, addirittura ho pubblicato un libro che è ambientato alla fine del Quattrocento. Quindi mi sono trovata fuori dalle strutture accademiche, tant’è che ho insegnato all’università solo saltuariamente, come ad esempio con alcuni corsi e seminari all’università di Siena e a quella di Venezia. In realtà ho anche insegnato al Politecnico di Zurigo dove ho avuto un’esperienza interessante perché, nonostante si tratti di un’università che forma su materie unicamente scientifiche, chiede ai suoi studenti di seguire almeno un corso umanistico nell’ambito del loro curriculum accademico. A questo proposito, hanno una cattedra di letteratura che assegnano ogni anno a scrittori di lingua italiana, francese e tedesca. Perciò il mio vero corso accademico l’ho fatto con studenti che sarebbero diventati ingegneri, ricercatori spaziali, costruttori di robot che non avevano mai affrontato la letteratura così come la facciamo noi. Devo dire che è stato molto bello per me e penso anche per loro, perché nella vita, secondo me, affacciarsi da un’altra parte è utile.
il romanzo inventa, ma l’invenzione, per me, deve sempre nascere da una verità
Ha sempre pensato di voler studiare letteratura?
Quando ero giovane il mio sogno, a livello di studi, non era di seguire un’università letteraria. Anzi, non ci pensavo proprio perché pensavo che la letteratura sarebbe stata la mia passione e che non dovessi studiarla. Mi sarebbe piaciuto studiare neurofisiologia o addirittura astrofisica, tant’è che ho seguito un corso di orientamento alla Normale di Pisa per i liceali e ricordo che i corsi di astrofisica e di neurofisiologia mi piacquero alla follia. All’epoca leggevo Popper e le questioni su cervello, memoria e mente e mi affascinavano enormemente. Poi, con molta umiltà, mi sono resa conto che non avevo gli strumenti per seguire quella strada e quindi è rimasto un interesse di lettura.
come possiamo essere donne e libere? “prima di tutto la libertà economica, perché senza quella non puoi costruire nessun’altra libertà interiore” un insegnamento che devo a mio padre stare attente alle scelte che si fanno, perché possono diventare delle catene che ti imprigionano
Lei parlava di fonti, di ricerca di archivio. Per noi scienziati la fonte è l’articolo scientifico. Che cos’è invece per lei?
Il lavoro sulle fonti in tutti i libri che ho scritto, che siano romanzi ambientati nel mondo contemporaneo o nel passato, è fondamentale. In alcuni casi lavoro sulle fonti orali, raccogliendo testimonianze e incrociando memorie, in altri faccio una ricerca documentaria, anche per poter confrontare come una storia viene elaborata nella memoria delle persone che l’hanno vissuta e viceversa. Ad esempio, quando ho scritto Vita, la storia di mio nonno che è emigrato in America all’inizio del Novecento, per anni ho raccolto le memorie di molte persone; in qualche caso erano i miei parenti, in altri erano le persone che sapevo che avevano fatto un viaggio con i miei nonni o che potevano avere un frammento di ricordo di questa storia. Poi, ho avviato una ricerca sul campo, consultando gli archivi della polizia statunitense e del Ministero degli Esteri dedicati alle liste dei passeggeri che intraprendevano questo lungo viaggio e documentandomi sulle modalità con cui ci si doveva procurare il passaporto. Anche se tutte queste cose apparentemente non c’entrano niente con il libro che si va a scrivere per costruire l’immaginario della mia storia queste tracce di realtà sono fondamentali. E questo sia in un racconto che diventa di invenzione come è stato Vita sia in un racconto che vuole essere la storia della vita di una persona, come ho fatto in Lei così amata e L’architettrice. Le storie che racconto nei miei romanzi nascono sempre da qualcosa di vero perché c’è qualche detrito della vita degli altri che mi accende l’immaginazione. Poi, il controllo delle fonti è fondamentale, a maggior ragione quando scrivi di qualcuno. Inizialmente, tendevo a fidarmi delle fonti che trovavo, poi ho capito che la notizia andava sempre verificata. Il romanzo inventa ma l’invenzione, per me, deve sempre nascere da una verità.
Quando scrive, chi prende il timone, la storia o il linguaggio?
Ho sempre scelto soluzioni diverse perché non penso che una che vada bene per una storia possa funzionare automaticamente per un’altra. Ad esempio, nelle mie ricerche su Tintoretto ho scelto di scrivere due libri differenziandoli per genere. Uno è un romanzo e l’altro una biografia scientifica, mi sembrava giusto fare così perché mi occupavo di un personaggio che era divenuto una leggenda. Quando ho scritto L’architettrice, invece, mi sono accorta che la sua storia andava creata: lei non c’era, era solo un nome di un’artista completamente perduta. E secondo me, affinché la sua figura di artista riuscisse a tornare nel panorama culturale italiano, c’era bisogno di trasformarla in un personaggio utilizzando la forma del romanzo. Ho condiviso le fonti pensando che una volta scritto e pubblicato il libro si sarebbe aperta una strada per lavorare sulla sua figura di artista, e in effetti è successo proprio così, considerato che è stato possibile organizzare una bellissima mostra pensata proprio perché si era creata nuova attenzione intorno al personaggio e le persone erano curiose di vedere le sue opere.
Lei sceglie strade anche diverse dal romanzo. Qual è il suo approccio quando lavora a una sceneggiatura?
Ad esempio, per il progetto di Tintoretto, dopo i libri e la mostra alle Scuderie del Quirinale nel 2012, l’idea è stata fare un documentario con Sky e con un giovane regista specializzato in musica. Lui per fortuna non aveva esperienza di documentari d’arte e quindi era libero di poter inventare una cosa completamente nuova. Mi sono trovata benissimo a lavorare con il regista Giuseppe Romano e con lo sceneggiatore Marco Panichella, e anche con Sky che ci ha appoggiato nel progetto e ci ha dato la libertà di raccontare l’arte con rigore scientifico ma anche con una freschezza nuova e rifuggendo dai cliché. Spero si potrà fare anche il film de L’architettrice.
l’emigrazione è sempre una storia di persone che rivendicano il diritto di un’altra vita e sono disposte ad affrontare qualunque calvario in nome di questo
Nel suo libro “Vita” ho letto tre parole che mi hanno molto colpita: viaggiare per sopravvivere. Cosa intende?
Vita l’ho scritto in un momento in cui mi sono resa conto, storicamente e politicamente, che l’Italia era diventata l’America degli altri. È un tema che conosco sia per la mia storia familiare sia perché con i miei amici del Centro Sperimentale avevamo realizzato alcuni documentari sui giovani migranti. Quello che mi era rimasto di queste esperienze con i ragazzi, ma anche dei racconti del nonno, era l’energia vitale che muove ad andare perché l’emigrazione è sempre una storia di persone che rivendicano il diritto di un’altra vita e sono disposte ad affrontare qualunque calvario in nome di questo. Ecco il messaggio che volevo emergesse in Vita. Mio nonno, infatti, non ce la fa e torna indietro, ma con la scoperta di una dignità della persona che non avrebbe mai avuto se fosse rimasto schiavo nel piccolo paese nel quale è sempre stato povero, condannato alla miseria e all’ignoranza. In occasione di un progetto fatto a Lampedusa un po’ di anni fa, ho raccolto le testimonianze dei ragazzi sopravvissuti a esperienze tremende, alcuni erano traumatizzati, altri feriti. Tuttavia, quello che si respirava nel momento dell’arrivo era la felicità. Per me questa sensazione di dire “ho sofferto l’inferno e adesso comincia un’altra vita” è la forza rivoluzionaria della migrazione.
il luogo in cui nasciamo segna una parte della vita. Però, credo sia più importante il luogo in cui scegliamo di andare rispetto a quello da cui proveniamo
Mi sembra di capire che nelle storie di migrazione c’è la spinta a migliorarsi ma anche che questa energia vitale deve trovare delle condizioni favorevoli esterne. Quanto dipende dal merito e quanto dalla sorte in questo percorso?
Il luogo in cui nasciamo segna una parte della vita. Però, credo sia più importante il luogo in cui scegliamo di andare rispetto a quello da cui proveniamo. La nostra storia la dobbiamo fare noi. Quindi non possiamo restare né prigionieri delle radici né obbligati a reciderle. Per esempio, nella storia dell’emigrazione italiana è importantissimo anche il ritorno perché ha cambiato la società italiana. Così come sta succedendo oggi in Albania, in Romania, in Marocco o in Tunisia. Molte persone partono per la necessità di trovare migliori condizioni di vita, ma non è detto che non si possa scegliere di tornare riportando con sé, nel proprio paese, ciò che si è imparato. Secondo me questo è merito. La vita non è solo destino, ma anche costruzione. Anche io mi sono mossa, ho lavorato a Parigi per un certo periodo di tempo e poi ho scelto di tornare. Sono convinta che le esperienze di vita altrove possano essere fatte in qualunque fase della vita.
Un aggettivo che accomuna tutte le sue protagoniste?
Più che un aggettivo le accomuna il desiderio di capire chi sono e quindi la ricerca della propria identità, della propria personalità e anche della propria indipendenza. Le mie protagoniste sono mosse dalla curiosità e a volte anche dalla ribellione. Tutte loro hanno fatto delle scelte radicali in tanti modi diversi perché non c’è mai un solo modo di essere libere.
le mie protagoniste sono accomunate dal desiderio di capire chi sono e sono mosse dalla curiosità e a volte anche dalla ribellione
Oggi come possiamo essere donne e libere?
Mio padre diceva sempre: “prima di tutto la libertà economica, perché senza quella non puoi costruire nessun’altra libertà interiore”. Questo insegnamento è stato il mio faro. Capita che molte donne non si siano potute separare dal marito perché non avevano un lavoro e quindi diventavano dipendenti anche della sua violenza, del suo disamore e dei suoi tradimenti. Per questo motivo mi sento di dire a tutte le ragazze di perseguire la propria indipendenza economica, perché è a partire da questa che si è libere di poter fare le proprie scelte, di amare la persona che vogliamo e di seguirla in capo al mondo, ma tenendo a mente che siamo sempre libere di andarcene. E, infine, di stare molto attente alle scelte, anche minime, che si fanno, perché alla fine possono diventare delle catene che ti imprigionano. Quindi, siate libere!
Melania Mazzucco, scrittrice italiana e vincitrice del Premio Strega nel 2003
Mattia La Torre, biologa e ricercatrice di tipo A presso il dipartimento di biologia e biotecnologie “Charles Darwin” della Sapienza università di Roma
Sofia Gaudioso, biologa e comunicatrice della scienza, Sapienza università di Roma
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