Benvenuti nel post-olocene
Se ancora fino a pochi mesi fa molti si domandavano quanto fosse grave il mutamento delle condizioni ambientali globali, intendendo con ciò la situazione del sistema Terra in senso lato, adesso possiamo rifarci a un quadro unitario dei differenti processi che sono in atto e del livello di rischio che hanno raggiunto. Quel che viene fuori è una prospettiva critica per il mantenimento di una situazione adatta alla sopravvivenza degli ecosistemi attuali e della stessa civiltà umana, in quanto gli scienziati che si sono occupati di tale analisi affermano che abbiamo oltrepassato (e in alcuni casi di molto) sei limiti planetari su nove. Ma che cosa comporta questo per tutti noi? Cosa sono i limiti planetari e che cosa vuol dire oltrepassarli?
Il 18 settembre 2023 è stato pubblicato su Science Advances un importante articolo scientifico riguardante la situazione del “sistema Terra”, intitolato Earth beyond six of nine planetary boundaries (https://www.science.org/doi/10.1126/sciadv.adh2458). Gli autori primari sono Katherine Richarson, Will Steffen e Johan Rockström, molto noti al pubblico degli studi ambientali per lavori di rilievo sul cambiamento climatico e per aver sviluppato insieme proprio il “quadro dei limiti planetari”, proposto per la prima volta da Rockström e Steffen già nel 2009. Tale proposta aveva ricevuto ampia accoglienza sia negli ambiti accademici che in quelli istituzionali che si occupano
di cambiamento climatico, ma non era stata aggiornata con un quadro integrato della situazione odierna riguardo ai processi primari di mutamento del sistema Terra. Nell’articolo recente di Richardson, Steffen e altri, per la prima volta, vengono quantificate e messe a sistema le condizioni in cui versano attualmente tutti i nove limiti planetari che permetterebbero di definire ancora l’epoca geologica in cui ci troviamo come “Olocene”, ossia il periodo interglaciale esteso da circa 11.000 anni in cui ha potuto svilupparsi la civiltà umana.
Tali limiti sono stati identificati dagli scienziati nel raffronto con la situazione preindustriale del pianeta e possono essere tenuti presenti come confine all’interno del quale le condizioni
ambientali in senso lato permettono lo sviluppo della vita umana per come è stato possibile finora. I processi che riguardano tali limiti sono stati pertanto così suddivisi in accordo al “quadro dei limiti planetari” di Rockström: integrità della biodiversità, cambiamento climatico, nuove realtà, distruzione dell’ozono stratosferico, carico di aerosol atmosferico, acidificazione degli oceani, flussi biogeochimici, cambiamento delle acque dolci, modifica del sistema agrario.
Viene identificato così, in base alla messa a sistema dei dati scientifici attualmente in possesso, uno “spazio operativo sicuro” (verde) all’interno del quale sarebbe ancora possibile mantenere la Terra in una condizione “interglaciale”, favorevole agli ecosistemi e alla vita umana che abbiamo conosciuto. L’insieme delle misurazioni che eccedono tale spazio operativo sicuro vengono proiettate algoritmicamente al di fuori di questo confine, identificato nella figura riportata sotto come un globo.
Il livello di maggiore o minore gravità dei processi è indicato tramite il diagramma del “tizzone ardente”, ampiamente utilizzato già dall’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC). Questo diagramma si presenta con varie gradazioni di rischio, dal bianco (basso) attraverso il giallo e il rosso (medio o crescente) fino al viola (alto). Come è possibile vedere ben sei limiti su nove vengono considerati oltrepassati, alcuni di molto in termini di proiezione algoritmica (e certamente accresciuti rispetto alle rilevazioni del 2009), in particolare la perdita di varietà genetica e le nuove realtà fisico-chimiche o tecnologiche che minacciano in vario modo il sistema Terra. Questo vuol dire che, in accordo agli autori dell’articolo, il pianeta si trova in una condizione che può essere correttamente definita “post-Olocene”, ossia fuori dal periodo interglaciale che ha determinato la nascita e lo sviluppo della civiltà umana. Questo passaggio, inoltre, viene chiaramente determinato come provocato dall’umanità, in quanto le forze naturali che da sempre modificano la condizione geologica e meteorologica della Terra (interne o esterne) avrebbero impiegato migliaia di anni per raggiungere tali o altri effetti (escluse circostanze catastrofiche improvvise ma accidentali).
Questo comporta in breve due cose. Da una parte la definizione di “Antropocene” al posto di Olocene sembra quanto più appropriata per l’epoca geologica attuale, dacché il sistema Terra è ormai modificato profondamente dall’azione dell’umanità nel suo complesso e su vari livelli. Dall’altra parte, pur all’interno di una significativa incertezza scientifica sulle tendenze di rischio, si prospetta la necessità per gli esseri umani di prepararsi a vivere nel prossimo futuro in una condizione del pianeta mai esperita in precedenza. Una situazione che, se non verranno mitigati con rapidità e nettezza i processi degenerativi già in atto, sarà quanto più estrema nel discostarsi dal “sereno” Olocene e anzi giungerà molto presto a superare anche i tre limiti che ancora resistono (acidificazione degli oceani innanzitutto). Per non parlare dei rischi estintivi legati ai processi già disposti su livelli estremi, dalla perdita di biodiversità (con la varietà genetica ormai ridotta al lumicino) fino alle nuove minacce, come quella di una guerra nucleare, che certo si ripresenta oggi con forza ma tristemente così nuova non è.
Sei dei nove limiti sono oltrepassati. Inoltre, l’acidificazione degli oceani si sta avvicinando al limite planetario. La zona verde è lo spazio operativo sicuro (sotto il confine). Dal giallo al rosso rappresenta la zona di rischio crescente. Il viola indica la zona ad alto rischio in cui le condizioni del sistema terrestre interglaciale vengono superate con elevata sicurezza. I valori per le variabili di controllo sono normalizzati in modo che l’origine rappresenti le condizioni medie dell’Olocene e il confine planetario (estremità inferiore della zona di rischio crescente, cerchio tratteggiato) si trovi allo stesso raggio per tutti i confini (ad eccezione dei cunei che rappresentano l’acqua verde e blu, vedere testo principale). Le lunghezze dei cunei sono scalate logaritmicamente. I bordi superiori dei cunei per le nuove realtà e la componente di diversità genetica dei limiti dell’integrità della biosfera sono sfumati perché l’estremità superiore della zona di rischio crescente non è stata ancora definita quantitativamente (nuove realtà) o perché il valore attuale è noto solo con grande incertezza (perdita di diversità genetica). Entrambi, tuttavia, sono ben al di fuori dello spazio operativo sicuro. La violazione di questi confini riflette uno sconvolgimento umano senza precedenti del sistema Terra, ma è associato a grandi incertezze scientifiche.
Matteo Pietropaoli, filosofo e ricercatore a tempo determinato di tipo A presso il dipartimento di filosofia della Sapienza Università di Roma
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