Il cielo alla Sapienza
La fauna nei cieli e sui prati dell’università
di Enrico Alleva
Inizia l’inverno, la città universitaria della Sapienza e le aree limitrofe si animano dei suoni della natura, in particolare del canto dei pettirossi e dei grilli, che arricchiscono l’atmosfera con un “tric trac” metallico. Di recente, i colombacci, con il loro elegante collare bianco, sono tornati a popolare l’area. I suoni della fauna non solo contribuiscono alla bellezza del paesaggio sonoro, ma giocano un ruolo essenziale per il benessere psicofisico, aiutando a ristabilire un equilibrio mentale necessario nella frenesia urbana
È il momento acustico dei pettirossi. E dei grilli. Due specie che in questi giorni — all’alba o di notte — allietano con i loro suoni metallici l’ambiente del nostro Ateneo e delle aree circostanti. Fin da quando i primi raggi di luce traforano l’oscurità, parte questo rumore cantilenante, un tac-tac sommesso, ma deciso, che è il richiamo di qualche pettirosso, specie che qui trascorre il periodo invernale. Tipico uccello migratore svernante a Roma. Questo suono metallico, che definire canto sembrerebbe quasi far torto alle splendide emissioni canore dei merli che allietano, assieme a gracidanti pappagalli i nostri cieli locali, in un coro in crescendo. Il pettirosso emette un suono cadenzato, quasi un sommesso mortaretto, un tric trac metallico che a molti sembrerà più un frinire di cicala che un gorgheggio di uccello. Ci segnala che l’inverno astrale si approssima.
“Il pettirosso emette un suono cadenzato, quasi un sommesso mortaretto, un tric trac metallico che a molti sembrerà più un frinire di cicala che un gorgheggio di uccello”
Ma la vera novità di questo ultimo biennio è il ritorno trionfale dei colombacci (Columba oenas), detti anche collaroni per il collare bianco-avorio che ne circonda il collo slanciato. Si distinguono dal comune colombo torraiolo di città per le dimensioni molto maggiori, il colore rossastro, il corpo a forma di fiasco. In Italia sono preda estremamente ambita. Chiamati anche “pigiun de ghianda” (di ghiande in effetti si nutrono) sono infatti considerati una prelibatezza, tanto arrosto quanto soprattutto col saporito e delicato ragù bianco che si ottiene a partire dal loro petto robustamente arcuato. Esclusi vegetariani e zoofili.
“Ma la vera novità di questo ultimo biennio è il ritorno trionfale dei colombacci (Columba oenas), detti anche collaroni per il collare bianco-avorio che ne circonda il collo slanciato”
I primi colombacci vennero scorti un lustro fa circa a Villa Torlonia, quando timidamente hanno colonizzato, posandosi anche a terra, quella parte del parco da cui il pubblico è da tempo escluso e dove dovrà essere edificato da tempo il Museo della Shoah. Nelle ore più tranquille, quando il pubblico si dirada, arrivano a “pedinare” anche attorno al centro anziani che affaccia su Via Spallanzani: forse l’andatura incerta e lenta delle persone più avanti in età li rassicura al punto da lasciarsi avvicinare — caso certificato di sottile complicità tra esseri emarginati dal mefitico caos metropolitano che tutti li circonda.
Qualcuno comparve svolazzante lì attorno, in particolare sul culmine dei palazzi di Via Antonio Nibby, adiacente a Villa Torlonia: ma una accertata, gloriosa nidificazione si è verificata già da un paio di anni sul folto albero che, nel cortile di Odontoiatria, fronteggia il bar Delle Palme. Quasi a scegliere di deporre le uova proprio accanto al “nido” dove è ubicato da sempre l’ufficio della Rettrice Antonella Polimeni. Lì attorno si vedono svolazzare, sempre con quelle abitudini furtive che ne certificano la strutturale differenza dai comuni colombi di città o dalle più curiose cornacchie, dalle quali non si lasciano mai avvicinare troppo. Una coppia a volte, soprattutto al mattino presto, si poggia sulla scritta In puero homo, che suggella e celebra latinamente la presenza dell’edificio di Pediatria nel campus del Policlinico. Rossastri, grassocci, col collarone che biancheggia, osservano curiosi e sornioni il traffico di auto che si comincia ad addensare su Viale Regina Elena, soffermandosi sulle affrettate sagome di medici e infermieri che si recano diligenti in corsia.
Un panorama di benessere acustico
I suoni animali, quelli degli uccelli canori in primis, oggi rappresentano motivo di importante riflessione biomedica e socio-sanitaria, soprattutto per i loro riflessi sul benessere psicofisico e dunque sull’equilibrio mentale umano. La mente umana si è evoluta (secondo parecchi etologi e qualche antropologo fisico è rimasta molto simile a sé stessa nell’ultimo milione di anni) per essere immersa in un insieme determinato di colori, odori, e suoni: se noi glieli sottraiamo ne conseguirà uno stato di malessere. Se insomma sostituiamo i suoni naturali con innaturali scricchiolii, fragori, sirene e martellamenti, il danno all’equilibrio psicofisico nostro diverrà manifesto.
“I suoni animali, quelli degli uccelli canori in primis, oggi rappresentano motivo di importante riflessione biomedica e socio-sanitaria, soprattutto per i loro riflessi sul benessere psicofisico e dunque sull’equilibrio mentale umano”
Il concetto che sta emergendo riguarda il cosiddetto soundscape (panorama sonoro) che è una necessità “biologica” del cervello e delle finestre sensoriali dell’Homo sapiens. Se sottraiamo la vasta gamma di suoni che la mente umana è preparata a ricevere, (violando il “saggio principio” della preparedness biologica darwiniana) il nostro equilibrio mentale ne potrebbe risultare influenzato: per esempio abbassando il nostro livello di resilienza a quelli che sono quegli accadimenti della vita che possono perturbare il nostro tono dell’umore, facendoci precipitare in stati di rabbia o depressione, quelli che purtroppo affliggono oggi soprattutto i giovani studenti.
Enrico Alleva, etologo, fondatore e direttore del Centro SCIC presso l’Istituto Superiore di Sanità, ha guidato il Reparto di Neuroscienze comportamentali dal 1990 al 2016, collaborando con Rita Levi Montalcini sullo studio del Nerve Growth Factor. Socio Linceo nazionale e Fondazione Bioparco Roma, è membro delle principali accademie italiane, parte del Consiglio scientifico della Treccani e del Consiglio Superiore di Sanità.
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