Charme
Un percorso di dottorato alla Sapienza studiando le malattie cardiache
intervista a Giulia Bonaiuto
di Sofia Gaudioso
Giulia Buonaiuto ci racconta del suo dottorato di ricerca in Sapienza presso il laboratorio della Professoressa Monica Ballarino, della sua ricerca su charme, un RNA non codificante che potrebbe avere sviluppi terapeutici importanti nell’ambito delle malattie cardiache, ma anche dei vantaggi di Sapienza come sede di dottorato
Qual è stato il percorso che l’ha portata alla Sapienza?
Ero la tipica studentessa che al liceo andava molto bene. Mi dicevano che avrei dovuto fare medicina all’università perché mi piaceva la scienza, la ricerca e l’ambito sanitario, ma detto molto onestamente non ho mai sopportato la vista del sangue. Nonostante questo ostacolo al liceo ho deciso di seguire un corso di preparazione per i test di medicina, e lì, soprattutto grazie a una professoressa molto brava, mi sono innamorata del corso di biologia. Quindi ho deciso di iscrivermi alla laurea triennale di Scienze biologiche della Sapienza. La scelta è stata giusta, ho amato molto il corso e ho trovato gli esami tutti molto interessanti, tanto che ho proseguito con la magistrale in Biologia molecolare. La tesi magistrale l’ho svolta nel laboratorio della Professoressa Monica Ballarino e le esperienze pratiche mi hanno fatto capire che la vita di laboratorio era quello che mi piaceva fare e i progetti che avevo iniziato, a quali mi ero legata e che avrei voluto portare alla migliore conclusione, mi hanno convinto a continuare con un dottorato di ricerca nello stesso laboratorio.
È soddisfatta?
Sono molto contenta di aver fatto il dottorato qui. Sono stati tre anni che mi hanno insegnato davvero tanto. Questo nonostante l’inizio sia stato complicato, perché ho iniziato il dottorato durante la pandemia da Covid.
“il punto forte del dottorato alla Sapienza è che ci viene data la possibilità di interagire con gli speaker e di presentare loro la nostra ricerca. Questo scambio ci permette di ricevere consigli sia a livello scientifico che a livello di possibilità lavorative”
Quali sono gli aspetti positivi del dottorato alla Sapienza?
Secondo me un punto forte è che viene data la possibilità ai dottorandi di partecipare a moltissimi seminari con argomenti diversi che permettono di apprendere tante cose nuove e acquisire una visione più ampia della scienza. Ma il punto più importante è che ci viene data la possibilità di interagire con gli speaker e di presentare loro la nostra ricerca. Questo scambio ci permette di ricevere consigli davvero molto utili sia a livello scientifico che a livello di possibilità lavorative. È capitato che i dottorandi abbiano continuato il loro percorso di ricerca in un laboratorio di uno degli speaker conosciuti durante i seminari.
è capitato che i dottorandi abbiano continuato il loro percorso di ricerca in un laboratorio di uno degli speaker conosciuti durante i seminari
Le difficoltà?
Credo che in generale il dottorato richieda tanto lavoro anche a livello psicologico. È un percorso molto stancante. La cosa che ho trovato più difficile è stata organizzare la mia vita al di là del laboratorio, perché gli orari non sono fissi e sono molto diversi da quelli dei tuoi amici e familiari, e poi può sempre succedere qualcosa che ti cambia la giornata.
Ci descriverebbe una sua giornata tipo?
I primi anni di dottorato mi trovavo al bancone a fare esperimenti. Di solito, la prima parte della mia giornata era dedicata alle cellule: prima preparavo gli esperimenti e poi nel pomeriggio mi occupavo di una parte da bancone – pcr, real time, western blot. Gli ultimi mesi del mio dottorato, invece, mi sono focalizzata molto sulla parte di scrittura di articoli e abstract o di progetti per applicare a fondi. Devo dire che l’ultimo periodo è stato molto utile. Per quanto riguarda gli orari, le giornate in laboratorio sono imprevedibili, c’è sempre qualcosa che va storto o che rallenta i piani. Fare programmi è quasi impossibile. Però quando alla fine si riesce a ottenere qualcosa è davvero entusiasmante.
“mi sto occupando di caratterizzare la funzione dell’RNA charme nell’essere umano. Il nostro obiettivo finale è di poter utilizzare questo RNA a scopo terapeutico, perché grazie alla sua specificità per i cardiomiociti diminuirebbe il rischio di effetti collaterali in altre parti del corpo”
Ci può parlare dell’ultimo articolo a primo nome pubblicato?
Nel laboratorio in cui lavoro ci occupiamo principalmente di RNA non codificanti, ossia quelli che non portano alla produzione di una proteina ma svolgono la propria funzione come RNA. Quando sono entrata nel laboratorio erano riusciti a identificare una serie di RNA non codificanti e quindi avevano questa lista di candidati completamente nuovi da analizzare. Per questo ho partecipato alla caratterizzazione di alcuni di questi RNA long non coding e durante il dottorato mi sono focalizzata su uno chiamato charme, che è interessante perché è coinvolto non solo nella formazione del muscolo scheletrico ma anche nel muscolo cardiaco. Questo mi ha portato a incentrare la mia ricerca in ambito cardiaco, che nonostante sia molto complesso è anche molto importante perché le malattie cardiache sono molto diffuse nella popolazione. In particolare, ho studiato il ruolo di charme nello sviluppo cardiaco tramite l’utilizzo di un modello murino, un topo, in cui siamo riusciti a eliminare la produzione di questo RNA. In questo modo abbiamo potuto caratterizzare cosa succede al cuore quando è assente charme. Abbiamo visto che in sua assenza si ha un rimodellamento importante del muscolo cardiaco, i cuori hanno pareti più spesse e le camere, soprattutto i ventricoli, sono molto ridotte. Siamo riusciti anche a perfezionare un protocollo che ci permette di estrarre cellule vitali dal cuore che poi possono essere sottoposte a una serie di tecniche molecolari per caratterizzare, per esempio, interazione tra proteine o RNA e da cui è nato un paper metoldologico che abbiamo pubblicato. L’RNA charme è presente anche in uomo e per questo motivo adesso mi sto occupando di caratterizzare la sua funzione nell’essere umano: ad esempio, l’espressione di questo RNA è alterata in molti in pazienti affetti da cardiomiopatie. Il nostro obiettivo finale è di poter utilizzare questo RNA a scopo terapeutico, perché grazie alla sua specificità per i cardiomiociti diminuirebbe il rischio di effetti collaterali in altre parti cel corpo. Ovviamente questo è quello che ci aspettiamo, ma vediamo come evolverà la ricerca.
Come vi siete suddivisi il lavoro nel laboratorio?
Nel paper Preparation of cardiac extracts from embryonal hearts to capture RNA–protein interactions by CLIP sono co-prima autrice insieme a Valeria Taliani. Lei si è occupata della parte fenotipica e di individuare l’effetto della mancanza dell’RNA che stavamo studiando sui cuori. Io mi sono occupata della caratterizzazione molecolare e quindi di identificare il meccanismo tramite cui questa molecola può agire nel cuore. In questo caso è stato naturale dividersi in questo modo perché avevamo due linee complementari. Nel caso del progetto che sto seguendo adesso, che è quello in uomo, è un po’ più complicato e quindi fino ad oggi l’ho seguito principalmente io e solo da poco abbiamo introdotto altre persone, perché ne avevamo bisogno. Gli scambi tra le diverse persone del laboratorio sono fondamentali, soprattutto all’inizio, perché puoi ricevere tantissimi consigli. Cerchiamo infatti di fare almeno una riunione a settimana.
“a chi vuole intraprendere la strada del dottorato dico di farlo se ha voglia e passione con la consapevolezza che è un percorso complicato. Fa crescere tantissimo”
Che consiglio darebbe a uno studente che vuole iniziare un dottorato?
Di intraprendere questa strada se ha voglia e passione perché fa crescere tantissimo, soprattutto in Italia dove per via dei pochi fondi alla ricerca si viene formati nell’ottica di evitare gli sprechi distinguendo le cose importanti da quelle superflue. Ovviamente con la consapevolezza che è un percorso complicato e che per tre anni bisogna essere concentrati sul proprio progetto. Ci saranno periodi in cui sembrerà di stare solo in laboratorio, di non vedere la luce del sole, però ne vale la pena.
Come si immagina il futuro?
Durante il dottorato mi ha affascinato molto il tema della rigenerazione cardiaca. Quindi vorrei proseguire su questa linea di ricerca. Mi piacerebbe andare all’estero per una mia crescita personale. Tutto il mio percorso accademico l’ho fatto qua, ne sono molto contenta ma sono anche consapevole che non posso rimanere sempre nello stesso laboratorio e che devo vedere cosa c’è fuori. Andare all’estero permette di uscire dal contesto italiano anche dal punto di vista linguistico, sebbene nel dottorato alla Sapienza si utilizzi molto l’inglese.
Giulia Buonaiuto, dottorata in Genetica e Biologia Molecolare presso il Dipartimento “Charles Darwin” della Sapienza Università di Roma
Sofia Gaudioso, comunicatrice della Scienza
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