Correre sull’acqua stando sulla Luna
“Gli uomini possono correre su uno specchio d’acqua quando si trovano sulla Luna o su Marte”. Sembra una favola, invece no, è la scoperta italiana per la fisica che nel 2013 ha vinto il premio Ig Nobel
Dal 1991, il premio Ig Nobel viene assegnato ogni anno a dieci ricercatori per scoperte scientifiche che «prima fanno ridere, poi fanno pensare» durante una cerimonia al “Sanders Theatre”, Harvard University, Stati Uniti. L’ultimo è stato conferito a Alberto Enrico Minetti dell’Istituto di Fisiologia Umana dell’Università di Milano e al suo team.
Professor Minetti, può dirci come le è venuta l’idea?
Studio da sempre la locomozione sia umana sia animale, finché un giorno mi sono reso conto che si parlava sempre più spesso della scoperta dell’acqua sulla Luna e sugli altri pianeti. Così ho pensato di verificare scientificamente, dal punto di vista teorico e poi pratico, se fosse possibile per l’uomo correre sull’acqua in condizioni gravitazionali diverse da quelle a cui siamo abituati (si sapeva che camminare sull’acqua sarebbe stato impossibile).
Come si realizza un esperimento sulla deambulazione lunare?
Abbiamo messo un’imbracatura a un volontario, con un cavo che lo tira verso l’alto grazie a un motore: la trazione è computerizzata per compensare l’andatura e l’inerzia, ossia la trazione dei cavi tiene conto dell’alzarsi e abbassarsi della baricentro corporeo mantenendo la stessa simulazione di gravità in tutte le fasi locomotorie. L’imbracatura solleva l’uomo in modo da eliminare fino all’84% del peso, rendendolo ‘leggero’ come sulla Luna. Ai piedi il volontario indossa delle pinne, anche se piuttosto piccole, in modo che aumentino la superficie del piede di circa 1,5-2 volte. Posizionato sopra una piccola piscina gonfiabile riempita d’acqua, il compito era di tenersi ‘a galla’ almeno per 10 secondi muovendo le gambe, come se stesse pedalando, in modo forsennato.
Per avere un’idea si può pensare al passo del basilisco (Basiliscus sp.) quella lucertolina che corre sulla superficie dell’acqua chiamato anche “Jesus lizard” nei paesi anglofoni. Il movimento del basilisco è molto veloce, tanto da ignorare la resistenza dell’acqua, infatti quando corre su di essa non si bagna nemmeno il dorso della zampa risparmiando così una parte dell’energia di frizione con l’acqua.
Però il basilisco è piccolo piccolo…
Sì, invece l’uomo può sopportare una tale attività aerobica intensa al massimo per 20 secondi, nonostante le velocità inferiori, proprio perché la massa corporea (e il peso, in questo caso) è molto maggiore.
Ma come avete potuto realizzare una macchina simile in un istituto universitario?
L’esperimento del lavoro pubblicato insieme al team di Roma del Prof. Lacquaniti, nei laboratori dell’IRCCS Santa Lucia, ha utilizzato strumentazione dedicata alla riabilitazione e alla ricerca biomedica. Ora possiamo sviluppare ulteriormente il progetto anche a Milano, dove il fondatore della nostra Scuola Rodolfo Margaria, fisiologo ed esperto di biomeccanica del movimento, aveva creato all’interno di un cavedio (pozzo di ventilazione) di 17 metri un sistema traente già 50 anni fa. Noi lo abbiamo recentemente ricostruito e adattato per continuare la ricerca sulla locomozione e ipogravità. Nel cavedio ‘ipogravitario’ utilizziamo due cavi elastici da bungee jumping di 12 metri collegati in serie che, tesi da un motore elettrico, sgravano i soggetti del peso desiderato .
Crede che tutto questo potrà avere ricadute pratiche?
Si parla di colonizzare la Luna, o Marte, e allora ci serviranno delle attività ludiche e di passatempo, che nei siti della NASA sono già discusse. Trovare l’andatura veloce e ottimale sulla superficie della Luna o di Marte, nonostante la polvere che aumenta la scivolosità, rientra nei prossimi obiettivi. Vogliamo studiare anche l’adattamento degli animali domestici, sia per meglio capire le andature umane in ipogravità, sia perché forse un giorno, anche se abbastanza lontano, la colonizzazione si estenderà anche a loro. Nonostante le prospettive future includano un adattamento del movimento umano per periodi lunghi, fino ad anni nello spazio in condizioni gravitazionali differenti da quelle della Terra, la nostra evoluzione biologica non riuscirà a tenere il passo con l’esplorazione spaziale. Insomma, il corpo sarà sostanzialmente sempre lo stesso e quindi si tratta di capire quanta parte del nostro repertorio locomotorio sia ‘trasferibile’ su altri pianeti.
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