Ada Yonath, una testa piena di ribosomi

Ada Yonath, una testa piena di ribosomi

Tutti dicevano che era impossibile cristallizzare i ribosomi, eppure lei ce lha fatta. Diventando la prima donna israeliana a ricevere un Nobel, per la chimica, nel 2009

Nulla fa pensare che la piccola Ada possa un giorno diventare una grande scienziata: i genitori, poveri e non molto istruiti, sono ebrei-polacchi fuggiti in Palestina quando il nazismo dilaga in Germania. La sua famiglia, oltre che priva di mezzi, è anche molto religiosa, eppure lei fin da bambina improvvisa esperimenti casalinghi per capire come funziona la natura: arriva addirittura a rompersi un braccio mentre misura l’altezza del balcone o a innescare un incendio per scoprire se l’acqua è più fluida del cherosene.­­­

“Una testa piena di ribosomi” (Creative Commons tramite Google)

“Una testa piena di ribosomi” (Creative Commons tramite Google)

Nata a Gerusalemme nel 1939, a soli dieci anni Ada Yonath perde il padre; la madre, in forti difficoltà economiche, si trasferisce con le due figlie a Tel Aviv, vicino alla sorella. Sono tempi duri, in cui Ada sperimenta l’estrema povertà: «Sopravvivere è molto più faticoso che fare scienza» dirà molti anni dopo. «Nella scienza puoi sempre cambiare approccio se una strategia fallisce. Ma quando hai fame, hai fame!».

Ada deve lavorare per mantenersi e pur appassionandosi alla biografia di Marie Curie che legge sui libri nei pochi momenti liberi, non la vede come modello perché non riesce nemmeno a pensare a una vita non interamente dedicata alla disperata lotta per la sopravvivenza. Fortunatamente, come i piccoli e sventurati protagonisti dei romanzi dickensiani, anche Ada troverà poi i suoi benefattori: saranno i coniugi Kimmel, imprenditori e filantropi che finanzieranno le sue ricerche. Ma questo avverrà anni dopo. Da adolescente deve salvarsi da sola e lo fa studiando: non perde un giorno di scuola e la sua intelligenza impressiona l’insegnante Zvi Vinitzky, che la aiuta a frequentare la migliore scuola del Paese senza doverne pagare le costose rette.

Si laurea in biochimica a Gerusalemme e consegue il dottorato al Weizmann Institute of Science. In questo periodo nasce Hagit, sua figlia, del cui padre si sa poco data la riservatezza di Ada. La sua vita sembra piuttosto costellata di figure femminili: la madre, la zia, la sorella minore da accudire, l’insegnante Zvi, infine la figlia e la nipote. L’unica eccezione è l’amico William Lipscomb, sua fonte di ispirazione scientifica, che sarà premio Nobel per la chimica nel 1976.

Il 1969 è un anno di grande svolta per Ada: si trasferisce al Massachusetts Institute of Technology e impara la cristallografia di proteine che utilizza i raggi X per determinare la struttura tridimensionale delle molecole. Lavora molto, anche di notte, e può tenere la figlia con sé grazie all’asilo nido dell’istituto. Torna in Israele nel 1970 con le competenze adeguate per crearvi il primo laboratorio di cristallografia, e riesce a farlo funzionare con i pochi fondi che le vengono concessi grazie alla parsimonia imparata suo malgrado da bambina. Risolve la struttura di alcune proteine e presto i suoi interessi si rivolgono alla loro molecola «madre», il ribosoma: un organulo in grado di sintetizzare proteine leggendo il codice genetico della cellula in un processo che Ada vuole capire nel dettaglio. Per farlo deve prima definire la struttura del ribosoma, e quindi prepararne dei campioni adatti alla cristallografia. I ribosomi sono però eterogenei, flessibili, instabili e si deteriorano molto rapidamente. Persino i Nobel Watson e Crick falliscono nel tentativo di cristallizzarli. L’impresa viene quindi considerata impossibile e Ada una folle per il solo volerci provare. Come dirà lei stessa anni dopo, è come scalare l’Everest, per poi scoprire, una volta arrivati in cima, che dietro c’è un’altra montagna, altrettanto alta e difficile.

È l'orso polare la darle l’intuizione giusta per arrivare a definire la struttura del ribosoma (Creative Commons tramite Wikipedia)

È l’orso polare a darle l’intuizione giusta per arrivare a definire la struttura del ribosoma (Creative Commons tramite Wikipedia)

Ma è qui che la vicenda umana di Ada, a un tratto, sembra diventare una fiaba nordica: ad aiutarla a superare l’ostacolo è infatti un orso polare. Durante un periodo di riposo forzato dovuto a una brutta caduta in bici, legge molto, e una ricerca su questo animale attira la sua attenzione. Apprende che, durante il letargo, i ribosomi dell’orso si «impacchettano» in modo da rimanere integri fino al risveglio primaverile, quando per tornare a vivere c’è bisogno di molte nuove proteine. «Se lo fanno gli orsi lo posso fare anche io» pensa Ada.

E lo fa: nel 1980 produce un cristallo di ribosoma, il primo al mondo. Tuttavia la aspetta un altro Everest da scalare: i raggi X danneggiano i cristalli rendendoli inutilizzabili. Seguono perciò anni di intenso lavoro e lunghe trasferte, che inevitabilmente sacrificano la vita familiare e le fanno trascurare Hagit. Ma finalmente, nel 1987 Ada mette a punto la crio-cristallografia, un processo di raffreddamento dei biocristalli che riduce i danni da raggi X: un grande contributo all’intero campo della biologia strutturale.

Alle soglie del nuovo millennio, il suo laboratorio, ormai ben finanziato, è frequentato da giovani ricercatori di varie nazionalità che sotto la sua guida completano la mappatura atomica del ribosoma. Ada non è più considerata una folle, ma una scienziata rispettata e premiata: ottiene sette riconoscimenti tra cui il premio l’Oréal-UNESCO per le donne nella scienza.

Eppure non si monta la testa. Quando nel 2009 riceve la fatidica chiamata da Stoccolma, crede che sia uno scherzo, e continua a lavorare in laboratorio finché non viene interrotta da colleghi e amici che vogliono festeggiarla: è la prima donna israeliana a ricevere un Nobel! La sua popolarità in Israele esplode, tanto che l’espressione «una testa piena di ribosomi» diventa di uso comune per indicare capelli ricci e folti come i suoi. Sono però rare le teste come la sua: una mente indomita che continua a porsi domande «da Nobel». «È stato un ribosoma a dare origine alla vita?»: questa è la prossima montagna che Ada si previgge di scalare.

Insomma, a settantasei anni Ada Yonath non ha perso il gusto delle sfide. Eppure la sfida più grande, quella che l’ha messa davvero in difficoltà, non l’ha affrontata in un laboratorio di biochimica, bensì in un’aula di scuola, quando ha dovuto spiegare il ribosoma a un gruppo di bimbi di cinque anni: la classe di asilo della nipotina Noa, sua grandissima ammiratrice.

 

Ada Yonath con la nipote Noa e la sorella Nurit il giorno della consegna del Nobel (Creative Commons tramite Google)

Ada Yonath con la nipote Noa e la sorella Nurit il giorno della consegna del Nobel (Copyright © The Nobel Foundation 2009. Photo: Frida Westholm via Nobel Prize.com )

 

Credits immagine in evidenza: Micheline Pelletier/Corbis, Creative Commons tramite Google