Alla ricerca del Nobel più letto
Solamente due premi Nobel sono rientrati nella classifica mondiale dei cento libri più venduti di tutti i tempi. Non solo: il primo non arriva prima della trentacinquesima posizione. È Gabriel Garcìa Márquez , premio Nobel nel 1982, con Cent’anni di solitudine che ha venduto 30 milioni di copie. A seguire Albert Camus, premio Nobel nel 1957, con il suo Lo straniero, che si piazza in settantanovesima posizione con soli 12 milioni di copie. Il pubblico preferisce decisamente Charles Dickens, al primo posto con Storia delle due città (quotato a 200 milioni di copie vendute), e John Ronald Reuel Tolkien, che guadagna la seconda e terza posizione, rispettivamente con Il Signore degli anelli (150 milioni) e Lo hobbit (100 milioni).
Non è un novità che i gusti dei lettori non coincidano con quelli degli esperti che assegnano il premio Nobel. Infatti Anders Osterling, a lungo segretario permanente dell’Accademia svedese, nel 1961 dichiarò che Tolkien non meritasse il premio Nobel a causa di una scrittura non di qualità, «in alcun modo all’altezza della narrazione della storia». Ma il padre del Signore degli anelli non è stato il solo ad essere snobbato da Stoccolma: Lev Tolstoj sarebbe stato «nemico dello Stato e della Chiesa»; Alberto Moravia era troppo «voyeur» per gli svedesi; Philip Roth, escluso dalla premiazione, reagì sarcasticamente: «se avessi intitolato Il lamento di Portnoy “L’orgasmo sotto il capitalismo rapace” mi sarei ingraziato l’Accademia svedese».
Le cose vanno meglio nella classifica stilata nel 1999 dal quotidiano parigino Le Monde, in cui un campione di 17.000 francesi è stato chiamato a rispondere alla domanda «Quali libri sono rimasti nella vostra memoria?». E così al primo posto c’è Lo straniero di Albert Camus, seguito rispettivamente alla settima e ottava posizione dal premio Nobel per la letteratura nel 1962 John Steinbeck, con Furore, e da Ernest Hemingway, premiato nel 1954, con Per chi suona la campana. Ma gli autori elevati al successo da Stoccolma (e amati dai francesi) non finiscono qui: Jean-Paul Sartre, Aleksandr Solženicyn, Thomas Mann, Luigi Pirandello e qualche altro.
Ogni nazione, si sa, ha le proprie classifiche. Il Club norvegese del libro ha proposto la propria nel 2002, ponendo al primo posto Il crollo di Chinua Achebe, scrittore nigeriano che studiò nella stessa università del Nobel Wole Soyinka. Il primo nome premiato a Stoccolma compare solamente al decimo posto, ed è Samuel Beckett, seguito da Camus, William Faulkner, Márquez, Hemingway e Thomas Mann.
C’è addirittura chi si è divertito a scrivere un saggio enciclopedico dal titolo I cento libri più influenti mai scritti. Secondo Martin Seymour-Smith, che ha guardato alla storia del pensiero dall’antichità a oggi, ben tre premi Nobel avrebbero in qualche modo influenzato il corso degli eventi. Sono Albert Einstein, con la sua Teoria della relatività; Jean-Paul Sartre e il suo L’essere e il nulla, e Friedrich von Hayek, premio Nobel per l’economia nel 1974, che dedicò ai socialisti di tutti i partiti La via della schiavitù.
In Italia invece, contro ogni aspettativa, un libro di scienza come Sette brevi lezioni di fisica di Carlo Rovelli è ancora nella classifica dei libri più venduti. Il pubblico italiano preferisce, dunque, affrontare temi come l’universo e le teorie di Einstein, piuttosto che abbandonarsi a tiepide letture alla Cento sfumature di grigio. Ma la scienza non piace solo in Italia: il caso più eclatante è sicuramente La doppia elica, del premio Nobel James Watson, che risulta il libro scientifico più letto del Novecento.
Questo è ciò che accade in Europa, mentre dall’altra parte del globo gli americani propongono studi scientifici per ogni materia del sapere umano. E così hanno inventato un software, come riportato da un paper dell’Association of Computational Linguistics, in grado di leggere un romanzo e di predirne il successo. I ricercatori della Stony Brook University di New York hanno utilizzato un’analisi degli schemi linguistici e stilistici di oltre 44.500 libri, tra cui compaiono (non a caso) i libri più letti, compresi Storia delle due città di Charles Dickens e Il vecchio e il mare del premio Nobel Ernest Hemingway. Stando ai risultati, l’84% dei best seller sarebbe accomunato dall’abbondante utilizzo di congiunzioni, preposizioni, nomi e aggettivi, mentre nei libri di minor successo le frasi sono più corte e con una certa povertà di descrizioni. Che sia effettivamente questa la ricetta per scalare le classifiche delle vendite?
Immagine di copertina: Photo Credit: faradia via Compfight cc
Commenti recenti