Aggregazione che va
Quando ricerca scientifica e associazioni dei pazienti si alleano per studiare le malattie rare. Il caso della ricerca sul gene GNAO1 e dell’Associazione delle Famiglie GNAO1
di Massimiliano Tomassi e Simone Martinelli
“Ho sentito parlare per la prima volta del gene GNAO1 a novembre 2018, quando mia moglie ed io ricevemmo la diagnosi per nostro figlio Giammarco. Ci venne comunicato che il gene “malato” era associato a una condizione molto rara, scoperta pochi anni prima, che contava circa sessanta pazienti in tutto il mondo.” Così Massimiliano Tomassi, presidente dell’Associazione Famiglie GNAO1 ci racconta l’inizio della sua storia. “Il medico ci disse: “Si conosce ancora molto poco di questa malattia e al momento non esiste una cura” e noi avemmo la sensazione di essere in balìa di qualcosa di molto più grande di noi, che si stava impossessando della nostra vita. Tuttavia, già pochi istanti dopo, decidemmo che non saremmo restati a guardare ma che avremmo fatto tutto il possibile per cambiare le cose. Fortunatamente, abbiamo trovato lo stesso spirito nelle famiglie GNAO1 che man mano abbiamo conosciuto, così come nei clinici che seguivano i nostri bambini e nei ricercatori, con una comunione di intenti e uno spirito di squadra sinceri e inaspettati.” Mutazioni nel gene GNAO1 sono la causa di una malattia ultrarara ad esordio infantile i cui sintomi principali – epilessia, ritardo psicomotorio, ipotonia e disturbi del movimento – possono manifestarsi già nei primi giorni di vita. Le mutazioni sono dominanti, vale a dire compaiono in una singola copia del gene. GNAO1 codifica per la subunità α di una proteina G ampiamente espressa nel cervello dei mammiferi, che svolge un ruolo chiave nella trasmissione del segnale nelle cellule nervose, regolando l’eccitabilità dei neuroni e controllandone lo sviluppo. La malattia, scoperta nel 2013, è stata inizialmente definita come una forma severa di encefalopatia epilettica. Negli anni successivi è stato osservato come mutazioni di GNAO1 possano causare condizioni caratterizzate da ipotonia e movimenti involontari, prolungati nel tempo e fortemente invalidanti, in assenza di epilessia, o forme in cui coesistono epilessia e movimenti involontari. Emozioni, belle o brutte che siano, febbre e stress rappresentano i trigger più comuni in grado di innescare violente crisi ipercinetiche, contribuendo al deterioramento neurologico e alla letalità con meccanismi in gran parte sconosciuti. “Nella maggior parte dei casi, i bambini GNAO1 sono fortemente ipotonici e non verbali, necessitando di supporto costante anche nelle più piccole attività”, -spiega Anna Chiara, mamma di Giammarco- “hanno bisogno, ad esempio, di ausili posturali per stare seduti e mantenere il capo in linea con il tronco; se riescono ad alimentarsi per bocca, devono seguire una dieta semiliquida; sono supportati nel gioco, nell’apprendimento e nella comunicazione da strategie alternative e aumentative per superare le disabilità cognitive e verbali. Tutto questo implica l’impegno di terapisti, educatori e familiari che con passione lavorano per garantire l’inclusione dei bimbi nella vita familiare e della comunità. Spesso, purtroppo, questo percorso, faticoso e tuttavia costellato di soddisfazioni, viene bruscamente interrotto dai ricoveri necessari a gestire le crisi motorie, che talvolta peggiorano il quadro clinico dei bambini.” Oggi si contano circa 250 bambini GNAO1 nel mondo, circa 20 solo in Italia. Ciò suggerisce che l’incidenza della malattia sia in realtà più alta di quanto stimato finora e che l’utilizzo sempre più frequente delle tecnologie NGS (sequenziamento di nuova generazione) nella pratica clinica porterà a un drastico aumento nel numero di pazienti. Nonostante ciò, la malattia resterà una condizione ultrarara che, in quanto tale, presenta sfide uniche per i sistemi sanitari nazionali. Le sfide derivano principalmente dai numeri in gioco. Attualmente non esiste una definizione universalmente accettata di malattia ultrarara, ma è stato proposto che una malattia possa essere definita tale quando colpisce meno di 20 individui su 1 milione. Data la loro frequenza, queste condizioni rimangono fuori dai tradizionali programmi di sviluppo farmacologico, e GNAO1 non fa eccezione: ad oggi non sono disponibili terapie efficaci e non invasive per questa malattia. Tutto ciò rende lo sviluppo di nuove terapie una priorità assoluta, ma questo processo è estremamente impegnativo in termini economici e di tempo. In questo scenario, l’uso di modelli alternativi è una strategia promettente. Fra questi, il nematode Caenorhabditis elegans è un verme microscopico non parassita con un sistema nervoso estremamente semplice, costituito da soli 302 neuroni, ampliamente utilizzato nell’ambito delle neuroscienze. Nonostante centinaia di milioni di anni ci separino dal phylum dei Nematodi, il genoma è ben conservato fra le due specie (incluso il gene GNAO1), così come i meccanismi che controllano i processi dello sviluppo e il funzionamento delle sinapsi. A partire dagli studi pionieristici di Sidney Brenner condotti all’inizio degli anni Settanta, C. elegans è stato utilizzato con successo per scoprire processi biologici conservati nel corso dell’evoluzione così come i meccanismi alla base delle malattie umane. Alcuni di questi studi valsero ai ricercatori che li condussero il premio Nobel, tra cui il Nobel per la Medicina 2002 e 2006, e per la Chimica 2008. Recentemente, nei laboratori del ISS, Istituto Superiore di Sanità, abbiamo utilizzato questo modello per comprendere i meccanismi patogenetici associati a GNAO1 ed effettuare uno screening pilota. Le mutazioni sono state introdotte nel gene omologo di C. elegans utilizzando la tecnologia CRISPR-Cas9. Gli animali geneticamente modificati mostravano un disturbo ipercinetico del movimento. Abbiamo quindi valutato il possibile utilizzo alternativo di farmaci già in uso, approccio volto a ridurre drasticamente costi e tempi del processo di drug discovery. Lo studio ha mostrato come le funzioni motorie degli animali con mutazioni di GNAO1 vengano ripristinate dal trattamento con caffeina, il farmaco psicoattivo più usato al mondo, e come questo effetto sia dovuto essenzialmente al blocco del recettore per l’adenosina espresso nei neuroni di C. elegans. La caffeina può essere somministrata per via orale, passa la barriera ematoencefalica e la sua forma citrato è già utilizzata nel trattamento delle apnee primarie nei neonati prematuri, suggerendo il suo possibile riposizionamento nel trattamento delle discinesie associate a GNAO1. Un ruolo determinante nella realizzazione di questi studi è stato svolto dall’Associazione Famiglie GNAO1, che ha mosso i primi passi nel 2018 grazie alla determinazione della famiglia di Giammarco e di altre famiglie che si sono associate, e hanno da subito iniziato a rincorrere importanti obiettivi per diffondere conoscenza sulla malattia, supportare la ricerca scientifica e promuovere iniziative volte al miglioramento della qualità di vita dei pazienti. “Vista la scarsa conoscenza della patologia”, – dice Massimiliano – “abbiamo compreso che fermarci all’ambito nazionale sarebbe stato molto, ma non abbastanza per raggiungere gli obiettivi che ci eravamo posti. Per questo abbiamo lavorato fianco a fianco con le Associazioni di pazienti negli USA e nel resto d’Europa, facilitando la creazione di una rete internazionale di clinici e ricercatori con competenze fra loro complementari che, con grande interesse e motivazione, hanno cominciato a tessere collaborazioni per studiare la malattia e identificare possibili terapie. Con grande soddisfazione, siamo riusciti ad organizzare le prime due conferenze internazionali interamente dedicate a GNAO1, riunendo ricercatori, clinici, esperti di riabilitazione e famiglie che hanno partecipato da più di venti Paesi nel mondo, e dato il via ai primi progetti di ricerca scientifica in Italia”. Oltre al progetto C. elegans, l’Associazione sta contribuendo al finanziamento di un progetto coordinato dal Prof. Alessandro Rosa (Sapienza Università di Roma), incentrato sull’utilizzo delle cellule staminali pluripotenti indotte umane. Un terzo filone di ricerca riguarda il possibile sviluppo di una terapia genica per GNAO1. Complessivamente, questi progetti rappresentano il primo passo del percorso verso la cura che l’Associazione desidera fortemente perseguire, un passo fondamentale per permettere alle famiglie di credere in un futuro migliore per i loro bambini che, nonostante i limiti delle loro disabilità, continuano a sorridere con fiducia alla vita.
Massimiliano Tomassi, Papà di Giammarco e Presidente dell’Associazione Famiglie GNAO1.
Simone Martinelli, Ricercatore presso il Dipartimento di Oncologia e Medicina Molecolare dell’Istituto Superiore di Sanità.
Per saperne di più:
la malattia GNAO1
1) La malattia è autosomica dominante ed è causata da mutazioni de novo nel gene GNAO1.
2) GNAO1 codifica per una proteina altamente espressa nel cervello dei mammiferi che regola l’eccitabilità neuronale, la neurotrasmissione e il neurosviluppo.
3) I sintomi principali includono epilessia, discinesie, ipotonia e ritardo dello sviluppo.
4) La reale prevalenza e incidenza della malattia non sono note (circa 250 pazienti descritti nel mondo; 21 in Italia).
5) Le relazioni genotipo/fenotipo e i meccanismi patogenetici sono in gran parte sconosciuti.
6) Non esistono terapie efficaci: le forme ad esordio precoce mostrano resistenza alla terapia antiepilettica e in molti pazienti le crisi ipercinetiche sono pericolose per la vita, portando a uno stato distonico-discinetico resistente ai farmaci che richiede un trattamento chirurgico.
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