Alessandra della Torre: dalla parassitologia alla citizen science, insieme a Sapienza
Chiediamo ad Alessandra della Torre, professoressa associata di parassitologia, di raccontarci la sua brillante carriera, tra Europa e Africa
Le sarebbe piaciuto studiare anche medicina veterinaria, ma ha scelto di laurearsi in biologia “perché affascinata dal vivente”. Era il 1987 e l’Istituto di parassitologia, poi confluito nel Dipartimento di Sanità Pubblica e Malattie Infettive dove la professoressa è di stanza da circa trent’anni, diventava uno dei centri di riferimento dell’Oms per la malaria, e cercava studiosi. Entrata nel gruppo dell’illustre professore Mario Coluzzi (1938-2012), ha lavorato a stretto contatto con la comunità scientifica internazionale. Nel 2000, il titolo di ricercatore e il delicato incarico di fare da trade union tra laboratorio e lavoro di campo in Africa occidentale, in particolare in Burkina Faso. Oggi insegna parassitologia e coordina il gruppo di ricerca di entomologia medica, che conta 2 ricercatori Rtd-B, 1 post-doc, 2 dottorandi, diversi tesisti e un tecnologo. “Figura centrale – quest’ultima, dice – nell’organizzare il lavoro di laboratorio, ma che – lo sottolinea – è sempre più difficile reclutare e stabilizzare a livello universitario”.
La storia di Alessandra della Torre non manca di rilevanti riconoscimenti: prima, per due articoli su Insect Molecular Biology e Medical and Veterinary Entomology, considerati i migliori dell’anno dalle due riviste; poi, nel 2012, il prestigioso premio“Battista Grassi” per la Zoologia, Parassitologia e Talassografia Biologica, assegnatole dall’Accademia Nazionale dei Lincei , per aver “raggiunto rilevanti risultati nello studio dei vettori Anofelini della malaria nelle regioni afro-tropicali e altri Culicidi, vettori di virus per encefaliti. Ha affrontato tali problemi con metodi molecolari, anche partecipando al sequenziamento del genoma di Anopheles”.
Al centro della sua ricerca, la genetica e l’evoluzione dei vettori di malaria in Africa. “Tali vettori appartengono a un complesso di specie, detto Anopheles gambiae – ci spiega – che comprende varie specie criptiche, di cui due recentemente identificate come distinte, proprio grazie al nostro lavoro”. Coluzzi, studiando i cromosomi politenici del complesso, aveva già avuto indicazione di un processo di speciazione in atto. “Poi, abbiamo iniziato a studiarlo con i marcatori molecolari – racconta – in modo da caratterizzarne anche gli aspetti ecologici e malariologici”. Lo studio dei cromosomi politenici presentava delle limitazioni, poiché essi si trovano solo nelle zanzare femmine e non a ogni stadio di sviluppo, mentre i metodi molecolari sono applicabili a tutti gli stadi evolutivi e in entrambi i sessi. Grazie ai marcatori molecolari e alla differenziazione ecologica, risultata più evidente nelle larve, si è infine giunti alla distinzione delle due specie.
Del 2002 la rilevante pubblicazione su Science, dal suggestivo titolo Speciation within Anopheles gambiae – the glass is half full. Tra i numerosi lavori del suo gruppo, “il paper a cui sono più affezionata – ci confessa la studiosa – è quello relativo a una ricerca del 2001, in cui descrivevamo queste due specie ancora come forme molecolari M ed S, unità tassonomiche da definire”. Si definiscono “specie” distinte solo nel 2013 : Anopheles gambiaee, in onore del professore, Anopheles coluzzii. “I marcatori molecolari universalmente impiegati per distinguerle restano dopo 20 anni ancora quelli descritti da noi” – aggiunge della Torre– che considera questa linea di ricerca “il mio contributo più importante alla scienza”. Non una semplice riclassificazione tassonomica, ma una scoperta che ha portato alla necessità di considerare le due specie separatamente in tutti gli studi sul rischio di trasmissione della malaria e sullo sviluppo e la valutazione di efficacia degli strumenti di controllo in Africa. Un punto d’arrivo dell’entomologia medica, vista la rilevanza sanitaria di queste specie di zanzara come vettori della malaria.
Allo studio dei vettori afro-tropicali di malaria si affiancano più recentemente studi su specie di zanzare d’interesse sanitario in Europa, che la portano a importanti risultati sull’ecologia delle specie invasive e a contribuire alla stesura del Piano Nazionale di prevenzione, sorveglianza e risposta alle arbovirosi, che definisce “un traguardo one health”. Inoltre, la citizen science delle app che coinvolgono il cittadino nella sorveglianza delle zanzare e delle malattie di cui sono vettori: ZanzaMapp, su cui Sapienza ha lavorato dal 2016 al 2018, e MosquitoAlert, nel progetto europeo Aim-COST (Aedes Invasive Mosquitoes) di cui della Torre è Chair, che ha permesso di standardizzare un approccio di sorveglianza semplificato delle zanzare invasive (AimSurv). Tra ottobre 2020 e maggio 2021, MosquitoAlert registra 783 foto e 326 segnalazioni di punture, 27 di siti riproduttivi e 119 esemplari di zanzara, raccolti soprattutto grazie alla collaborazione dei suoi studenti del corso di laurea magistrale in Ecobiologia. E l’auspicio è che MosquitoAlert si consolidi come strumento di scienza partecipata.
“Per Grassi la parassitologia è la scienza biologica che applica il darwinismo alla patologia”, come scrive Ernesto Capanna, professore emerito, nella sua biografia di Giovanni Battista Grassi, il malariologo italiano che vide sfumare il Nobel in favore del britannico Ronald Ross. Ci saluta così, Alessandra della Torre. “È stata molto più specifica la scoperta di Grassi – chiarisce – che identificò nella zanzara Anopheles il vettore della malaria umana e Ross, invece, solo le zanzare in generale come vettori di plasmodi negli uccelli”. “Siamo nani sulle spalle di giganti – conclude – e Grassi va ricordato”. Affinché oltre al Nobel non sfumi anche la memoria delle sue preziose ricerche.
Immagine in evidenza: {Aedes albopictus, o “zanzara tigre”, credits: Wikimedia commons}
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