Alessandro Paiardini, tra bioinformatica e terapie geniche.
Quanto manca all’arrivo della medicina su misura? Le cure basate sul profilo genetico del paziente sono uno scenario più vicino di quanto si possa pensare
“Sono molto sorpreso che tu abbia scelto me per scrivere il pezzo, anche molto curioso. Perché?” Comincia così la nostra intervista telefonica ad Alessandro Paiardini, bioinformatico che si occupa dello studio di strutture proteiche e professore associato di biochimica di Sapienza Università di Roma. Paiardini si è aggiudicato, di recente, una borsa Erc per il progetto di cui fa parte, Holo-GT, guidato da Michele de Luca, dell’Università di Modena e Reggio Emilia. Holo-GT è un progetto di terapia genica che ha lo scopo di cercare un trattamento per l’epidermolisi bullosa, una malattia che provoca estrema fragilità dell’epidermide. I bambini che ne soffrono, conosciuti anche come bambini farfalla, hanno un’aspettativa di vita molto bassa. Gli “ingredienti” del possibile trattamento sono altamente innovativi, e coinvolgono l’ingegnerizzazione delle cellule staminali e le terapie geniche.
Quello che ci si aspetta da questa ricerca è la possibilità di “spegnere” la mutazione del gene dominante che provoca la malattia utilizzando l’approccio xCas9 (un enzima altamente selettivo), con il quale si può mettere a punto una specie di laser di precisione genetico che riesce a intervenire selettivamente sulla mutazione. In particolare, si sfrutta la capacità dell’enzima cas9 di legarsi in maniera specifica, in modo da poter suggerire le correzioni da effettuare per cambiare eventuali amminoacidi e fargli riconoscere proprio il nucleotide mutato. Per arrivare a questo risultato c’è bisogno di studiare le strutture molecolari, si parte quindi dalla bioinformatica.
Paiardini studia la struttura tridimensionale degli enzimi. Il suo ambito di ricerca è il modelling, è un esperto di design farmacologico. Lavora sull’interazione delle proteine con piccoli inibitori e, poiché un gran numero di malattie umane deriva da queste interazioni, il suo campo d’interesse è lo studio di un certo numero di proteine candidate a diventare agenti terapeutici. Suonava il basso ma adesso nel tempo libero si dedica a fare il padre. Alla domanda se questo tipo di applicazioni geniche appartengono a un lontano futuro, risponde di no. “La sfida sarà di natura economica, ci aspetta forse un futuro di cure disponibili ma poco accessibili. Con tutto quello che questo comporta a livello sociale e assistenziale, mi sento abbastanza sicuro nel dire che è uno scenario molto vicino”.
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