L’appello dei Nobel a favore della sperimentazione animale: “Sia trasparente e libera”
Negli Stati Uniti quasi 600 scienziati hanno firmato un appello rivolto alle istituzioni a favore dei test sugli animali in ricerca: “Bisogna sviluppare modi nuovi e innovativi per comunicare l’importanza della ricerca che fa usa di sperimentazione animale al pubblico”
Argomento molto delicato per il pubblico e grande cruccio della comunicazione scientifica, la sperimentazione animale è tornata fortemente di attualità negli ultimi mesi, soprattutto negli Stati Uniti. In una lettera pubblicata online il 20 giugno su USA Today, 592 membri della comunità scientifica americana hanno chiesto agli istituti di ricerca del Paese di cambiare il loro approccio nella comunicazione della sperimentazione. L’invito rivolto ai ricercatori è di essere più trasparenti nel mostrare i risultati dei loro studi.
Nel testo si legge:
“La sperimentazione sugli animali gioca un ruolo fondamentale nel progresso medico, veterinario e scientifico. […] Gli studi sugli animali sono stati coinvolti in 96 dei 108 premi Nobel in Fisiologia o Medicina. E non sono solo gli umani a beneficiarne: ogni trattamento veterinario esistente è possibile grazie agli studi sugli animali. Regolamentazioni e supervisione rigorose riflettono il desiderio degli americani di trattare gli animali con rispetto. [..] E molti studi si basano su finanziamenti pubblici. […] Facciamo appello agli istituti di ricerca del nostro paese, grandi e piccoli, affinché adottino maggiore trasparenza. Dovremmo spiegare con orgoglio in che modo gli animali vengono utilizzati per il progresso della scienza e della medicina, nell’interesse della salute e del benessere di uomini e animali”.
L’obiettivo è mettere sotto pressione il governo degli Stati Uniti, perché negli ultimi mesi gli animalisti hanno vinto importanti battaglie. Gli attivisti del White Coat Waste Project hanno ottenuto il sostegno di 53 membri del Congresso per interrompere studi sui cani nel Dipartimento per gli affari dei veterani degli Stati Uniti. E a gennaio la Food and Drug Administration americana ha chiuso uno studio sulla dipendenza da nicotina nelle scimmie.
La lettera è la prima azione portata avanti dal Rapid Response Network di Speaking of Research, un gruppo che riunisce scienziati, veterinari, personale per la cura degli animali a sostegno dei principi della scienza, della trasparenza e della ricerca biomedica. Tra i firmatari dell’appello ci sono anche quattro premi Nobel per la Medicina: William Campbell, nel 2015; Mario Capecchi, Ph.D., nel 2007, Carol W. Greider, nel 2009 e Torsten Wiesel, nel 1981.
Proprio Carol Greider, a cui è stato assegnato il premio per la sua scoperta dell’enzima telomerasi, ha dichiarato a Science: “Ho letto la lettera e ho deciso in pochi minuti che l’avrei firmata“. Per scoprire il ruolo della telomerasi che regola l’invecchiamento cellulare, per esempio, furono necessari esperimenti su topi. “La ricerca sugli animali è molto importante per comprendere i meccanismi biologici fondamentali”, ha continuato. Ma per gli animalisti del White Coat Waste Project questa chiamata alla trasparenza è solo propaganda.
La polemica tra scienziati e animalisti sulla sperimentazione animale è viva anche in Europa, e soprattutto in Italia dove ha prodotto anche risultati politici rilevanti. In Europa la prima direttiva per armonizzare le legislazioni degli stati membri in materia di protezione degli animali utilizzati per la ricerca scientifica (86/609) risale al 1986. Oggi, dopo diversi anni di lavoro, mediazioni, consultazioni sia pubbliche che con ricercatori, esperti di scienze di animali da laboratorio, di etica, di etologia, di diritto la normativa di riferimento è la Direttiva 2010/63/UE. La norma europea applica il principio delle 3R (reduction – refinement – replacement), ormai considerato la base per assicurare una sempre migliore tutela degli animali da esperimento. La ricerca deve “ridurre” il numero di animali usati; “perfezionare” (refine) il modo in cui gli esperimenti vengono realizzati per assicurarsi che gli animali soffrano il meno possibile; e “rimpiazzare” gli animali con tecniche alternative quando possibile.
L’Italia ha recepito la direttiva europea in ritardo di 4 anni e ne ha modificato il testo, stabilendo ulteriori limiti all’utilizzo degli animali per scopi scientifici. Attualmente quella italiana è la legge più severa d’Europa. Secondo il Dlgs italiano, per esempio, i ricercatori iatliani hanno il divieto di effettuare xenotrapianti, cioè il trapianto tra organi di specie diverse, e di fare test sugli animali per le sostanze d’abuso. Restrizione che per ora hanno ottenuto una moratoria fino al 2020, ma che hanno portato l’Italia a ricerve una messa in mora da parte della Commissione Europea, il primo stadio della procedura di infrazione. L’articolo 2, infatti, proibisce ai Paesi membri di adottare misure più stringenti di quelle indicate dalla Direttiva.
Per questo motivi da diversi anni anche in Italia è nato un fronte scientifico che si oppone a quello animalista. Il progetto Research4Life nato 2015 si propone come “uno spazio dove informare il pubblico (cittadini, Istituzioni, media e mondo scientifico)” partendo dalla convizione che la sperimentazione animale oggi resta un modello imprescindibile per la messa a punto di nuove terapie. Per l’associazione l’obiettivo è rendere coerente la normativa italiana a quella europea e restituire competitività ai ricercatori italiani nell’accesso ai finanziamenti europei alla ricerca.
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