Attrazione, i feromoni non c’entrano (almeno tra gli esseri umani)
Un nuovo studio australiano sconfessa la teoria secondo la quale l’attrazione tra esseri gli umani sia legata (anche) al rilascio dei cosiddetti feromoni, come invece avviene negli altri animali
Etimologicamente, il loro nome deriva dal greco ferein (portare) e (hor)mone, ormone, le molecole il cui studio è valso, nel corso della storia, più di un premio Nobel. Si tratta, per l’appunto, dei feromoni, una classe di molecole prodotte dall’organismo e in grado di agire sull’ambiente esterno, condizionando in particolare gli altri individui. Sostanze ritenute, almeno finora, giocare un ruolo di qualche tipo nelle regole dell’attrazione tra gli esseri umani. Anche se forse le cose stanno diversamente: un recente studio australiano, infatti, sembra aver provato che, al contrario di quanto avviene negli animali, i feromoni non sono implicati nell’attrazione tra gli esseri umani, né nella percezione del loro genere (uomo o donna). È da sottolineare, comunque, che lo studio sembra avere alcune limitazioni metodologiche che non permettono di trarre nelle conclusioni chiare e definitive.
Ma procediamo con ordine. I partecipanti all’esperimento sono stati suddivisi in due gruppi e sottoposti a contatto con i due feromoni, l’androstadienone (AND), presente nel sudore e nello sperma maschile, e l’estrotetraenolo (EST), presente nell’urina femminile. I volontari del primo gruppo, dopo aver annusato i feromoni, sono stati sottoposti a un test visivo, condotto facendo osservare a ognuno di essi alcune foto contenenti individui neutri, cioè di cui non era facilmente identificabile il sesso. Lo scopo del test era individuare a quale genere appartenesse l’individuo della foto. I volontari del secondo gruppo, invece, dopo essere stati esposti ai feromoni sono stati sottoposti allo stesso test, in cui è stato però chiesto di valutare se provassero attrazione verso i soggetti delle foto.
L’analisi dei risultati ha mostrato che l’esposizione ai feromoni non ha aiutato il riconoscimento del sesso degli individui né lo sviluppo di un’attrazione verso di essi: gli autori dello studio hanno quindi concluso che tali sostanze, al contrario di quello che avviene negli altri animali, non avrebbero alcuna funzione percettiva e attrattiva per gli esseri umani.
In realtà, è da diverso tempo che la questione è oggetto di dibattito da parte della comunità scientifica. “La poca letteratura che c’è sembra effettivamente propendere verso la teoria secondo la quale i feromoni esistano anche negli esseri umani e abbiano una funzione”, afferma Andrea Mazzatenta, ricercatore del dipartimento di neuroscienze dell’Università D’Annunzio di Chieti-Pescara, autore di diversi studi sull’argomento. “Il problema di fondo di lavori del genere”, continua Mazzatenta, “è che ogni esperimento deve essere molto ben controllato attraverso i cosiddetti trasduttori del segnale, che invece non sembrano essere stati utilizzati dai ricercatori australiani. Tra l’altro, il lavoro è stato pubblicato su The Royal Society Publishing, rivista poco conosciuta nel mondo della ricerca. A mio avviso, si tratta di uno studio che analizza il fenomeno dell’attrazione e della percezione del genere con pochi elementi di analisi oggettivi. Lo studio dei feromoni nell’essere umano e della loro funzione”, conclude il ricercatore,“andrebbe approfondito di più, come avviene per gli studi sugli animali”.
Commenti recenti