Aziz Sancar, dal goal al Nobel
Lo scienziato turco Aziz Sancar, Nobel per la chimica 2015, da ragazzo primeggiava non solo negli studi ma anche nel calcio
Aziz Sancar nasce nel 1946 a Savur, piccola città della Turchia sudorientale, da una famiglia povera e numerosa. I suoi genitori sono analfabeti, sanno però che lo studio può rappresentare per i loro otto figli l’unico strumento possibile di riscatto sociale e quindi decidono di garantirlo a tutti loro, anche a costo di enormi sacrifici. Il giovane Sancar, proprio per questo, si impegna a scuola ed è un bravissimo studente. Aziz però ha anche un sogno, di quelli comuni a molti ragazzi: vorrebbe diventare un famoso calciatore e così gioca al pallone con la stessa energia, passione e concentrazione di quando studia, distinguendosi nello sport e nelle discipline scientifiche.
Alla fine del liceo Sancar non si è rivelato solo un ottimo studente, ma anche un talentuoso portiere di calcio dilettante, tanto da essere selezionato per la nazionale under 18. Dice Sancar: “Era a un sogno che si stava avverando, perché fin da bambino avrei voluto giocare nella nazionale”. Raggiungere l’eccellenza significa però riconoscere e accettare i propri limiti, anche fisici: “Dopo una seria riflessione, valutai che non ero abbastanza alto per diventare un portiere eccezionale e così mi concentrai sui miei studi”. Aziz lascia quindi il campo di calcio e si dedica totalmente all’altra sua passione, tanto che viene ammesso con una borsa di studio alla Istanbul Medical School, all’epoca tra le migliori della Turchia. Dell’esperienza universitaria Sancar ricorda: “quello che ci è mancato con le risorse, abbiamo fatto con entusiasmo”.
Quando Sancar inizia a studiare biologia molecolare alla Texas University unisce all’entusiasmo una strategia da atleta, fatta di duro lavoro, perseveranza e semplicità tecnica. Il suo campo di allenamento diventa così il laboratorio, dove riesce gradualmente a superare le iniziali difficoltà, gli inevitabili fallimenti, fronteggiare pregiudizi come quello di un compagno di laboratorio che gli imputa scarso talento per la ricerca sperimentale, suggerendogli di tornare a fare “il buon medico”. Abbiamo visto Sancar in fotografia ricevere il Nobel in frac così come esultare per un gol con la maglietta della squadra del cuore. Forse non è tanto ardito intravedere in lui il Nino di una famosa canzone di De Gregori e dire che un Nobel, così come un giocatore, lo vedi anche dal coraggio, dall’altruismo e dalla fantasia.
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