Battista Grassi o Ronald Ross? Il Nobel sulla trasmissione della malaria è ancora diatriba
Grassi resta al centro della storica controversia sulla scoperta delle zanzare come vettori della malaria: il premio andò al britannico Ross, allievo di Patrick Manson, anziché a lui
“Un Re Mida della zoologia”, Giovanni Battista Grassi, che trasformava in oro qualsiasi argomento scientifico trattasse. Il professor Ernesto Capanna lo descrive così, nella sua biografia. Ma era anche un ragazzo di campagna nato nel 1854 in un borgo del comasco, Rovellasca, da una famiglia agiata e colta. Dopo il liceo ginnasio, studia medicina nel rinomato collegio Ghisleri di Pavia, con retta gratuita per meriti scolastici. Parla inglese, francese e soprattutto il tedesco, allora lingua ufficiale della scienza. Giovane acuto ma insofferente, per i suoi gravi atti di indisciplina viene espulso dal Ghisleri nel 1876, prima di laurearsi.
Nel 1878 si laurea lo stesso, cum laude, grazie a un premio di 100 lire della Fondazione Balsamo Crivelli, e pubblica i suoi lavori di parassitologia Contributi sullo studio dell’elmintologia. Erano gli anni dei minatori del traforo del San Gottardo e della fatale anemia da Anchylostoma che li colpiva, importante problema sanitario di quella complessa Italia post-unitaria. E Grassi, da vero zoologo sperimentale, arrivava a bere uova di nematodi in sospensione, fornendo così innovative informazioni, per l’epoca, sul criterio diagnostico e sulla modalità di trasmissione. Un contributo importante, anche se questi studi verranno ultimati da Edoardo Perroncito, professore di medicina veterinaria a Pisa. Grassi studierà anche l’evoluzione degli insetti e le caste delle termiti.
Dopo il perfezionamento alla stazione zoologica di Napoli, appena fondata da Anton Dohrn, nell’ateneo tedesco di Heidelberg trova stimolanti confronti con la comunità scientifica e sposa una studentessa, Maria, rendendola madre di Isabella. La famiglia torna in Italia e Grassi, a 29 anni, ha all’attivo oltre trenta pubblicazioni e una cattedra di Zoologia, Anatomia e fisiologia all’università di Catania, dove si unisce agli sforzi globali per la comprensione della malaria. Un primo studio sistematico sul plasmodio negli uccelli nel 1889, una Darwin Medal nel 1896, quindi l’ingresso trionfale nell’illustre scuola malariologica romana, con il discorso d’inaugurazione Critica della filosofia zoologica, per l’anno accademico 1897-98 in Sapienza: ne emerge un approccio anti-dogmatico rispetto ai traguardi della scienza, “che non costituisce un corpo di dottrina, ma consta soltanto di fragmenta aurea”.
Intanto, Charles Louis Alphonse Laveran, poi Nobel nel 1907 per le sue ricerche sui protozoi, ipotizzava che nella trasmissione della malaria rientrassero gli insetti e, su questa base, lo scozzese Patrick Manson nel 1894 avviava, in India, un protocollo di ricerca del plasmodio direttamente nelle zanzare Aedes aegypti e Culex fasciatus, condotto dall’allievo Ronald Ross in un modo, pare, più empirico che sistematico. Ma la fortuna conta anche nella scienza. Così, quando gli assistenti indiani recapitano a Ross un nuovo esemplare di zanzara, che chiamerà “zanzara maculata”, in realtà si tratta dell’Anopheles vettore della malaria che gli frutterà il Nobel per la medicina nel 1902.
Quando Ross comunica la sua scoperta al British medical journal – scrive Capanna – in realtà Grassi, Bastianelli e Bignami avevano già identificato l’Anopheles claviger come vettore della malaria umana, e con un rigoroso protocollo sperimentale. Oltretutto, con tanto di nome e cognome, Abele Sola, del volontario dei malariologi romani che si fece pungere e diventò malarico, mentre resta misteriosa l’identità dei volontari indiani di Ross. Grassi pubblicava la sua memoria conclusiva sulla malaria dedicandola, molto onestamente, a Manson, quale “geniale iniziatore delle attuali ricerche sui parassiti malarici”. Per tutta risposta, il suo allievo Ross intraprendeva – scrive Capanna – una campagna denigratoria contro Grassi, al fine di assicurarsi la paternità della scoperta. Come arbitro super partes, un Robert Koch che non riteneva l’Anopheles claviger vettore della malaria e che, forse, non aveva neanche simpatia per gli italiani dopo che, a seguito di un soggiorno di ricerca nel grossetano nel 1899, era stato attaccato dalla stampa per non aver risolto prontamente il problema malarico. O, forse, anche il temperamento irriverente di Grassi non aiutò. Non lo sapremo mai. Resta che Koch votò a favore di Ross, e che fu lui a vincere il Nobel per la medicina del 1902. Senza dimenticare Grassi, però. Come non lo ha dimenticato Sapienza, che gli ha dedicato il Museo di Anatomia comparata.
Immagine in evidenza: Busto di Battista Grassi, Roma, Pincio {Credits: Wikimedia commons, licenza CC, imm. modificata}
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