Il cancro ignora l’orologio biologico per sopravvivere
Ripristinare il ritmo luce-buio nelle cellule tumorali rallenta il decorso della malattia. Lo conferma uno studio statunitense condotto dell’Hollings Cancer Center
I ricercatori dell’Hollings Cancer Center del Medical University (MUSC) della Carolina hanno pubblicato di recente sulla rivista Nature Cell Biology uno studio sul funzionamento dell’orologio biologico nei pazienti con tumore. Ma che cosa si intende per orologio biologico? Lo scorso anno i ricercatori americani Jeffrey Hall, Michael Rosbash e Michael W. Young si sono aggiudicati il premio Nobel per la medicina grazie alla scoperta dei meccanismi che determinano il ritmo circadiano negli organismi viventi. Quest’ultimo è responsabile del nostro orologio biologico, una sorta di timer che detta i ritmi del sonno, regola il metabolismo, la temperatura corporea, il rilascio degli ormoni e la pressione sanguigna. Il sabotaggio di tale sistema può arrivare a compromettere la salute degli individui o addirittura agevolare la progressione della malattia. Per questo motivo lo studio sul meccanismo a orologeria delle cellule ha aperto la strada a diversi filoni di ricerca nel campo della medicina, anche nel trattamento dei tumori.
Il progetto firmato dai ricercatori dell’Holling Cancer Center è partito dallo studio del comportamento delle cellule. Nel processo di sintesi proteica di tutte le cellule del nostro corpo c’ è una piccola percentuale di proteine che non si “piega” correttamente, e quando ciò avviene le cellule attivano la risposta di stress UPR (Unfolded protein response), che ne rallenta la produzione eliminando le proteine tossiche per l’organismo. “La cellula tumorale, sostanzialmente, sfrutta un percorso che compiono tutte le cellule, e lo usa a proprio vantaggio”, ha commentato J. Alan Diehl, uno dei ricercatori coinvolti nel progetto. In questo modo, il tumore cresce e si diffonde: la cellula sfrutta la risposta proteica per rallentare la sintesi, al fine di gestire l’arretrato di proteine e sopravvivere in condizioni che ucciderebbero le cellule normali. Il gruppo di Diehl ha scoperto che questa risposta di ripiegamento cellulare è direttamente collegata al ritmo circadiano che guida il meccanismo a orologeria della cellula. Per spiegare tale connessione, i ricercatori hanno condotto l’esperimento nelle cellule dell’osteosarcoma dei roditori, impiegando sostanze chimiche per avviare il processo di sintesi. Si sono accorti che quando l’UPR era attivo, si abbassavano i livelli di una proteina chiamata Bmal1, responsabile dell’espressione dei principali geni del ritmo circadiano. In questo modo i livelli di Bmal1 non sono aumentati nel corso della notte, come invece sarebbe successo in condizioni normali, ma sono rimasti stabili causando un cosiddetto spostamento di fase. Ciò ha provocato nei roditori una inversione improvvisa del ciclo luce-buio e l’interruzione dei loro ritmi circadiani.
Da queste considerazioni, il team ha osservato che nei pazienti con cancro al seno, gastrico e polmonare sono sopravvissuti più a lungo quando i livelli della proteina circadiana risultavano più alti e consentivano la continuazione della sintesi proteica, considerata tossica per le cellule tumorali. Si tratta del primo studio che mostra come il cancro nell’uomo possa provocare un cortocircuito all’orologio biologico attraverso il controllo della proteina circadiana. “Abbiamo dimostrato che il ripristino dei ritmi circadiani nelle cellule tumorali rallenta la loro proliferazione”, commenta Yiwen Bu, primo autore della pubblicazione. I risultati di questo studio potranno sicuramente aiutare il sistema sanitario a migliorare l’efficacia dei trattamenti in corso. “I medici stanno iniziando a pensare alla distribuzione temporizzata delle terapie”, conclude Diehl “in modo che la somministrazione di un farmaco a una certa ora del giorno possa produrre migliori effetti e meno tossicità nelle cellule normali”.
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