Carol Greider e la scoperta dell’immortalità
Affetta da dislessia, poco brillante all’università, ma scelta nel team di ricerca di Elisabeth Blackburn, con cui vince il premio Nobel per la Medicina nel 2009 per la scoperta dell’enzima telomerasi. È la storia di Carol Greider
Essere giovani e sani in eterno, o almeno il più a lungo possibile, è il sogno di tutti. Ci sta pensando anche una donna, che in questo preciso momento sta piegando il bucato. Sono le cinque del mattino, e nonostante sia molto presto, lei è già sveglia. Deve sbrigare le ultime faccende di casa e preparare la colazione per la famiglia prima di andare al lavoro. Ma proprio mentre sta mettendo il bucato nella cesta, pronto per la stiratura, suona il telefono. “Pronto, sono la dottoressa Carol Greider, con chi parlo?”
Carol nasce a San Diego il 15 aprile 1961. Il padre è un fisico, la madre biologa e lavorano insieme nell’Università di Berkeley, in California. Sin da piccola, Carol si accorge di essere diversa dagli altri bambini della sua età. Si sente triste, infelice, ma soprattutto stupida, perché non riesce a scrivere e pronunciare correttamente le parole. Lei ancora non sa di essere semplicemente dislessica. Quando la mamma muore, Carol ha solo sei anni. Per superare la perdita è necessario un cambiamento forte, ecco perché papà Kenneth decide di accettare un’offerta di lavoro che gli arriva dall’Istituto di Fisica Nucleare Max Planck di Heidelberg, in Germania. Carol non sa una parola di tedesco, eppure riesce a padroneggiare la lingua nel giro di sei mesi, pur conservando gli stessi problemi di dislessia. Questo fa sì che i suoi voti a scuola siano sempre molto bassi. Ma Carol è una bambina testarda. Dopo aver ottenuto il diploma ed essersi laureata in biologia, la ragazza decide di specializzarsi in biologia molecolare, anche in ricordo della madre deceduta. Nel 1984, sostiene dunque il colloquio di ammissione alla Berkeley University, la stessa in cui avevano insegnato i suoi genitori. Inaspettatamente, la professoressa che Carol si trova di fronte non le chiede del suo curriculum, ma le racconta dei suoi studi sui cromosomi. Pur avendo voti bassi, pur essendo dislessica, la passione che traspare dagli occhi di Carol riesce a convincerla che quella ragazza sia la persona giusta da affiancare per i suoi esperimenti. Anche Carol è assolutamente entusiasta della professoressa e sbircia il nome sul suo cartellino di riconoscimento. Si chiama Elizabeth Blackburn.
Lo studio che sta effettuando la professoressa Blackburn è alquanto complesso. Il Dna è in grado di duplicare il suo patrimonio genetico, ma non di sintetizzare e copiare le estremità cromosomiche. Per evitare la progressiva perdita di materiale genetico codificante, le cellule possiedono un importante meccanismo di difesa. Esistono infatti sequenze di Dna ripetute poste all’estremità dei cromosomi, i telomeri, che svolgono un ruolo fondamentale nel determinare la lunghezza della vita delle cellule e sono per questo considerati una sorta di orologio biologico cellulare. Ad ogni fase di replicazione del Dna, le estremità telomeriche vengono accorciate e le cellule iniziano ad accusare danni sempre maggiori ad ogni divisione, finché non muoiono. Per otto mesi, Carol studia accanto alla sua professoressa il processo di duplicazione del Dna: se avessero scoperto il meccanismo che permetteva ai telomeri di non accorciarsi durante la divisione cellulare, forse avrebbero potuto rendere eterni i telomeri e di conseguenza anche le cellule. Una sorta di elisir di lunga vita.
È il 25 dicembre 1984. Carol, pur essendo alle prese con i festeggiamenti, è agitatissima perché la sera prima ha modificato d’istinto una delle sostanze dell’esperimento che sta conducendo. Ma quel pomeriggio, quando si ritrovano in laboratorio, le due ricercatrici non riescono a trattenere l’emozione davanti ai risultati dell’esperimento appena concluso. Con grande stupore, l’azione dell’enzima che chiamano telomerasi è finalmente dimostrata e può essere comunicata alla comunità scientifica. Questa proteina ha la capacità di sintetizzare le sequenze dei telomeri, quindi è in grado di regolare l’invecchiamento cellulare. Anche per le implicazioni che questa scoperta comportava in campo medico, legate in particolare al ruolo dei telomeri nelle malattie tumorali, Carol e Elisabeth vengono insignite nel 2009 del più alto riconoscimento nell’ambito della ricerca scientifica, il Nobel per la medicina. Carol racconta così l’annuncio del premio di Stoccolma:
“È stato decisamente elettrizzante ricevere quella telefonata alle 5 del mattino. Ero sveglia perché io a quell’ora faccio un po’ di esercizio fisico, stavo aspettando di andare alla mia lezione di spinning e intanto piegavo il bucato. Quella mattina dovetti saltare la lezione perché successero un sacco di cose”
In un’intervista congiunta rilasciata alcuni anni dopo la scoperta della telomerasi, le due ricercatrici ricordano quel momento con grande commozione: “È stato come risolvere una specie di puzzle. Volevamo capire come funzionavano i telomeri e facevamo esperimenti su esperimenti. Era proprio un puzzle da risolvere, molto divertente. E poi non sempre eravamo d’accordo. Una volta io volevo procedere in un certo modo e Liz in un altro e discutevamo parecchio. Poi la mattina dopo lei aveva deciso di fare come dicevo io, e io come diceva lei. Un vero divertimento”.
Credits immagine di copertina: Wikimedia Commons
Commenti recenti