Completato il sequenziamento del genoma umano
A vent’anni dalla prima mappatura, i ricercatori del consorzio Telomere-To-Telomere (T2T) annunciano di aver completato il sequenziamento del genoma umano. L’articolo dello studio è disponibile su BioRxiv, in attesa di essere revisionato
Di Matteo Proietti
Uno studio condotto dai ricercatori del consorzio Telomere-To-Telomere (T2T) mostra come il sequenziamento del genoma umano sia stato finalmente completato. Rispetto alla prima versione, ottenuta vent’anni fa nell’ambito del Progetto Genoma Umano, la nuova mappa del Dna ha finito il lavoro, completando quell’8% della struttura che ancora non era stato possibile sequenziare. La regione scoperta dai ricercatori comprende circa 200 milioni di coppie di basi che definiscono tanto zone regolatorie, responsabili per il controllo spazio-temporale della produzione di una specifica proteina, quanto zone codificanti, che indicano cosa quel determinato gene produce. L’articolo è disponibile online su BioRxiv, sito che accoglie tutti i paper che attendono di essere revisionati dalla comunità scientifica.
Per ottenere un risultato di questo tipo i ricercatori hanno sfruttato appieno le nuove tecniche di sequenziamento del Dna: gli scienziati del T2T non hanno infatti prelevato il Dna da una persona, ma hanno ricavato il genoma partendo da un particolare tipo di cellule che si ottiene quando lo spermatozoo feconda una cellula priva di nucleo (gravidanza molare). Il particolare ovocita presentava così due coppie degli stessi 23 cromosomi, quelli di origine paterna. Ciò ha permesso ai ricercatori di analizzare più facilmente la sequenza di Dna.
Anche la tecnologia utilizzata per il sequenziamento del genoma rappresenta un ulteriore passo in avanti rispetto a quanto fatto in precedenza. Le tecniche utilizzate finora, infatti, consentivano di leggere frammenti di Dna contenenti solamente poche centinaia di coppie di basi. Al contrario, i ricercatori del consorzio T2T hanno impiegato un laser che consente di scansionare lunghi tratti dell’acido nucleico, fino a un massimo di ventimila paia di basi alla volta.
“Questo studio rappresenta un importante passo in avanti dal punto di vista tecnico perché prova, se confermato, che ora è possibile sequenziare i cromosomi nella loro completezza, da un estremo all’altro”, osserva Lain Mattaj, direttore dello Human Technopole.
Nonostante l’importanza dello studio, il lavoro è ben lontano dall’essere completato. Le parti del genoma umano che sono state sequenziate sono infatti regioni difficili, condizione che potrebbe aver determinato alcuni errori nella fase di sequenziamento. Inoltre, laddove i risultati venissero confermati, è necessario comprendere a cosa servano i nuovi geni identificati: quali e con che modalità regolino l’espressione di altri geni, quali codifichino per proteine e se queste siano associate allo sviluppo di patologie nell’essere umano.
I risultati raggiunti consentono così di compiere un ulteriore passo in avanti circa la conoscenza della famosa struttura a doppia elica scoperta nel 1953 da James Watson e Francis Crick, i due ricercatori che vinsero il premio Nobel per la medicina nel 1962. Tra i vincitori del premio Nobel di quell’anno, infatti, figura anche Maurice Wilkins, che in quegli stessi anni stava lavorando allo studio a raggi X del Dna, con la preziosa collaborazione di Rosalind Franklin. Nonostante Wilkins si appropriò indebitamente dei risultati conseguiti, i meriti per la scoperta della struttura a doppia elica del Dna spettano infatti alla Franklin, che per prima eseguì le ricerche sfruttate in seguito da Watson e Crick. Proprio per questo motivo, i due ricercatori erano stati diffidati dal direttore del loro laboratorio a proseguire le ricerche, ma il profondo senso di competizione che li univa lì portò ad ignorare il divieto loro imposto. Ciò nonostante la loro caparbietà fu premiata, e grazie alle immagini a raggi X del Dna prodotte dalla Franklin riuscirono a svelare quello che lo stesso Crick, entrando all’Eagle Pub di Cambridge, definì “il mistero della vita”.
Fonte immagine: Wikimedia Commons
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