La comunicazione della scienza ai tempi del coronavirus

La comunicazione della scienza ai tempi del coronavirus

Un articolo pubblicato sulla rivista “Clinical Microbiology and Infection” approfondisce il ruolo delle università e delle istituzioni scientifiche nella comunicazione di notizie relative alla pandemia da coronavirus 

Guido Antonelli dell’Università Sapienza, Maria Rosaria Capobianchi dell’Inmi Spallanzani ed Elisabetta Riva del Campus Biomedico si sono interrogati sull’efficacia e sulle ripercussioni della comunicazione scientifica degli ultimi mesi in materia di coronavirus Covid-19. Nell’articolo “The SARS-CoV-2 epidemic: how the Italian public is being informed” i tre autori hanno posto l’attenzione sul modo in cui i media hanno comunicato le notizie al grande pubblico e sulla loro amplificazione attraverso i social media.

Non tutta la comunicazione è stata efficace e veritiera. Molte sono state le false notizie diffuse: la creazione del coronavirus in un laboratorio segreto di Wuhan o l’interferenza misteriosa con il 5G sono solo alcuni degli esempi che hanno avuto maggiore risonanza. Fake news che hanno alimentato ancor di più la confusione che un evento così grande si porta inevitabilmente dietro. Una situazione caotica alimentata anche dalle opinioni (talvolta contrastanti) delle figure istituzionali che avrebbero dovuto, invece, dare un senso di ordine alla società: virologi, epidemiologi, giornalisti e politici su tutti.

“All’inizio della pandemia da coronavirus le diverse istituzioni della salute italiane hanno agito in maniera cauta e impeccabile. Al contrario, le pagine web e l’informazione sui social network si sono moltiplicate in maniera esponenziale, generando una circolazione di notizie che si è autoalimentata per giorni. Questo ha inevitabilmente portato alla produzione di un’informazione eccessiva, non necessaria, ridondante, contraddittoria e pseudoscientifica che non ha fatto altro che generare confusione e paura”, si legge nell’articolo.

Nonostante questo potesse essere giustificato sui social network che, come risaputo, non sono facilmente gestibili, non era atteso (o comunque lo era solo in parte) il comportamento dei media che offrono risultati e dati scientifici al grande pubblico. Secondo gli autori, infatti, enfatizzare le notizie scientifiche per aumentare la credibilità di un media non fa altro che accrescere l’allarme, l’imbarazzo e la falsa percezione della scienza.

“Questo comportamento così deplorevole diventa ancora più inaccettabile quando la disseminazione di informazioni scientifiche non necessarie o, ancora peggio, pseudoscientifiche arriva da persone che lavorano nelle Università e negli Istituti di Ricerca”, continuano gli autori.

Pur essendo una cosa molto complessa da portare a termine”, si legge nelle conclusioni dell’articolo, “le Università e gli Istituti di Ricerca devono fare il possibile per evitare la diffusione di notizie che generano solo confusione nelle persone incapaci di filtrarle e di dare giudizi scientificamente accurati. Per risolvere questa situazione, assolutamente non vicina alla realtà scientifica dei fatti, si impone la necessità alla stampa e alla televisione di iniziare a utilizzare una comunicazione basata sulla citazione di dati attendibili provenienti direttamente da fonti istituzionali pubbliche accreditate”.

Credit immagine: ilmamilio.it