Covid-sonnia: aumentano gli incubi in chi ha contratto l’infezione
Un gruppo di neuroscienziati coordinato da Sapienza indaga la relazione tra Covid-19 e attività onirica, evidenziando un importante aumento degli incubi nelle persone contagiate
Il coronavirus sembrerebbe infettare anche i sogni. Chi ha contratto il Covid fa più incubi, e l’impatto sui sogni e sulla qualità della vita è tanto maggiore quanto più gravi sono stati i sintomi dell’infezione. È quanto emerso da uno studio effettuato da ricercatori del dipartimento di Psicologia dell’Università di Roma Sapienza, sotto la guida di Luigi De Gennaro, docente e direttore del laboratorio di psicofisiologia del sonno alla facoltà di Medicina e Psicologia. Nel lavoro, pubblicato a gennaio 2022 sulla rivista Nature and science of sleep, i neuroscienziati focalizzano l’attenzione sui sogni delle persone contagiate.
La pandemia ha alterato in modo significativo il sonno della popolazione mondiale. In Italia, più del 50% delle persone intervistate durante uno studio del 2020 del gruppo di De Gennaro ha riportato un peggioramento della qualità del sonno e variazioni delle abitudini notturne a causa dell’elevato disagio psicologico sofferto durante il primo lockdown. Infatti, i cambiamenti nelle relazioni sociali e nelle abitudini quotidiane imposti dalle misure di contenimento del virus hanno avuto un sostanziale impatto sul benessere mentale e fisico delle persone che si è manifestato, in alcuni casi, con sintomi di psicosi piuttosto seria.
È in questo contesto che si inserisce un progetto internazionale sul sonno durante il Covid-19 (Icoss), ancora in atto, a cui collaborano neuroscienziati da quattordici paesi del mondo (dall’Europa, Giappone, Cina e Stati Uniti) con capofila il gruppo italiano di De Gennaro, che sta evidenziando, nella popolazione generale, non solo disturbi nel ritmo sonno-veglia con aumento di insonnia, ma anche alterazioni dell’attività onirica.
“Se il sonno è più frammentato i sogni, soprattutto quelli più angoscianti, si ricordano più facilmente”
E proprio di riposo disturbato da incubi si parla nell’ultimo lavoro del gruppo Icoss. I partecipanti, divisi in due gruppi tra chi aveva dichiarato di aver contratto il Covid sia in forma sintomatica che asintomatica e chi non lo aveva avuto, hanno risposto a un questionario sottoposto via web tra maggio e luglio 2020, con domande relative al periodo pre-pandemico e pandemico. La ricorrenza dei sogni e la frequenza degli incubi erano i parametri di interesse specifici dell’attività onirica.
I risultati hanno mostrato un aumento significativo della frequenza di sogni tormentati nei contagiati. I ricercatori non hanno invece rilevato nessuna differenza tra i gruppi nella ricorrenza dei sogni prima e durante la pandemia, e nella frequenza degli incubi prima della diffusione del coronavirus. Ansia, depressione e stress hanno tormentato le notti delle persone risultate positive ai tamponi, risultando ai livelli più alti nella scala di valutazione rispetto a quelli dei partecipanti sani in cui prevalgono, invece, benessere psicofisico e migliore qualità di vita.
Lo sconvolgimento che il Covid ha portato alla vita diurna si riflette quindi anche nell’attività notturna, caratterizzata da sogni ricorrenti con toni ed emozioni prevalentemente negativi. Molte persone, sul sito Idreamofcovid, raccontano sogni strani e vividi fatti durante la quarantena:“Stavo selezionando le mie foto digitali. Ogni volta che ne eliminavo qualcuna di scarsa qualità, la persona nella foto moriva o perdeva qualcosa a causa della pandemia”, scrive per esempio un cinquantenne del Minnesota. Che l’ansia e la preoccupazione prodotte da eventi avversi si traducano spesso in sogni agitati con caratteristiche comuni è un meccanismo di adattamento ben noto in psicologia e, come scrive Erin Gravley, autrice del blog, rappresenta “una sorta di elaborazione condivisa di un trauma collettivo”. Un fenomeno simile era stato osservato, ad esempio, nelle settimane successive all’attentato dell’11 settembre, e in seguito al terremoto dell’Aquila. Ma lo studio di De Gennaro va oltre, suggerendo ulteriori possibili conseguenze a lungo termine del virus nella sfera psicofisica.
“Gli incubi sono spesso associati a diverse forme di psicopatologia come ansia, depressione, disturbo della personalità borderline, tendenze suicide e mortalità. Quindi lo sviluppo di incubi potrebbe rappresentare un fattore clinicamente rilevante”
De Gennaro e i suoi colleghi hanno parlato della Covid-sonnia (come titolano gli esperti) anche al congresso organizzato dall’Associazione Italiana della Medicina del Sonno (Aims), terminato con una staffetta virtuale aperta a tutti in occasione della Giornata internazionale del sonno in programma ogni anno il venerdì che precede l’equinozio di primavera. Gli esperti si sono alternati dalle 8 alle 20 per parlare dei problemi del sonno e delle domande ancora aperte, tra cui: come varia l’attività onirica nei pazienti long-Covid (persone che, anche se guarite, con tampone negativo, continuano a manifestare sintomi della malattia)? La risposta probabilmente tra un anno, alla prossima Maratona del sonno.
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